di Adelina B. Scorda
BENESTARE – Anni di sbarchi e di viaggi della speranza, è il 2011 quando Mamadou, arriva in Italia, la sua una storia simili a molte altre. Non ancora maggiorenne scappa dalla Libia, sua prima terra d’adozione, per intraprendere, pieno di speranza, il viaggio della vita.
Sono giorno lunghi, faticosi, ammassi su un barcone senza né cibo né acqua. Ma dopo una settimana Mamadou e i suoi compagni d’avventura provenienti dal Mali e dalla Costa d’Avorio sbarcano a Lampedusa. Eccola la prima tappa di un lungo viaggio che lo porterà a Benestare. Un progetto d’accoglienza “Emergenza Nord Africa – minori non accompagnati” gestito dal Gruppo Cooperativo Goel che l’amministrazione comunale aveva intrapreso, consente a Mamadou e ad alcuni dei suoi compagni, di iniziare se pur con qualche piccola difficoltà, una nuova vita. Il tempo passa e ad agosto del 2012 Mamadou diventa maggiorenne, le condizioni imposte dal progetto non gli consentono più di restare a Benestare e viene trasferito a Stignano. Nonostante Mamadou sia un ragazzo allegro e pieno di vita, inizia a stare male, ma forse abituato a problemi ben più gravi non dà molto peso al suo malessere. I fastidi aumentano, non digerisce bene, la nausea e il vomito sono sempre più assillanti. Circa cinque mesi dopo, Mamadou è riaccolto a Benestare e nonostante il progetto d’accoglienza sia terminato lui e i suoi amici rimangono in paese grazie alla decisione presa dall’amministrazione di lasciare la casa d’accoglienza ai ragazzi. Aveva trovato un lavoro, degli amici e un paese che lo aveva accolto. Ma continua a stare male Mamadou e alla fine decide di fare dei controlli, la diagnosi è sconcertante, tumore al fegato, causato da un’epatite che con ogni probabilità Mamadou ha contratto in Africa. Ricoverato all’ospedale di Locri in medicina d’urgenza, viene dopo poco dimesso, passa qualche giorno Mamadou sta male e ha bisogno di cure, non per guarire ma per soffrire di meno. Viene nuovamente ricoverato, questa volta nel reparto di geriatria di Gerace, “l’unico – dicono – che può accoglierlo”. Ma nonostante l’impegno dell’equipe medica, Mamadou deve essere trasferito. A Messina, viene ricoverato nel reparto di ematologia, qui partono i contatti con il centro trapianti di Palermo, ma una serie di complicazioni hanno reso vano ogni tentativo. Muore Mamadou Camara, i suoi occhi si chiudono alle 16.30 di venerdì scorso a soli 19 anni. La sua una storia simile a molte altre, la speranza, la vita, la malattia e la morte, fuggito dall’orrore della guerra, in questa terra, ha fatto il suo ultimo viaggio. Questo pomeriggio, la sua salma è tornata a Benestare, per un ultimo saluto, ad accoglierlo c’era la sua città. Un saluto civile, cristiano e musulmano, “insieme – come ha ben detto Vincenzo Linarello, presidente del consorzio Goel – oggi esprimiamo un grande segno di fratellanza e universalità. Uniti nel dolore della perdita non abbiamo barriere, né confini”. Un arrivederci quello che ha espresso don Rigo che nella fede trova la speranza certa che nulla è vano, a cui è seguito quello dell’Imam. Parole di gratitudine e di speranza rese ancor più forti da una cultura, quella africana, che vive la morte come elemento cardine della vita, non a caso è stata ricordata oggi la frase di un poeta e scrittore africano che recita così: i morti non sono morti. I morti non esistono, non esistono, non sono mai partiti. Fra gli applausi Mamadou se ne va dalla sua mamma, nella sua terra. Fai buon viaggio Mamadou