di Simona Ansani
È stato brutalmente ucciso l’orso Stefano, da alcuni bracconieri che lo hanno ammazzato a colpi di fucile, nel Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, sul monte Marrone, nel versante molisano. Trasportato appena scoperta la sua morte, all’Università di Teramo e all’Istituto Zooprofilattico per accertare le cause del decesso, dall’autopsia ne è scaturito che ad uccidere l’orso Stefano sono stati tre colpi, come evidenziato dalla radiografia, uno alla testa, uno all’omero e uno sul corpo.
«Una vera e propria esecuzione – scrive l’ente Parco – che ad una prima ricostruzione fa supporre l’utilizzo di diversi tipi di fucili, quindi l’intervento di diversi bracconieri. Queste le prime risultanze emerse dalle radiografie, che ci restituiscono la brutalità dell’esecuzione di uno dei 60 orsi marsicani che ancora costituiscono la popolazione di questo splendido e rarissimo plantigrado. Un danno enorme, quindi, inferto alla natura, che va anche contro gli interessi delle stesse popolazioni del Parco che chiedono la conservazione rigida di questo animale. Una morte inaccettabile, violenta e dolorosa: un attentato non solo per Stefano, ma per tutti noi e la nostra meravigliosa natura». E l’uccisione dell’orso è stata commentata dalla Lav con parole dure, «chiediamo alla Procura della Repubblica competente ed alle Forze di Polizia, in primo luogo al Corpo Forestale dello Stato, che chi ha compiuto quest’atroce gesto sia identificato con indagini veloci ed efficaci, mediante stringenti accertamenti tecnici, anche con il coinvolgimento dell’Istituto di medicina forense veterinaria di Grosseto, mediante l’autopsia dell’orso e l’esame dei proiettili». Gli autori potrebbero essere dunque identificati attraverso esame ed analisi incrociate di fucili e proiettili, e una volta individuati dovranno rispondere del reato di uccisione di animale con crudeltà ex art 544 bis Codice penale.«Oltre a ciò, dovranno rispondere anche del reato di furto venatorio di cui agli artt. 624, 625 n. 7, del Codice Penale, in relazione alla teoria giurisprudenziale della sussistenza del reato di furto aggravato ai danni dello Stato in caso di illecita apprensione di fauna selvatica da parte di persona sprovvista di licenza di caccia (Corte Suprema di Cassazione, IV Sezione Penale, Sentenza n. 34352 del 27/5/2004)» aggiunge l’avvocato Carla Campanaro, responsabile dell’Ufficio legale della LAV. «Chiediamo al Ministero dell’Ambiente di potenziare controlli e tutela delle specie protette, garantendo risorse adeguate al Parco. – prosegue Massimo Vitturi, responsabile LAV Caccia e Fauna selvatica – Chiediamo inoltre che il recepimento della Direttiva 2008/99/ce del Parlamento Europeo sulla tutela penale dell’ambiente, che chiedeva agli Stati membri sanzioni efficaci per chi uccide specie protette, sia riformulato inserendo nel Codice penale una specifica ipotesi delittuosa che preveda sanzioni adeguate, tra cui certamente il carcere e la revoca permanente del porto d’armi nonché l’interdizione dallo svolgimento di qualunque attività che preveda l’uso di animali, per chi commette tali atrocità». La DIR. 2008/99/ce, infatti, è stata recepita in Italia con una norma blanda ed irrisoria (art. 727 bis Codice penale) che non prevedendo sanzioni adeguate non costituisce un deterrente sufficiente per episodi come questo. La LAV, inoltre, mette a disposizione la somma di 2.000€ come ricompensa per chi fornirà informazioni utili ad identificare gli autori dell’uccisione dell’orso “Stefano”. L’Ente Parco ha spiegato che depositerà una denuncia alla Procura della Repubblica di Isernia, competente per territorio.