di Antonella Scabellone
LOCRI- “L’ art 416 bis, che contempla il reato di associazione mafiosa, non punisce la qualifica, ma la condotta. La Cassazione su questo si è pronunciata in modo inequivocabile. Questo processo si basa solo su prove sperimentali, fatte di intercettazioni più videoriprese, che andrebbero verificate, altrimenti non sono credibili e idonee a sorreggere l’impianto accusatorio”. E’ questo uno dei passaggi più importanti dell’arringa difensiva dell’avvocato Antonio Speziale, che ha parlato questo pomeriggio innanzi al Tribunale penale di Locri in difesa dei suoi assistiti, Francesco Marzano e Antonio Commisso (classe 25) imputati, insieme ad altre 34 persone, nel processo Crimine. Con oggi è stato completato il calendario riservato agli interventi delle difese. Ora la parola ritorna all’accusa che concluderà il prossimo 18 luglio, dopodiché, nella stessa giornata, dovrebbe arrivare l’attesa sentenza
Riguardo alla posizione di Francesco Marzano l’accusa si avvale di una intercettazione dove il “mastro” Giuseppe Commisso gli attribuisce la carica di “Vangelo”, “ma non ci sono altri riscontri-ha chiarito Speziale- per cui, in sé, quelle dichiarazioni non possono essere considerate un valido elemento probatorio”. Speziale ha affermato che Marzano sarebbe assolutamente estraneo ai contesti criminosi locali, e ne sarebbe prova il fatto di non essere stato mai video ripreso nella lavanderia Ape Green, nè di aver mai partecipato a riunioni di ‘ndrangheta.
Anche l’imputazione di Antonio Commisso, classe 25, è contestabile per l’avvocato sidernese, “in quanto gli viene attribuito un ruolo di vertice nell ’organizzazione criminale locale ma, stranamente, non ha nessuna carica. L’ispettore Sortino (chiamato a deporre come teste dell’accusa), gli attribuisce una carica “speciale” ma non si comprende quale essa sia. Commisso non è stato mai videoripreso in luoghi di summit o riunioni di ndrangheta”. Speziale ha anche contestato le dichiarazioni del pentito Giuseppe Costa sugli imputati, “in quanto incoerenti e contraddittorie” .
E’ stata una lunga giornata di arringhe quella appena conclusasi. Si è iniziato nella mattinata con l’avvocato D’Ascola, in difesa di Giuseppe Primerano, presunto capo locale di Fabrizia “che prima di Crimine non è stato coinvolto in nessun tipo di inchiesta”; per continuare con Antonio Managò per Domenico Gangemi; a seguire l’avvocato Torchia per Michele Fiorillo (su Fiorillo c’è il nulla-ha detto il legale-non c’è prova che gli abbiano dato la Santa”); e poi l’avvocato Spitaleri, per Roberto Commisso; e ancora i colleghi Sibio e Nocera. Articolata anche l’arringa di Giuseppe Nardo per Giuseppe Stilitano, presunto capo locale di Rogudi, a cui viene contestata dall’accusa la carica di “trequartino”. A incastrarlo, secondo la Dda, sarebbero delle conversazioni registrate a casa del boss di San Luca Giuseppe Pelle, contestate dalla difesa. “Non c’è nessuna intercettazione da cui si possa dedurre che Stillitano Giuseppe abbia preso carica di capo locale-ha stigmatizzato Nardo”.
Dello stesso tenore anche l’arringa dell’avvocato Eugenio Minniti, legale di Giuseppe Velonà, Anna Maria Agostino ed Ernesto Mazzaferro. Riguardo a Mazzaferro il legale ha evidenziato che “ non ci sono elementi che possano provare reati di minacce o danneggiamenti compiuti dall’imputato nei confronti della Gioiosa Scarl per gli appalti della 106”; per Agostino Marianna, a cui viene contestato il reato di intestazione fittizia di società (la CMA che opera nel settore edilizio), secondo l’avvocato locrese non ci sarebbero prove. Altretanto per Giuseppe Velonà per il quale, secondo Minniti, l’unico episodio contestato presso la lavanderia Ape Green non può comprovare l’appartenenza alla ndrangheta.