di Gianluca Albanese
MONASTERACE – “Il paesaggio industriale calabrese nei dipinti fiamminghi”. E’ stato questo il tema scelto dal Sidus club, sodalizio attivo da decenni nella valorizzazione dell’arte, della cultura e di tutto l’immenso patrimonio che la nostra terra sa offrire, in occasione dell’apertura dell’anno sociale 2017, che ha avuto luogo lo scorso 25 marzo nella sede del museo archeologico di Monasterace.
Un argomento accattivante, fondato sul glorioso passato industriale della vallata dello Stilaro e delle Serre vibonesi che, come ha evidenziato l’appassionato relatore Danilo Franco, condurrà verso percorsi di nuove strade di ricerca e di studi, in opere pittoriche e cari campi scientifici in tema di archeologia industriale.
Ha aperto i lavori la direttrice del museo Rossella Agostino, che ha sottolineato la grande valenza del sito archeologico di Monasterace, alla quale hanno fatto seguito i sindaci di Monasterace, Cesare De Leo, e Pazzano, Sandro Taverniti, con quest’ultimo che ha anticipato progettualità del borgo nel campo della ricerca industriale e della fede mariana.
La presidente del Sidus club Albarosa Dolfin, ha evidenziato il prezioso apporto del direttivo e delle socie del sodalizio, aggiungendo che «Il convegno odierno non vuole essere solo un omaggio a Kaulon, ma intendiamo collocare questo territorio al centro di futuri percorsi progettuali in scenari turistico-culturali sostenibili che vedranno al centro la Vallata dello Stilaro e i borghi in cui la siderurgia è stata protagonista indiscussa».
Di bellezza, arte e contenuti specifici sulle opere dei pittori fiamminghi è stata incentrata la relazione dell’architetto Katia Aiello, vice presidente del Sidus club, che ha parlato delle opere che ritraggono scene di vita quotidiana: fattorie, campi arati, contadini chini, mentre all’orizzonte si addensano nubi temporalesche.
«E’ proprio grazie all’avvento della borghesia – ha spiegato Katia Aiello – che nuovi stimoli e richieste pervengono al mondo dell’arte di allora: a essere ritratti non sono già quasi i nobili, le cariche religiose e i regnanti con i loro eredi e avi, ma anche gli appartenenti al cosiddetto “ceto medio”, nella costante ricerca di aderenza tra idea e forma, tra l’aspirazione a ritrarre il vero e il tentativo, al contempo, di idealizzarlo».
Si è parlato della Calabria pienamente inserita nel circuito culturale europeo, con gli artisti fiamminghi che nel ‘500 e nel ‘600 scesero nella nostra regione e si soffermarono a dipingere determinati paesaggi.
«Bruegel -ha detto nel suo intervento Danilo Franco – si però a documentare Reggio e lo Stretto, mentre i fratelli Valckenborch le montagne di Pazzano, la Vallata dello Stilaro con le relative attività minerarie e siderurgiche».
Insomma, c’era una volta una Calabria attiva dal punto di vista industriale e culturale, che va rivalutata e valorizzata, come ha spiegato nel suo intervento, sollecitato dallo stesso Danilo Franco, il sindaco di Mongiana Bruno Iorfida, che ha posto l’accento su ciò che si sta realizzando a Mongiana, attraverso il Museo della Fabbrica d’Armi, col primo cittadino del borgo dell’entroterra vibonese che ha invitato i sindaci della Vallata dello Stilaro a fare rete per un percorso comune di valorizzazione del patrimonio artistico e industriale che fu.
Ora, dunque, anche grazie alla preziosa attività del Sidus club, sono maturi i tempi per la rivalutazione e il rilancio della zona a cavallo tra alto Ionio reggino e Serre, concretizzando il quarantennale impegno di studiosi come lo stesso Danilo Franco, tutti tesi a promuovere l’archeologia industriale in interventi progettuali che hanno al centro tematiche di ecomuseo delle ferriere e fonderie di Calabria.
Nella foto a corredo del pezzo, un dipinto di Lucas Van Valckenborch