di Antonella Scabellone
LOCRI- Regge l’impianto accusatorio. E’ questa la prima sensazione che si è avuta questo pomeriggio allorquando il Presidente Alfredo Sicuro, abbastanza puntuale rispetto all’orario preannunciato, ha terminato di leggere il dispositivo della sentenza “Crimine”. Sensazione avvalorata dalle facce soddisfatte dei Pm della DDA Antonio De Bernardo e Giovanni Musarò eccezionalmente affiancati per l’occasione dal procuratore aggiunto Nicola Gratteri.
Le prime dichiarazioni a caldo della pubblica accusa sono di estrema soddisfazione, anche se qualche assoluzione imprevista farà valutare l’opportunità di un ricorso in appello “ma solo dopo aver letto le motivazioni della sentenza” precisa il Pm Antonio De Bernardo.
Agli spettatori disinteressati quella di oggi è apparsa una sentenza tutto sommato equa perché, a fronte di condanne pesanti, ha sancito anche assoluzioni inaspettate e consistenti riduzioni di pena rispetto alle iniziali richieste della pubblica accusa.
Nell’aula stracolma fino all’inverosimile il sentimento comune e palpabile, in attesa dell’ingresso della Corte, è di tensione. Una tensione ben visibile soprattutto sulle facce degli avvocati (non tutti sono presenti, alcuni aspettano il verdetto in studio), che hanno speso fiumi di parole in questi mesi per convincere la Corte dell’innocenza dei propri assistiti; tensione sul volto dei numerosi rappresentanti delle forze dell’ordine, in particolare polizia e carabinieri, presenti con i massimi vertici (in prima fila c’è il capitano Nico Blanco), ansiosi di conoscere l’esito di anni di indagini e di rischiose operazioni condotte per conto della Dda; tensione sulle facce degli imputati, nonostante i sorrisi di circostanza dalle celle a vetri, e dei tanti loro amici e familiari che da dietro la ringhiera, in piedi, dal primo giorno partecipano silenziosi e composti alle udienze.
Durante la lettura del dispositivo si sente una donna piangere, inconsolabile, ma è un caso isolato; per il resto nessuno tradisce un’emozione. Quando la Corte si ritira e l’udienza è tolta c’è un fuggi fuggi generale. Ognuno desidera andare via, in pochi hanno voglia di commentare con giornalisti e addetti ai lavori l’esito della sentenza. Tra questi c’è l’avvocato Cosimo Albanese che si considera abbastanza soddisfatto di quanto ottenuto. Il suo assistito, Antonio Figliomeni classe 49, detto il “topo”, ha avuto una condanna quasi dimezzata rispetto a quanto richiesto dalla pubblica accusa: 11 anni a fronte dei 19 richiesti dai Pm. “Per lui è caduta l’accusa di Capo promotore- chiarisce la dottoressa Marzia Tassone-un ottimo risultato per la difesa”.