di Gianluca Albanese (ph. e video di Enzo Lacopo)
LOCRI – Una lunga giornata, iniziata con l’ansia dell’attesa e conclusasi, per quasi tutti i congiunti degli imputati con la presa d’atto di una serie di condanne molto pesanti, nell’ambito del processo “Circolo Formato”, a carico di 27 presunti esponenti intranei o contigui alla consorteria dei Mazzaferro di Marina di Gioiosa Ionica. Come avevamo anticipato ieri, infatti, la sentenza era stata preannunciata per la tarda mattinata ed è arrivata, invece, a metà pomeriggio.
A metà mattina ci sono pochi parenti e qualche imputato che risponde a piede libero. Cercano riparo dalla canicola sotto l’ombra degli alberi di piazza Fortugno. L’aula, nella quale si affacciano solo pochissimi avvocati e alcuni solerti cronisti, è deserta e il condizionatore è al massimo. Ben presto si diffonde la voce che la sentenza arriverà non prima delle 16,30 ed è un fuggi fuggi generale, verso i bar per dissetarsi e poi, verso le rispettive abitazioni. Intorno alle 16 si forma già una piccola calca vicino all’ingresso riservato ai parenti. In cerca dell’ombra, certo, ma anche con la speranza di poter entrare presto e assistere alla lettura di quelle cinque pagine che danno un senso ad oltre due anni dall’operazione della DDA di Reggio Calabria scattata nel maggio del 2011. L’aula si riempie lentamente. Poco dopo vengono fatti entrare i primi parenti. Cercano con lo sguardo i gabbiotti riservati ai detenuti. Ci sono solo quelli reclusi a Reggio Calabria. Quelli di Catanzaro e Palmi arriveranno di lì a poco. La tensione si taglia col coltello e cresce coi minuti. A una congiunta di un imputato scappa già qualche lacrima e una giovane avvocatessa le porge un fazzoletto di carta. Alle cinque meno un quarto arriva il PM, quindi i vertici delle forze dell’ordine, mentre i cancellieri provano i microfoni e sistemano le poltrone per vedere se è tutto a posto. La campana suona in un orario fatidico, quello della corrida. Ore 17; come direbbero gli spagnoli “a la cinco de la tarde”. Silenzio. Tutti in piedi ad ascoltare la lettura del dispositivo, che riproponiamo nelle immagini magistralmente riprese dal nostro prezioso collaboratore Enzo Lacopo.
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Alla lettura delle prime condanne qualcuno, al di là della transenna, inizia a singhiozzare. Poi di nuovo silenzio. La lettura è veloce, l’audio non giunge in maniera ottimale e alla fine ognuno chiede conferme, vuole sapere se ha sentito bene, chiede lumi sugli anni, mentre le forze dell’ordine sono impegnate a fare sgomberare l’area riservata ai parenti. Qualcuno vuole esprimere tutta la sua disapprovazione con un applauso ironico, altri, guardando il collegio abbandonare l’aula gridano «Buone vacanze». Altri dicono «Ma quale legge uguale per tutti?». Forse nessuno si aspettava condanne così pesanti, in particolare l’ex sindaco Femia al quale scappa qualche lacrima al di là del vetro blindato del gabbiotto. Cerca conforto dal proprio avvocato, col quale parla per qualche secondo al citofono. La reazione dei parenti, però, è tutto sommato composta, considerata la situazione. La copisteria è dall’altra parte del marciapiede. Molti si precipitano lì in cerca di conferme dalla lettura del dispositivo della sentenza. Altri chiedono la restituzione dei documenti per andare dritto a casa. Fuori fa un caldo infernale. Il primo atto di questo processo si chiude qui.