di Antonella Scabellone
LOCRI- E’ durata quasi quattro ore la deposizione di Giuseppe Costa, il pentito della ‘ndrangheta appartenente alla omonima consorteria sidernese chiamato a testimoniare questa mattina davanti al Tribunale penale di Locri.
Una testimonianza voluta dalla pubblica accusa rappresentata dai Pm De Bernardo e Musarò della Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria, considerta necessaria dal Tribunale collegiale per ricostruire la posizione di alcuni imputati del procedimento “Crimine”, ritenuti personaggi di spicco della malavita organizzata locale. Riguardo a diverse circostanze il collaboratore di giustizia, incalzato dai legali degli imputati, ha ammesso di esserne a conoscenza non perché qualcuno gliele abbia espressamente riferite o per averle viste, ma per il semplice fatto di appartenere alla ‘ndrangheta.
Così, per Antonio Commisso classe ‘25, che ha definito “un esponente di alto livello, uomo serio e carismatico, di poche parole, in grado di tenere rapporti con i locali di altri paesi, anche fuori da Siderno”. Del presunto boss di Rosarno, Mico Oppedisano, ha ammesso di aver sentito parlare da Mommo Molè di GioiaTauro come di un uomo speciale, carismatico e importante nell’organizzazione, cugino dei Piromalli. Riguardo all’imputato Antonio Figliomeni, detto “il topo” ha dichiarato di essere al corrente “che apparteneva a una famiglia di ‘ndrangheta sempre vicina ai Commisso di cui conoscevo il padre Cosimo e il fratello Sandro, l’ex sindaco di Siderno”.
Su Futia Antonio dettu “u ngilla” ha dichiarato che “faceva parte del gruppo di fuoco dei Commisso ai tempi della faida insieme a Rumbo e Gattuso”. Su contestazione dell’Avvocato Puntureri ha però ammesso di non averlo saputo da fonti ufficiali, tipo giornali o altro, ma di averlo appreso da sé “perche “quando siamo stati in guerra sapevo da chi mi dovevo guardare e a chi potevo attentare. Erano valutazioni fatte con logica e giudizio. Come sapevo chi sparava nella mia cosca sapevo chi sparava nella cosca avversa”.
Su Marzano Francesco ha aggiunto che “lo conoscevo in quanto era di Siderno, e so, perché mi venne riferito, che partecipò ad una riunione con un tale Alberti, che poi venne assassinato, venuto dal Canada per riappacificare le famiglie Lombardo e Triumvari che avevano avuto disguidi”. Sul punto l’Avvocato Antonio Speziale ha contestato il verbale di precedenti dichiarazioni rilasciate al Procuratore della Repubblica dove Costa dice di aver conosciuto Marzano perché glielo aveva presentato Antonio Ursino, mentre in udienza ha dichiarato di averlo conosciuto da sé, come cittadino di Siderno.
Infine, sull’imputato Chiera Giuseppe, il collaboratore di giustizia ha detto che questi apparteneva alla ‘ndrangheta di Caulonia dagli anni ottanta e che era vicino ai Commisso di Siderno. Su contestazione della difesa dell’imputato ha però dovuto ammettere di non ricordare se conoscesse Chiera di persona e di sapere della sua appartenenza alla ‘ndrangheta per averne sentito parlare in carcere.
Ritornando poi al rapporto con Mico Tripodo Costa ha dichiarato di averlo aiutato nella latitanza negli anni 70, all’epoca in cui la sua famiglia era in guerra con i De Stefano, e di avere instaurato con lui un rapporto di grande fiducia e rispetto reciproco. Lo stesso fece con Nicola Scali durante la sua latitanza.
Infine l’imputato Figliomeni Antonio, collegato in videoconferenza da Milano, ha voluto rilasciare delle dichiarazioni spontanee dicendo di non conoscere Giuseppe Costa e contestando tutti i fatti attribuitigli dal pentito.