di Gianluca Albanese
SIDERNO – «Un No grande quanto la sovranità popolare». L’espressione, ad alto impatto mediatico, è da ascrivere al senatore siciliano Domenico Nania, cofondatore del movimento per gli italiani per l’autonomia della Destra Azione Nazionale, insieme all’ex presidente della giunta regionale calabrese Giuseppe Scopelliti, riassume al meglio il senso della manifestazione indetta per il tardo pomeriggio di oggi nella sala delle adunanze del palazzo municipale di Siderno, in vista del referendum costituzionale del prossimo 4 dicembre.
Davanti a una folta platea, della quale facevano parte, tra gli altri, buona parte del “modello Reggio” che fu (lo stesso Scopelliti, Tilde Minasi, Pino Agliano), quasi tutti i dirigenti di “Insieme il Centrodestra” (Sandra Polimeno, Franco Crinò e Peppe Caruso) e quel che resta del centrodestra sidernese, insieme ad alcuni amministratori comunali, con in testa il sindaco Pietro Fuda, i relatori hanno esposto, con dovizia di particolari, le loro ragioni del “NO” alla riforma voluta dal Governo Renzi e sottoposta al vaglio del popolo italiano.
Ha fatto gli onori di casa la sidernese Serena Multari, fresca di nomina nella Commissione Pari Opportunità in seno al consiglio regionale.
E il tema della sovranità popolare è stato ricorrente negli interventi che si sono registrati, da quello della stessa Multari, che ha esordito definendo la riforma costituzionale «Pericolosa e scritta malissimo, i cui contenuti – ha detto – sono stati spesso taciuti dai grandi mezzi di comunicazione di massa. Vogliono modificare 47 articoli della Costituzione – ha spiegato Multari – limitando la sovranità popolare».
Francesco Paviglianiti ha parlato di un momento «Di democrazia sospesa, che disattende – ha detto – anche lo stesso articolo 1 della Carta Costituzionale, deviandola verso poteri opachi, lobby di potere e l’Europa più filo tedesca, aumentando le firme necessarie per promuovere gli istituti di democrazia diretta e limitando la legislazione concorrente con le Regioni».
Nel mirino della Destra, così come della Sinistra, il famigerato “combinato disposto” con la legge elettorale «Votata – ha detto Paviglianiti – a colpi di fiducia e senza alcuna discussione. Renzi e i suoi – ha proseguito – pensano che queste siano le priorità per il popolo, che invece ha bisogno di processi più snelli, di una tassazione meno opprimente e di maggiore sicurezza, oltre che di un sistema sanitario nazionale davvero efficiente».
Illuminante la relazione del senatore Nania, che senza mezzi termini ha parlato di «Un quesito referendario – ha detto – posto col linguaggio truffaldino».
Nania ha citato Norberto Bobbio («In democrazia il metodo conta più del merito») e Gustavo Zagrebelsky («La democrazia può degenerare in oligarchia») ricordando altresì come «Il processo riformatore iniziato negli anni ’90 ha dapprima avuto come protagonisti due Presidenti della Repubblica che pur molto diversi tra di loro, hanno rispettato il metodo e il ruolo del Parlamento, mentre Napolitano ha considerato come proprio interlocutore solo un Governo non votato dai cittadini come quello guidato da Renzi».
In quest’ottica, Nania ha definito la legge elettorale «Un momento fondamentale e l’Italicum, così come è concepito, bloccherebbe tutto, non solo i capilista» e ha ricordato come «La Costituzione è importante nella misura in cui funziona, e quella che vuole il fronte del Sì fa perdere la sovranità a chi la esercita, perchè potrà riformare la Costituzione solo chi vince, sacrificando la logica dell’alternanza».
Talmente modulata sugli aspetti sociali, quasi da apparire come un discorso “di sinistra” la relazione di Grazia Gioè, che ha citato Nicolò Machiavelli e Alexis De Tocqueville, invitando «Questi aspiranti padri costituenti, a rileggersi le loro opere».
Secondo Gioè «J-P. Morgan e la Goldman Sachs, espressione dell’alta finanza mondiale, vorrebbero imporre, coi loro dettami, il loro modello anche in Europa, nonostante le evidenti differenze tra la Federal Reserve americana e la Banca Centrale Europea».
«La nostra Costituzione – ha aggiunto Grazia Gioè – è un progetto etico e solidale, e se vince il Sì al referendum, cambiando la seconda parte della Costituzione stessa si finirebbe col disattendere anche i principi che ispirano la prima parte, commissariando di fatto le Regioni che perderebbero ogni potere, specie in fatto di politiche ambientali e di governo del territorio. Si tratta – ha concluso – di una riforma scritta in maniera truffaldina per togliere la sovranità popolare e distruggere quel modello solidale nel quale siamo cresciuti».
Marco Cascarano, giovane ex sindaco di Cinquefrondi, ha esordito ringraziando della presenza, tra gli altri «Il senatore Fuda e il presidente Scopelliti che – ha detto – hanno servito egregiamente questa terra. La riforma costituzionale al vaglio del voto referendario è illegittima e incostituzionale, e frutto della volontà di molti parlamentari che hanno cambiato schieramento. Come ex sindaco – ha aggiunto Cascarano – mi sento fortunato per aver avuto la possibilità di giurare fedeltà alla Costituzione e chi parla di esigenza di ridurre i costi della pubblica amministrazione dovrebbe ricordarsi che l’Italia spende ogni giorno 8.042 euro per l’immigrazione clandestina, quando ci sono molti italiani sotto la soglia di povertà e i giovani laureati sono costretti a emigrare per trovare lavoro».
Secondo Cascarano «Un assaggio di questa sovranità limitata si è avuto già con l’elezione del Consiglio della Città Metropolitana, che ha tolto la possibilità ai cittadini di eleggere i propri rappresentanti, sacrificando, con le proprie “porcate”, una città strategica come Siderno e se dovesse vincere il Sì si avrebbero delle grosse diseguaglianze in termini di rappresentanza politica delle regioni: la Calabria potrebbe eleggere massimo tre senatori mentre una regione molto meno popolata come la Valle d’Aosta due».
L’ex sindaco di Cinquefrondi ha concluso con una metafora tutta dedicata a Matteo Renzi: «E’ commedia quando un illusionista diverte il popolo, ma quando lo stesso è a capo del Governo diventa tragedia».
La sintesi finale è stata affidata a Oreste Romeo, che ha esordito citando l’elezione (di secondo livello) del Consiglio Metropolitano di Reggio Calabria: «Quando hanno votato i sindaci e i consiglieri comunali – ha detto – la percentuale è stata del 95%, mentre quando si è votato con suffragio universale alle elezioni regionali e a quelle comunali di Reggio Calabria, la percentuale ha superato di poco il 40%, segno dello scollamento tra il Palazzo e il Paese reale. Lo scontro attuale – ha proseguito l’avvocato di origine bovalinese – è tra i globalisti e chi difende la dignità di un popolo, e l’articolo 117 della Costituzione, così come è stato riformato, parla chiaro, assoggettando l’Italia ai diktat europei, imponendo il pareggio di bilancio e privilegiando le cosiddette “regioni virtuose” a scapito di quelle come la nostra che per ragioni che risalgono ai decenni precedenti, il pareggio di bilancio non lo possono raggiungere. Tutta colpa di Napolitano, uomo di parte al servizio delle lobby. A me – ha detto Romeo – sarebbero piaciuti l’introduzione del vincolo di mandato e l’elezione diretta del Capo dello Stato, uno Stato che attualmente trascura il Sud ancora alle prese con una Questione Meridionale, troppo spesso declinata come questione criminale. Ecco perchè – ha concluso – un’eventuale vittoria del Sì avrebbe delle grosse ricadute negative sul Mezzogiorno, mentre votare No è un obbligo morale verso la nostra comunità».