di Maria Antonella Gozzi
REGGIO CALABRIA – “Era fame di vita”: questo il titolo, fortemente evocativo, del romanzo di Giovanni Suraci, edito da Città del Sole nel 2016: il primo di una trilogia che vuole raccontare una Calabria e un Sud diversi, liberi da stereotipi negativi e autolesionisti.
Il perché si senta il bisogno di evadere dalla narrazione, a tratti teatrale, di un meridione represso e flagellato da cattivi esempi di gestione politica, dalla corruzione e del malaffare, si evince leggendo la storia dei nostri luoghi con occhi più attenti e onesti. Ed è quello che tenta di fare l’autore, nato a Santo Stefano in Aspromonte, il quale non troppo casualmente ci porta fra le vie, nelle case e nei cenacoli familiari degli abitanti del suo paese nativo, con la forza di volontà tipica di chi chiede il giusto riscatto derivante da anni d’incomprensioni e da falsati retaggi storici.
L’impianto narrativo scelto ricorda quello di una celeberrima corrente letteraria, sviluppatesi nella seconda metà dell’Ottocento: il “verismo”. Ed è proprio questa scelta ad ingraziare il lettore il quale trova piacere a misurarsi con il clima positivo e, al tempo stesso, realistico descritto con dovizia di particolari da Giovanni Suraci. Anche per il “verismo”, così come per il “naturalismo” – movimento letterario diffuso in Francia al quale s’ispirò il primo – la letteratura deve fotografare oggettivamente la realtà sociale e umana, con lo scopo di dare voce anche alle classi più disagiate e analizzare gli aspetti più concreti della vita.
L’autore di “Era fame di vita” regala emozioni quando descrive i personaggi del suo romanzo; ne è prova l’approccio sentimentalista, ma mai banale, con il quale ama esporre al lettore anche i lati più intimi del pensiero umano. L’ambientazione storica è quella del secondo dopo guerra, il clima politico internazionale quello della “Guerra Fredda” tra Unione Sovietica e Stati Uniti di America. Come e perché l’autore abbia saputo cogliere la speranza di ripartire all’indomani del devastante evento bellico che provocò l’azzeramento delle risorse economiche in campo, oltre al vuoto nelle dispense degli italiani, è da cogliere nella sua indole grandemente ideologica. Egli parte dall’assunto incontrovertibile, ereditato dall’incontro con alcuni personaggi che hanno contribuito alla sua formazione, ovvero che uno Stato deve potersi basare su uguali diritti e deve essere in grado di offrire identiche possibilità a tutti i cittadini indistintamente. Il raggiungimento di tale obiettivo era legato alla conoscenza, alla cultura in generale.
Non poteva mancare, sullo sfondo, una grande e contrastata storia d’amore: figlia dei tempi.
Un romanzo delicato, un finale aperto, una scrittura stilisticamente perfetta e dal gusto rétro invogliano alla lettura e alla curiosità sul seguito della storia.
Cenni biografici:
Giovanni Suraci, nato a Santo Stefano in Aspromonte, vive a Reggio Calabria. Ha dimorato presso il Convitto nazionale “Tommaso Campanella” e ha frequentato il Liceo scientifico “Leonardo da Vinci” di Reggio Calabria, dove è stato alunno della poetessa Gilda Trisolini. Ha conseguito la laurea in Scienze Politiche presso l’Università degli Studi di Messina diretta dal costituzionalista prof. Temistocle Martines. “Era fame di vita” è il primo romanzo di una trilogia che vuole raccontare il Sud Italia e la Calabria allontanandosi dai canoni negativi con cui oggi, purtroppo, si identifica questa magnifica terra, troppo spesso ingannata e violentata da una classe dirigente ignorante e corrotta.