di Pasquale Aiello*
PLACANICA- La nascita del nuovo PCI, in Italia, avvenuta nel giugno del 2016 e sancita con una assemblea costituente a Bologna, non molto lontano dal luogo dove 26 anni fa il partito era stato sciolto, potrebbe essere un fatto straordinario.
Con tutto lo sfasciume e le condizioni di precarietà diffusa, oggi in Italia, lavoro che manca, alto livello di disoccupazione, sanità allo sfascio, istruzione poco soddisfacente, mafia, corruzione, assalto alla Costituzione, aumento della povertà, davvero un partito comunista che faccia rinascere, insieme alla speranza, anche una sinistra anticapitalista, è diventato una necessità.
Pertanto, la aspettativa è che si costruisca un partito che si ispiri al meglio della tradizione comunista italiana e internazionale, in grado di rappresentare gli interessi e i bisogni della popolazione e di porsi come valida alternativa alle politiche liberiste che producono tante inaccettabili ingiustizie. Sicuramente molti parleranno di idee fuori tempo, anacronistiche, di un partito di massa che non può starci nella politica di oggi. Io penso, invece, che un partito comunista vero non può fare altro che bene, alla politica, all’ambiente, alla società civile, insomma all’umanità. Un partito che, per forza, dovrà confrontarsi con l’oggi con i nuovi mezzi di comunicazione, ma che dovrà anche ripristinare le vecchie pratiche del volantinaggio, dei banchetti, dei comizi la bellezza di tornare fra la gente. Nell’era in cui si è pervasi da malcontento generale, malessere sociale, sfiducia nelle istituzioni e senso di insicurezza, con un partito, il PD, che incarna e ricalca in tutto e per tutto il vecchio schema di governo asservito alle banche, alle lobbie e alle grandi multinazionali, si avverte veramente il bisogno di un partito che torni nelle strade nelle piazze e rinnovi la fiducia nella politica, specie delle classi più povere, che riprenda la “questione meridionale” e la faccia diventare un argomento di portata nazionale e anche europeo.
Auspico un partito che ponga di nuovo al centro l’uomo con i propri bisogni, che lotti per una sanità e per una istruzione pubbliche, migliori e di qualità, che ridia dignità al lavoro, che intraprenda una dura battaglia contro la mafia istituzionalizzata, contro tutte le sopraffazioni e lo sfruttamento. Un partito che rivaluti con nuovo vigore l’opera e l’insegnamento di Gramsci, e che richiami alla guida l’idea marxista. Un partito che sappia aggregare tutti i comunisti e agitare di nuovo il mondo sindacale, spingendolo verso lo scontro di classe. Un partito che con la sua falce e martello, rappresenti una possibilità reale di sotterrare il capitale per avviare una equa redistribuzione della ricchezza. Un partito aperto, accogliente, che torni ad esercitare una funzione sociale, sviscerando le vecchie questioni ambientali e affrontando le nuove tematiche legate al fenomeno dell’immigrazione, proponendo soluzioni vere di integrazione. Un partito che scenda fra i più deboli nei quartieri, nelle periferie e ristabilisca un legame sentimentale tra la gente e la politica, capace di infondere sicurezza e senso di appartenenza e grazie al quale nessuno si sentirà più solo con i propri problemi. Un partito che riapra le “sezioni” e torni a fare lezione di politica ai più giovani per fornire loro gli strumenti necessari a formarsi una coscienza critica affinché nessuno debba più sentirsi defraudato della propria dignità di “essere umano”.
Insomma, non la nascita del nuovo PCI, ma la rinascita del PCI. “Il partito” che torna per tracciare una nuova stagione di lotte, insieme alla vera classe rivoluzionaria di sempre, quella operaia. Se si dovessero realizzare tutte queste condizioni, allora sarà di nuovo il PCI, altrimenti rimarrà solo l’ennesimo tentativo.