di Domenica Bumbaca
LOCRI – Moglie e mamma di una bambina a cui non è stato possibile acquistare un nuovo costumino per l’estate. «Amore di mamma quello che ti ha prestato la cuginetta è molto bello, così risparmiamo i soldini e compriamo da mangiare». Così la signora Cristina, nome di fantasia, ha dovuto spiegare alla sua figlioletta che, nonostante mamma e papà, lavorano, a fine mese rimane ben poco. Giusto i soldi per le tasse, per le bollette, per la rata del mutuo, per l’assicurazione dell’automobile e per le cure mediche, non rimane nulla, a quelle, a volte, ci pensa la madre di lei.
Una famiglia umile locrese che vive, ormai, del minimo indispensabile, niente vacanze, niente regali, niente feste, si lotta ogni giorno, eppure il sorriso di mamma e papà alla loro bimba non lo fanno mai mancare.
Ma adesso l’indignazione è tanta quanto la disperazione e non riescono più a sopportare questa drammatica situazione. Cristina fa appello a noi, chiedendo che, l’opinione pubblica, allo stesso modo, s’indigni verso quello che è uno schiaffo ai lavoratori. Il caso del marito di Cristina, è una faccenda che conosciamo bene. Lui è un dipendente del Gruppo Consortile Coopservice, cooperativa che gestisce il servizio di pulizie all’ospedale di Locri. «Da ormai 4 mesi – dice la moglie del lavoratore – si lavora per la gloria, attendendo invano. Aspettiamo che qualcuno finisca di prenderci in giro, mentre la crisi economica e i debiti ci stanno affossando lentamente».
Tutti i dipendenti sono sull’orlo della crisi, non hanno più la forza e la voglia di scioperare, il sindacato Fisascat Cisl nulla può contro la capziosità burocratica. Tra la ditta che dice di attendere i pagamenti e l’Azienda sanitaria che sostiene di aver proceduto con i mandati e si attende l’arrivo in banca degli stipendi. Ecco, siamo alle solite. Si è in balia dello scarico di responsabilità tra Cooperative Omnia, Nosside ed ASP, «con le barzellette delle fatture che non si sa quando partono, dove arrivano e chi li deve fare – avevano detto dal sindacato».
Cosa rimane da fare? «Non possiamo più aspettare, stiamo fingendo ai nostri stessi figli che tutto va bene. Ma come posso spiegare ad una bambina che il suo papà lavora tutto il giorno e non possiamo regalarle nemmeno un costumino o una pizza?»- dice arrabbiata Cristina.
«Sembrerà assurdo per molti – afferma, mentre sale lo sconforto – ma noi non conosciamo, ormai da tempo, cosa significa una serata tra amici, tra parenti, spesso ai compleanni dei compagni di nostra figlia inventiamo mille scuse per non andarci. Non possiamo andarci».
«Mi rivolgo alle Istituzioni, al Vescovo Fiorini Morosini, e soprattutto al direttore generale dell’Asp 5, anche lei madre di famiglia, perché ci dia una risposta certa alle nostre preoccupazioni».
«La nostra forza è nell’amore della famiglia, ma questa serenità si sta frantumando pian piano. Le bollette le raccoglierò e le dovrò portare ai datori di lavoro di mio marito?» dice Cristina, si alza e se ne va con la consapevolezza che, anche se arriveranno i soldi, fra qualche mese, la storia si ripeterà.