di Antonella Scabellone
LOCRI- Anche stamattina, al processo Crimine, voce alla difesa degli imputati, con in scena gli avvocati che si sono succeduti nelle loro arringhe. Per il geometra Vincenzo Nunnari è intervenuto Giuseppe Milicia che ha aperto l’udienza seguito dal collega Santambrogio, quest’ultimo in difesa di Carmelo Ferraro.
Entrambi hanno chiesto l’assoluzione dei propri assistiti “per non aver commesso il fatto”, pienamente convinti della loro innocenza tanto da arrivare ad accettare, come ha dichiarato Santambrogio, “ gratuitamente l’incarico conferito. Il mio cliente avrà pure sbagliato-ha detto il legale di Ferraro (per lui l’accusa ha chiesto 13 anni di reclusione) depositando una memoria difensiva e degli attestati di solidarietà indirizzati all’imputato- ma non si sarà sicuramente reso conto. Chiedo, pertanto, di assolverlo con formula piena essendo assolutamente estraneo al reato ascrittogli”.
Per Salvatore Pepè è intervenuto invece l’avvocato Cacciola che ha contestato che il proprio assistito abbia mai partecipato a riunioni di affiliazione di ‘ndrangheta, “non essendo contiguo agli ambienti criminosi locali”. In particolare il legale ha contestato la partecipazione di Ferraro a una riunione avvenuta a Polsi nell’agosto del 2009, e la veridicità di due fotogrammi (acquisiti tra l’altro, a suo parere, tardivamente dall’accusa), dove il soggetto videoripreso non sarebbe in realtà Pepè Salvatore ma il fratello Ferdinando. “A suo favore c’è un fiume in piena di elementi a discarico-ha detto l’avvocato Cacciola parlando dell’imputato- l’accusa ha compiuto un tentativo disperato per attribuirgli fatti a cui è estraneo. In Crimine uno per gli stessi episodi non è stato neanche arrestato”. Cacciola ha parlato anche in difesa di Domenico Rocco Cento (per lui l’accusa ha chiesto 16 anni), “per il quale l’estraneità alla ndrangheta sarebbe evidente, non avendo cariche né ruoli al suo interno”.
A concludere hanno preso la parola l’avvocato Marina Mandaglio per Giuseppe Chiera (19 anni di reclusione la richiesta del Pm), che ha contestato tra l’altro che la persona di cui si parla nelle intercettazioni della Ape Green di Giuseppe Commisso “il mastro” sia proprio l’imputato, evidenziando a tal proposito che nessun teste dell’accusa lo ha identificato; e Luigi Colacino per Giuseppe Caccia (per lui l’accusa ha chiesto quattro anni e due mesi di reclusione).