di Maria Antonella Gozzi
SIDERNO – «A mia madre, che m’insegnò la libertà. A mio marito Leandro, che mi regalò l’amore e la condivisione». Inizia così, con una dedica forte e profonda, la straordinaria biografia di Fausta Ivaldi, dal titolo “Una vita esagerata” (Città del Sole 2016), consegnata alla storia proprio dall’invincibile protagonista.
La Ivaldi, già autrice di “Racconti africani” (Città del Sole 2016) – una raccolta di storie che si rapporta alla tradizione favolistica di Esopo e Fedro con dei finali che, di volta in volta, insegnano piccoli princìpi educativi, valorizzando la furbizia e l’intelligenza – ha fatto della sua esperienza di vita nei paesi del continente africano un prezioso scrigno dal quale estrarre tradizioni e sentimenti di un popolo povero ma dignitoso.
Fausta non conosce ancora il dolore e la sconfitta che stringe nella morsa dell’indifferenza intere popolazioni dell’Africa e dell’America Latina quando, da giovane donna, inizierà il cammino che la porterà a prendere via via consapevolezza delle proprie capacità e della sua immensa forza di volontà.
La sua scrittura, così come la sua vita, è un fiume in piena, non conosce ostacoli e lascia al lettore giusto il tempo di chiedersi se sia tutto vero quel dolore misto a forza o se non sia, piuttosto, il prologo di una sceneggiatura. E la sensazione che si ha, quando si legge la biografia di Fausta Ivaldi, è la stessa di quella descritta da Mario Nasone nella prefazione del libro: «Se fosse un film, sarebbe un film di movimento, di azione, senza pause e con molti colpi di scena (…)».
La prima cosa che noterà il lettore è la scelta di non “cristallizzare” in capitoli (o in sotto paragrafi) una storia che – di primo acchito – sembra rifuggire a ogni forma di stereotipo e/o di catalogazione. Del resto, sperare di oggettivizzare e di offrire a piccole dosi, la vita dell’autrice, sarebbe non solo impresa ardua, ma oltremodo inutile e riduttivo. Il libro si legge d’un fiato e la sensazione netta, al principio, è quella del totale coinvolgimento e della continua sorpresa: si viaggia, si lotta e si vive allo stesso ritmo di Fausta Ivaldi, si respira la stessa terra bruciata, si combatte il degrado, si scivola nel buio e si risale grazie alla forza impressa dal carattere eccezionale e fuori dal comune della protagonista.
E’ a metà dell’opera che il lettore non ha più timore: Fausta incontra tante difficoltà nel portare avanti la sua missione a favore dei nativi delle colonie portoghesi del Monzabico, così come le incontrerà più avanti, quando volerà verso il Sud Africa e poi in America Latina, fino ad approdare in Italia e, infine, a Reggio Calabria ispirata dagli scritti di Don Italo Calabrò (sacerdote reggino, scomparso nel 1990 e fondatore, insieme a Monsignor Nervo, della Caritas Italiana), ma la fiducia nelle sue capacità di rimuovere ogni ostacolo alla sua opera di fede e di carità cristiana, ormai è salda.
«La carità è la via privilegiata della nuova evangelizzazione, scrivono i vescovi italiani, perché conduce ad amare l’uomo, apre all’incontro con Dio, principio e ragione ultima di ogni amore».
Ecco, la vita di Fausta Ivaldi rappresenta una delle più belle e importanti testimonianze dell’opera di evangelizzazione mai compiuta a favore di uomini, donne e bambini di mondi lontani e di realtà – come quella del “ghetto” di Arghillà (Reggio Calabria), molto vicine a noi e che dovrebbero richiamare con preponderanza cittadini e istituzioni al primordiale senso di solidarietà, oltre che spingerli verso il riconoscimento del volontariato cristiano, come forma d’espressione imprescindibile di un popolo civile.
]*Fausta Ivaldi è nata ad Alessandria il 19 luglio 1939. Dal 1958 al 1961 lavora quale Segretaria del Direttore Affari Economici e Finanziari presso il Mercato Comune (oggi UE) a Bruxelles. Dal 1961 al 1964 è impiegata presso la RAI-TV, Sezione Cinematografica di Milano e Roma, in qualità di Segretaria di Produzione e Organizzazione programmi e documentari. A questo periodo risalgono i suoi primi brevi soggiorni in Africa. Nei due anni successivi è Consulente Scenografa per gli allestimenti delle opere liriche al teatro “Petruzzelli” di Bari. Il richiamo dell’Africa torna presto a farsi sentire e nel 1967 si trasferisce in Nigeria, assunta dalla Stirling Astaldi come Capo del Personale. L’anno successivo sposa il medico Leandro Stocco, chirurgo dell’università di Padova distaccato a Lagos e suo grande amore. Nel 1969 lavora presso l’Ambasciata d’Italia in sostituzione del Cancelliere, rientrato in patria per malattia. Nel 1970 abbandona le attività istituzionali per mettersi al servizio dei poveri, una decisione che diventerà scelta di vita. Le attività di volontariato la porteranno a operare in Nigeria, Benin, Sudafrica e Italia fino al 1986, anno in cui scompare il marito Leandro. Qualche tempo dopo inizia a collaborare, in qualità di segretaria, con l’associazione “Medicus Mundi” per la Liguria. Dal 1987 partecipa a numerosi progetti di volontariato, spostandosi in vari luoghi dell’Africa e dell’America Latina fino al 1999, anno in cui rientra definitivamente in Italia. Nel 2016 il sindaco di Reggio Calabria, Giuseppe Falcomatà, ha conferito a Fausta Ivaldi la Cittadinanza Onoraria della Città di Reggio Calabria.