di Redazione
REGGIO CALABRIA-Il Teatro protagonista all’ inaugurazione dell’anno giudiziario con un interprete d’eccezione, il magistrato Salvatore Cosentino, con il suo noto monologo “Un diritto…messo di traverso”.
L’evento, organizzato dalla presidenza della Corte di Apello di Reggio Calabria, in collaborazione con gli Ordini degli avvocati di Palmi, Reggio Calabria e Locri, si svolgerà il prossimo 27 gennaio, alle 18,30, presso l’auditorium Versace Cedir e vedrà come interprete il pm Cosentino, attualmente in servizio presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Locri. Ai partecipanti saranno conferiti n. n.3 crediti formativi di cui n.1 in deontologia professionale
SCHEDA ARTISTICA
Salvatore Cosentino è un volto oramai conosciuto, non solo nelle aule giudiziarie, ma anche sui palcoscenici dei teatri italiani, dove ha portato in tour il suo spettacolo, da lui stesso scritto e interpretato.“Un diritto…messo di traverso” (Premio Internazionale Kouros 2013) è un modo per avvicinare la società civile al mondo del diritto, visto così spesso, dall’uomo della strada, tanto distante e arroccato su una algida torre d’avorio.
Il testo originario nasce da vent’anni di osservazioni sul “campo” (l’aula di giustizia penale, dal momento che di mestiere che Salvatore Cosentino fa il Pubblico Ministero); osservazioni che hanno coinvolto in primo piano i paradossi, le storture e le contraddizioni, ma anche le virtuose pratiche del mondo dei giuristi.
‘Pirandello sosteneva che il palcoscenico è il luogo dove si gioca a fare sul serio’, ricorda nell’opera il suo autore, esprimendo ulteriormente la propria considerazione che, in analogia, l’udienza penale sia il luogo dove seriamente si giocano e mettono in gioco -e per davvero- i drammi, le tragedie ma anche le farse di quella che a buon diritto si può chiamare “la commedia umana”.
Lo spettacolo parte, nella sua analisi, dalla riflessione di quanto il diritto, strumento che nasce a servizio dell’uomo, sia in realtà -e per tanti motivi- lontano della dimensione umana.
Così, preso atto di questa lontananza, il magistrato, autore ed attore, ha cercato di umanizzare il mondo dei giuristi rammentando tutte le volte che esso viene declinato dal mondo dell’arte (cinema, teatro, poesia e canzone in primis). E così, tra citazioni di Shakespeare e Roberto Vecchioni, Pirandello e De Andrè, Alberto Sordi e Tennessee Williams, Platone e Ennio Flaiano, Collodi e Vittorio De Sica, e con l’ausilio di qualche breve spezzone cinematografico, nonché di qualche canzone eseguita dal vivo, in poco più di cento minuti ricorda che la legalità non si fa solo con l’uso dei codici (o delle manette), ma anche con la diffusione della cultura, e con l’educazione al bello e all’arte.
E soprattutto sprona a non dimenticare che un fascicolo processuale non è un ammasso di carte che termina con l’ultima pagina di una sentenza, ma è un prezioso scrigno che contiene delle, spesso dolenti, vite umane. E quindi maneggiare un fascicolo processuale significa maneggiare delle vite umane.