di Pasquale Aiello
La povertà in Italia sta diventando ormai uno dei problemi più gravi del nostro tempo. E’ un assillo che colpisce soprattutto le famiglie numerose, di conseguenza è spietata con le fasce giovanili, infatti, secondo le statistiche e i report di ‘Save the children’ sono oltre 1 milione i giovanissimi sotto i 18 anni in stato di miseria e indigenza. Il che vuol dire non solo ristrettezze economiche che negano loro cibo, vestiti e tutto ciò che serve al sostentamento, ma anche privazioni educative, le peggiori, che ne impediscono soprattutto il futuro, o anche solo di sognarlo.
La differenza tra chi guadagna moltissimo e chi vive di stenti si è dilatata a dismisura e diventano sempre più quelli a cui non è concesso godere dei diritti sociali. Le politiche di austerità, l’annichilimento dello stato sociale, la perdita di tanti posti di lavoro e la conseguente crisi occupazionale hanno generato miseria e indigenza. Il malessere sociale che viviamo, è il risultato di salari demoliti e paghe da fame, di anni e anni di privatizzazione selvaggia e di tutte le speculazioni e il malaffare perpetrati dal connubio criminale ‘mafia-politica’. Ormai, i cosiddetti ‘diritti intoccabili’, primo tra tutti quello alla salute non sono più garantiti. Tutte le ingiustizie e le iniquità sociali ed ambientali, se non cambiamo rotta, colpiranno anche le generazioni future, costrette ad ereditare un paese ancora più fragile e insicuro.
E allora bisogna lottare, affinchè i diritti diventino la priorità in cima alla scala. Bisogna non arrendersi, altrimenti la crisi economica peggiorerà sempre più le difficili condizioni della maggioranza della popolazione, con risultati, probabilmente, più drammatici di quelli che viviamo oggi sul piano sociale e politico. Ormai la situazione è diventata insostenibile sotto tutti gli aspetti e, purtroppo, la politica nazionale non sembra interessarsi, anzi, la percezione è che se ne sia lavato le mani e abbia ormai imboccato la strada più comoda lasciando sopperire con la beneficienza a tutto ciò che invece è ‘Diritto’. E’ stato stravolto il concetto stesso di solidarietà, per cui sta prendendo piede un sistema culturale che non riesce più a distinguere la sostanziale differenza tra la titolarità dei diritti e l’intervento compassionevole della carità. L’unica via che rimane, quindi, insieme a un faticoso percorso di contrasto alla miseria, è quella di combattere allo stesso tempo le ristrettezze morali e formative che minacciano pericolosamente la democrazia, mettendo in campo politiche con proposte concrete, mirate ad affermare di nuovo valori come dignità ed equità sociale. Uno dei punti chiave dovrebbe essere il ‘salario minimo garantito’ per i disoccupati, cavallo di battaglia, nel passato, di tante lotte comuniste, da finanziare con un reale ed effettivo recupero dell’evasione fiscale, affinché ognuno abbia il necessario per la sopravvivenza, anche se il vero baluardo a difesa della dignità umana rimane sempre il lavoro. Pensare poi, per esempio, allo sviluppo dell’agricoltura nelle terre incolte del demanio o anche nei campi confiscati alla criminalità, costituendo cooperative, come in alcune aree sta già avvenendo, finanziate magari con fondi provenienti dai tagli alle spese militari, alla politica e alle grandi opere superflue. Occupazione potrebbe nascere soprattutto dalla difesa dei beni comuni e del territorio realizzando opere di prevenzione o anche di bonifica. Le istituzioni se lo volessero, potrebbero impegnarsi sin da subito in questa direzione. E’ molto semplice. Non è un problema di fondi, penso che sia solo una questione di volontà politica, perchè i soldi per salvare le banche li si trovano in una notte. Si tratta solamente di rivedere l’elenco delle priorità ripartendo dai diritti e ognuno di noi ha il dovere e l’obbligo morale di lottare affinchè nessuno rimanga indietro. E’ questa, a mio avviso, la dura lotta da intraprendere per definire i nuovi princìpi di civiltà e sperare in un futuro.