di Adelina B. Scorda
Nel secondo filone d’indagine da parte della Procura di Locri sul sistema depurazione si apre uno spaccato interessante fatto di determine, interventi e spese volti a tamponare le inefficienze di un’opera che fin dalla sua consegna “appariva priva della necessaria funzionalità”. Secondo quanto emerge dalle indagini, i comuni interessati, e in primo luogo, il comune capofila Bianco, pur essendo perfettamente consapevoli del reale stato delle cose, piuttosto che assumere iniziative finalizzate ad assicurare le responsabilità di quanti avevano avuto un ruolo nella progettazione esecuzione e collaudo delle opere, si avventuravano in una girandola di spese per manutenzioni ordinarie e straordinarie.
Un affanno, secondo quanto rilevato dalla Procura di Locri, quello dei Comuni interessati, dimostrato da ben 21 determine adottate sia dal comune di Bianco sia di Bovalino e le 14 del comune di Casignana e di Benestare “tutto ciò con esclusivo riferimento a interventi di manutenzione straordinaria, esclusi gli spurghi”. A queste andrebbero aggiunte le 18 determinazioni del comune di Bianco aventi a oggetto la sola conduzione dell’impianto di depurazione e reti. A conti fatti sarebbero ben 1 milione e 400 mila euro i soldi spesi dai comuni dal periodo che va dal gennaio del 2012 a oggi.
Le indagini di questo secondo filone vedono ben 34 indagati fra dirigenti degli uffici tecnici e titolari di ditte che la procura starebbe sottoponendo a interrogatorio, fra i reati per i quali sarebbero indagati, ci sono la truffa e truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche e reato continuativo.
Caso emblematico di tutta la vicenda è la spesa di 430 mila euro finalizzata al “rifacimento del collettore Torrente Careri-Villa Romana” nel 2011 e questo a soli cinque anni dalla consegna dell’impianto di depurazione.
I lavori eseguiti tra maggio e giungo del 2011 prevedevano la di dismissione delle condotte che in precedenza erano state realizzate in alveo ai torrenti Careri e Bonamico con una tubazione staffata direttamente all’estradosso del ponte e con un potenziamento delle stesse con tubazioni pn 16 al posto delle pn 6. Inoltre l’ubicazione precedente della tubazione risultava non idonea, in quanto, durante gli eventi di piena il notevole flusso d’acqua e l’erosione al piede dei blocchi di ancoraggio ha determinato il distacco della tubazione e l’interruzione del servizio, con i conseguenti disagi. Si è intervenuti anche sulla rettifica di un tracciato planimetrico particolarmente tortuoso in località Palazzi di Casignana esattamente tra la zona S5 e S6, attraverso l’abolizione di due curve a gomito che incidevano sul funzionamento dell’impianto, con un raggio di curvatura tale da non recare problemi durante il passaggio dei liquami. Infine un ulteriore intervento ha interessato la revisione e sostituzione delle apparecchiature elettromeccaniche nell’impianto di sollevamento che versavano in condizioni pessime dovute, com’è noto alla mancanza di sorveglianza e di adeguate recinzioni degli impianti.
(sopra alcune immagini del torrente Careri e Bonamico datate 2011)
Ma secondo le indagini della Procura i lavori di rifacimento, che avrebbero dovuto interessare il tratto di conduttura compreso tra il torrente Careri (comune di Bovalino) e il sito archeologico della Villa romana hanno, in effetti, interessato solo una minima parte del percorso in progetto per una lunghezza complessiva di 450 metri circa a fronte dei 1100.
Inoltre grazie a perizia di variante approvata dal R.u.p. presso il Comune capofila ma non dagli uffici regionali finanziatori, e quindi non autorizzata, è stato realizzato un tratto aggiuntivo di condotta, per 276 mila euro, nel Comune di Casignana e Bianco, che nulla avrebbe a che vedere col tronco di condotta sul quale era stato progettato l’intervento. Parte del tratto andrebbe ad attraversare il sito archeologico per circa 300 metri circa senza che il parere favorevole delle Soprintendenza.
Ancor più grave sarebbe la rilevazione secondo cui anche nei tratti in cui la tubazione era stata sostituita, una volta riattivata la linea, si registravano tuttavia inconvenienti di non poco conto facendo così rilevare come il progetto iniziale – ammesso a finanziamento da parte della Regione- era stato, in sede di esecuzione, assolutamente stravolto.
A essere messe al vaglio anche i criteri impiegati per l’assegnazione dei lavori volta per volta “ritenuti necessari a restituire funzionalità a ciò che non poteva in alcun modo funzionare”. Contestato il metodo adottato dal comune capofila che da quanto si evince avrebbe provveduto ad affidamenti diretti o deroghe dei servizi di conduzione dell’impianto violando la normativa 62/05 che avrebbe preteso il rispetto di limiti precisi nelle procedure di assegnazione o di proroga.
A tirare le fila i danni causati dalla gestione del depuratore consortile di Bianco, sarebbero due i danni sotto il profilo ambientale e il danno ricaduto sull’Erario pubblico, impegnato in una prima fase nella realizzazione di opere inutili e, in una seconda fase, nella loro inutile manutenzione e rimaneggiamento.
Le indagini si focalizzano anche sul comportamento dei comuni satelliti che da quanto risulta non si sarebbero mai attivati (con diffide, messe in mora o atti consimili) nei confronti del Comune capofila, al fine di conseguire quanto loro competeva in forza del superiore protocollo d’intesa, optando piuttosto per l’affidamento “in proprio” ad altre ditte private, dei servizi che avrebbe dovuto assicurare il Comune capofila.