(ph. Enzo Lacopo)
DI SEGUITO IL MESSAGGIO PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO MOROSINI
Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato ed ha dato se stesso per me.
Carissimi fratelli,
1. Il 7 giugno 2008 davanti alla Cattedrale, iniziando il ministero di Vescovo in mezzo a voi, mi sono presentato con queste parole di Paolo, che esprimevano, vi spiegai, l’orientamento e lo sforzo costante della mia vita spirituale e che volevano essere la linea guida del mio servizio nella Diocesi di Locri-Gerace, che Benedetto XVI mi aveva affidato.
Oggi, a conclusione del mio servizio in questa Santa Chiesa di Dio, ve le ripeto ancora una volta, per esprimervi l’animo con il quale lascio questa Diocesi e assumo la guida di quella di Reggio Cal.-Bova, e per cercare di tracciare attorno ad essa un bilancio di questi cinque anni.
E’ con spirito di fede che ho accettato il trasferimento da Locri: la sede di Reggio non era nei miei pensieri, nelle miei desideri, nelle mie aspettative o nelle mie speranze. Il legame che in questi anni è cresciuto con la Chiesa di Locri-Gerace e con l’intero territorio della Locride, lo sento vivo e forte; le energie spese con entusiasmo per far crescere l’una e l’altro; l’amicizia e l’affetto che si sono sempre più intensificati con voi Sacerdoti, con i Laici impegnati, con i Sigg. Sindaci e le altre istituzioni e loro rappresentanti, erano già essi un motivo forte per non desiderare di andare altrove. Egoisticamente cominciavo a pensare a qualche frutto, desiderato non tanto per gratificazione personale, ma come spinta a percorrere altra strada e andare avanti sicuro e pieno di entusiasmo.
Così non è stato, e la mia speranza si è infranta il pomeriggio del 27 giugno u. s. in Nunziatura, quando ho ricevuto l’invito a lasciare Locri per Reggio.
Non sono valse le mie osservazioni, tra le quali quella condivisa da tanti di voi, che cioè anche alle piccole Diocesi bisogna garantire di compiere un tranquillo percorso di crescita sotto la guida di un Vescovo, senza cambiare continuamente.
Mi rimaneva l’arma del rifiuto. Avrei potuto dire: non mi sento di andarci. Ma mi sono ricordato della frase citata di Paolo: Vivo nella fede. Ed anche delle altre parole: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere tutto. Se in questo momento -così pensai- posso registrare un cammino positivo, sono sicuro che, se vado contro la volontà di Dio, il futuro servizio pastorale nella stessa Diocesi, scelto a questo punto da me, sarà benedetto da Dio, che mi sta chiamando altrove?
E allora, come Abramo, ho detto: lascio e parto, nel nome della fede nel Signore Gesù.
In questo sacrificio eucaristico facciamo tutti il nostro atto di fede nel Signore, che è Provvidenza e guida la storia di noi uomini e delle nostre istituzioni sempre verso il bene.
Sì, Signore Gesù, sia fatta la tua volontà. Con Paolo diciamo: Noi rendiamo grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo (Col 1, 3).
2. In questi anni ho cercato di invitare tutti a porre Gesù al centro della nostra vita di credenti:
* Noi sacerdoti, accogliendo la missione come esplicitazione del nostro essere persone umane, imparando da Gesù, Verbo incarnato, la piena identità tra il suo farsi uomo e la sua missione. E’ un ideale di vita spirituale che vi ripropongo ancora, miei cari sacerdoti, come mio ricordo ed esortazione fraterna ad un impegno di vita fedele a Gesù Cristo.
* I fedeli a centrare sempre più la propria vita di fede, la prassi sacramentale e tutti i riti e le manifestazioni devozionali in Gesù, superando il dissidio tra fede e vita. L’anno della fede ancora in corso non ci ha trovati impreparati in tal senso. Abbiamo solo dovuto intensificare quanto già avevamo impostato.
Forte è stato lo sforzo a instradare questa centralità attraverso una evangelizzazione presacramentale seria e impegnativa, per chi ha voluto accogliere le nostre sollecitazioni e i nostri inviti. Carissimi sacerdoti non abbassate il livello di guardia in tal senso. No ai sacramenti facili. Sappiamo che non è la soluzione definitiva al rinnovamento del nostro cristianesimo, ma non potendo fare scelte più radicali in questa fase di passaggio e di cambiamento, salviamo almeno la serietà dell’evangelizzazione sacramentale, dietro la quale può arrivare la grazia di Dio. L’evangelizzazione in stile catecumenale attraverso il Cammino Emmaus che proprio quest’anno doveva essere obbligatorio per tutte le parrocchie, è uno dei punti spero ormai acquisiti. Mi auguro non si facciano passi indietro, perché tale è il volere della Chiesa.
In questi due ultimi anni, amministrando le cresime, sono ritornato con frequenza sulla frase di Tertulliano: Cristiani non si nasce, ma si diventa, completandola così: e lo si diventa scegliendo Gesù. Sia un secondo ricordo del mio servizio in mezzo a voi.
3. Vivo nella fede del Figlio di Dio, ponendo al centro della nostra missione, lui, Gesù, la sua parola, il suo vangelo. Come Chiesa diocesana ci siamo accostati, pertanto, alla religiosità popolare con rispetto, amore e pazienza. Sappiamo che essa plasma tutta la nostra religiosità, che in tanti si mantiene viva e forte proprio per le pratiche devote da essa tramandate. Non abbiamo fatto alcuna guerra contro nessuno, nessuna distruzione, ma solo proposta di purificazione, perché al centro della fede venga ricollocato Gesù e non i santi, neanche la Vergine SS.ma.
Ci siamo riusciti? Stiamo camminando. La religiosità popolare in Diocesi sta facendo un percorso di rinnovamento, che sarà certamente lungo, ma è iniziato. Ringrazio tutte le Confraternite che hanno saputo accogliere i nostri inviti e le nostre sollecitazioni e si sono messe sulla strada di una formazione seria e attenta. Rinnovo l’invito: non accettate più membri che non vogliono formarsi e non vogliono superare il divario tra fede e vita.
4. La fede in Gesù fa nascere la nostra comunione. Abbiamo ritmato questi cinque anni con una conduzione pastorale basata sullo sforzo di creare comunità adulte nella vita, sensibili ai temi di riflessione proposti dalla chiesa oggi e sfociati nell’indizione dell’anno della fede. Vi ricordo i temi delle convocazioni perché possiate rivedere nell’insieme la solidità del cammino percorso.
* 2008: Comunità che convoca, comunità che genera, ed era articolata in tre momenti: chiamati per condividere, chiamati per costruire, chiamati per generare.
* 2009: Costruire comunità adulte. Giovani e famiglia: una risorsa per il futuro
* 2010: Comunità che educa.
* 2011: La Parrocchia: comunità che si educa alla missione
* 2012: Comunità cristiane adulte. Riscoperta e comunicazione della fede
* 2013: Chiesa di Locri-Gerace in ascolto…: tema che ci pone in quell’ascolto dell’altro, anche diverso da noi, così caro a Papa Francesco.
E’ necessario continuare il cammino, crescendo nella comunione all’interno del presbiterio, dei gruppi ecclesiali, tra le parrocchie. Una delle esigenze rilevate durante la Visita pastorale è stata quella di una pastorale più condivisa tra le parrocchie, all’interno della Vicaria. Forte dell’esperienza della mia vita religiosa e della Regola professata, nella quale la figura del superiore è quella di promotore del dialogo e della comunione all’interno della comunità, ho cercato di guidare così la Diocesi, sollecitando al massimo la collaborazione degli organismi di collaborazione e soprattutto del Vicario, che è stato per me un dono di Dio e che ringrazio dal profondo del cuore. L’incontro e la riflessione comune aiuta nella lettura del territorio e consente al Vescovo di essere illuminato e saggio nelle sue decisioni.
La Diocesi di Locri-Gerace ha un grande laicato, motivato, generoso, intraprendente: non sciupate questo dono, ma, nella condivisione dei carismi, nel rispetto dei ruoli, ma anche nella fiducia reciproca, presbiteri e laici intensificate non solo la collaborazione, ma la corresponsabilità.
Io ringrazio tutti i laici impegnati, uno per uno, e vi esorto ad andare avanti.
5. Vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato ed ha dato la sua vita per me.
Mi ha amato ed ha dato la sua vita per me: ho sempre letto questa espressione come norma orientativa per la mia missione, qualunque essa sia stata nel corso dei lunghi anni di ministero. Dare la vita significa essere disponibili per la missione, guardarla con gli stessi occhi amorevoli di Cristo. S. Giovanni scrive: se Dio ci ha amati così, cioè nel segno del dono e della disponibilità, anche noi dobbiamo amarci così. Risuonano di monito anche le parole di Isaia: Lo spirito del Signore è su di me, per questo mi ha mandato.
Guardando anche a S. Francesco di Paola, ho cercato di interpretare così il mio ruolo di Vescovo di fronte al territorio nel quale è posta la nostra Chiesa, cercando di guidare in tal senso l’impegno di tutti. Sono stati molti gli interventi che ho fatto lungo questi anni in difesa dei piccoli centri, contro una politica economica che ci ha distrutti, contro la perdita dei servizi, in difesa delle donne, della vita umana, delle risorse naturali come l’acqua, appellandomi ad una programmazione a lungo raggio e a lungo termine per il territorio.
La nostra Chiesa ha una lunga tradizione nello sforzo di interpretare le esigenze del territorio: deve intensificare tale azione. Ancora una volta è doveroso l’appello della gerarchia ai laici: non lasciatevi intimidire dalla cultura dominante, ma siate coraggiosi e andate controcorrente portando i valori cristiani negli ambienti della vostra vita. Dichiaratevi cattolici senza vergogna e senza mezze misure. Perché certi problemi del nostro territorio possano essere denunciati e risolti hanno bisogno del coraggio degli apostoli. Locri per me è stata una grande lezione in questi cinque anni. Laici cattolici non tiratevi indietro.
Ma portiamo nel mondo l’amore di Cristo; amiamo questa nostra terra con lo stesso amore di Cristo. Non lasciamoci contagiare dalla cultura giustizialista e vendicativa. Misericordia io voglio e non sacrificio. Sappiamo sfidare anche per questo aspetto la cultura dominante.
6. Mi ha amato…, dice Paolo di Gesù.
E’ con questo sentimento di Gesù che in questi anni ho cercato di guidare la nostra Chiesa diocesana nell’affrontare la piaga dolorosa della ‘ndrangheta. La Chiesa non può inchinarsi sul male che con il cuore amorevole di Gesù, che ha proclamato con forza e rigore l’urgenza della conversione del cuore dell’uomo, ma che poi ha allargato il cuore al perdono e alla misericordia. Anche per questo siamo stati attaccati, giudicati male, condannati, messi qualche volta alla gogna mediatica. Prima, si diceva, la ‘ndrangheta fioriva perché la Chiesa taceva; adesso che parla, la ‘ndrangheta cresce perché la Chiesa è facile al perdono. Di tanto in tanto sono sorti degli esperti pastoralisti, si fa così per dire, del mondo laico che pretendono salire sulle cattedre di teologia e dire se dobbiamo dare i sacramenti o rifiutarli, se dobbiamo etichettare come mafiosi e chi. Sono sirene che non ci ammaliano: la Chiesa sa ciò che deve fare. Camminiamo diritti sulla strada intrapresa della formazione delle coscienze e sulla denuncia, ed avremo assolto al nostro compito.
Un impegno non lasciamo cadere: quello di stimolare i responsabili della cosa pubblica a non portare avanti nella Locride solo una politica anti, cioè repressiva, ma pro, cioè di promozione del territorio. In questi cinque anni sono intervenuto più volte in tal senso, ma non vedo ancora cambiamenti rilevabili. Non lasciamoci ammaliare dalle false sirene dell’antimafia di professione, alla quale importa la lotta, felici di lottare; a noi importa la salvezza della persona, perché Gesù ama il peccatore e vuole che si converta e viva. Scrivano quel che vogliono, esprimano pure i loro giudizi velenosi e critici: noi restiamo forti dalla parte di Cristo, purché naturalmente da quella parte ci stiamo veramente.
7. Carissimi, a conclusione di questo mio servizio in mezzo a voi, mi vengono in mente altre due frasi di S. Paolo. La prima: La sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. L’altra è: So a chi ho dato fiducia.
La prima mi è cara perché con questa frase S. Francesco di Paola ha chiuso la sua vita sulla terra, raccomandando ai frati la fedeltà alla Regola professata e quindi a Gesù. La consegno anche a voi con la stessa raccomandazione di S. Francesco: state sempre dalla parte di Gesù e non ve ne pentirete. Potranno andare contro di noi, ma non ci vinceranno.
La seconda mi ha sempre commosso, pensando a Paolo alla fine della sua vita. Sembra voglia dire: non mi pento di essermi fidato e affidato tutto a Gesù. Non mi ha garantito un cammino facile, ma adesso sono felice per tutto quello che ho vissuto.
Lo dico anche a voi carissimi fratelli: so a chi ho dato fiducia. Non mi pento, di aver puntato tutto su di lui: Vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato ed ha dato la sua vita per me. Ditelo anche voi e sarete felici, anche se tutti dobbiamo inginocchiarci per chiedergli perdono per qualche peccato.
8. Cosa lascio al mio successore?
Ai fedeli di Corinto Paolo scrisse: Voi siete il mio vanto in Cristo Gesù (1Cor 15,31). Al mio successore lascio voi, carissimi sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici impegnati. Siete voi l’ossatura di questa Chiesa di Dio, che è in Locri-Gerace, il Vescovo ne è solo la guida. Siete voi la forza e la speranza di questa Chiesa. Cosa si può lasciare di più bello ad un nuovo Vescovo?
Accoglietelo ed amatelo sin da questo momento, quando ancora appartiene al disegno imperscrutabile di Dio. Siate docili nei suoi confronti e non prevenuti, egli viene sicuramente animato da buona volontà e con tanta voglia di servire il Signore; certamente con la sua creatività, con i suoi carismi, le sue doti. Non ritardate il suo cammino in mezzo a voi con inutili paragoni con il passato che non giovano mai al bene. Tutti siamo utili nella vigna del Signore e nessuno indispensabile. Io ho fatto con voi un pezzo di cammino, con luci ed ombre. Ora, dimenticate il passato e apritevi a chi viene nel nome del Signore. Rimpiangere il passato appartiene agli uomini senza speranza. Facilitate il suo cammino iniziale aiutandolo ed incoraggiandolo in ogni modo. E’ la Diocesi che ne trarrà vantaggio.
Noi ci ricorderemo nella preghiera. Io non dimenticherò mai questa santa Chiesa di Dio. L’ho amata e servita con impegno. Per i miei errori vi chiedo perdono. Vi seguirò con amore e discrezione, affidandovi al Signore.
Concludo con la benedizione del mio S. Francesco: Ci accompagni sempre la grazia di Gesù Cristo benedetto, che è il più grande e il più prezioso di tutti i doni.
+ p. Giuseppe Fiorini Morosini
Arcivescovo Eletto di Reggio Calabria-Bova
Amministratore Apostolico diocesi di Locri-Gerace
(ph. Enzo Lacopo)
DI SEGUITO IL MESSAGGIO PASTORALE DELL’ARCIVESCOVO MOROSINI
Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato ed ha dato se stesso per me.
Carissimi fratelli,
1. Il 7 giugno 2008 davanti alla Cattedrale, iniziando il ministero di Vescovo in mezzo a voi, mi sono presentato con queste parole di Paolo, che esprimevano, vi spiegai, l’orientamento e lo sforzo costante della mia vita spirituale e che volevano essere la linea guida del mio servizio nella Diocesi di Locri-Gerace, che Benedetto XVI mi aveva affidato.
Oggi, a conclusione del mio servizio in questa Santa Chiesa di Dio, ve le ripeto ancora una volta, per esprimervi l’animo con il quale lascio questa Diocesi e assumo la guida di quella di Reggio Cal.-Bova, e per cercare di tracciare attorno ad essa un bilancio di questi cinque anni.
E’ con spirito di fede che ho accettato il trasferimento da Locri: la sede di Reggio non era nei miei pensieri, nelle miei desideri, nelle mie aspettative o nelle mie speranze. Il legame che in questi anni è cresciuto con la Chiesa di Locri-Gerace e con l’intero territorio della Locride, lo sento vivo e forte; le energie spese con entusiasmo per far crescere l’una e l’altro; l’amicizia e l’affetto che si sono sempre più intensificati con voi Sacerdoti, con i Laici impegnati, con i Sigg. Sindaci e le altre istituzioni e loro rappresentanti, erano già essi un motivo forte per non desiderare di andare altrove. Egoisticamente cominciavo a pensare a qualche frutto, desiderato non tanto per gratificazione personale, ma come spinta a percorrere altra strada e andare avanti sicuro e pieno di entusiasmo.
Così non è stato, e la mia speranza si è infranta il pomeriggio del 27 giugno u. s. in Nunziatura, quando ho ricevuto l’invito a lasciare Locri per Reggio.
Non sono valse le mie osservazioni, tra le quali quella condivisa da tanti di voi, che cioè anche alle piccole Diocesi bisogna garantire di compiere un tranquillo percorso di crescita sotto la guida di un Vescovo, senza cambiare continuamente.
Mi rimaneva l’arma del rifiuto. Avrei potuto dire: non mi sento di andarci. Ma mi sono ricordato della frase citata di Paolo: Vivo nella fede. Ed anche delle altre parole: Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma è Dio che ha fatto crescere tutto. Se in questo momento -così pensai- posso registrare un cammino positivo, sono sicuro che, se vado contro la volontà di Dio, il futuro servizio pastorale nella stessa Diocesi, scelto a questo punto da me, sarà benedetto da Dio, che mi sta chiamando altrove?
E allora, come Abramo, ho detto: lascio e parto, nel nome della fede nel Signore Gesù.
In questo sacrificio eucaristico facciamo tutti il nostro atto di fede nel Signore, che è Provvidenza e guida la storia di noi uomini e delle nostre istituzioni sempre verso il bene.
Sì, Signore Gesù, sia fatta la tua volontà. Con Paolo diciamo: Noi rendiamo grazie a Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo (Col 1, 3).
2. In questi anni ho cercato di invitare tutti a porre Gesù al centro della nostra vita di credenti:
* Noi sacerdoti, accogliendo la missione come esplicitazione del nostro essere persone umane, imparando da Gesù, Verbo incarnato, la piena identità tra il suo farsi uomo e la sua missione. E’ un ideale di vita spirituale che vi ripropongo ancora, miei cari sacerdoti, come mio ricordo ed esortazione fraterna ad un impegno di vita fedele a Gesù Cristo.
* I fedeli a centrare sempre più la propria vita di fede, la prassi sacramentale e tutti i riti e le manifestazioni devozionali in Gesù, superando il dissidio tra fede e vita. L’anno della fede ancora in corso non ci ha trovati impreparati in tal senso. Abbiamo solo dovuto intensificare quanto già avevamo impostato.
Forte è stato lo sforzo a instradare questa centralità attraverso una evangelizzazione presacramentale seria e impegnativa, per chi ha voluto accogliere le nostre sollecitazioni e i nostri inviti. Carissimi sacerdoti non abbassate il livello di guardia in tal senso. No ai sacramenti facili. Sappiamo che non è la soluzione definitiva al rinnovamento del nostro cristianesimo, ma non potendo fare scelte più radicali in questa fase di passaggio e di cambiamento, salviamo almeno la serietà dell’evangelizzazione sacramentale, dietro la quale può arrivare la grazia di Dio. L’evangelizzazione in stile catecumenale attraverso il Cammino Emmaus che proprio quest’anno doveva essere obbligatorio per tutte le parrocchie, è uno dei punti spero ormai acquisiti. Mi auguro non si facciano passi indietro, perché tale è il volere della Chiesa.
In questi due ultimi anni, amministrando le cresime, sono ritornato con frequenza sulla frase di Tertulliano: Cristiani non si nasce, ma si diventa, completandola così: e lo si diventa scegliendo Gesù. Sia un secondo ricordo del mio servizio in mezzo a voi.
3. Vivo nella fede del Figlio di Dio, ponendo al centro della nostra missione, lui, Gesù, la sua parola, il suo vangelo. Come Chiesa diocesana ci siamo accostati, pertanto, alla religiosità popolare con rispetto, amore e pazienza. Sappiamo che essa plasma tutta la nostra religiosità, che in tanti si mantiene viva e forte proprio per le pratiche devote da essa tramandate. Non abbiamo fatto alcuna guerra contro nessuno, nessuna distruzione, ma solo proposta di purificazione, perché al centro della fede venga ricollocato Gesù e non i santi, neanche la Vergine SS.ma.
Ci siamo riusciti? Stiamo camminando. La religiosità popolare in Diocesi sta facendo un percorso di rinnovamento, che sarà certamente lungo, ma è iniziato. Ringrazio tutte le Confraternite che hanno saputo accogliere i nostri inviti e le nostre sollecitazioni e si sono messe sulla strada di una formazione seria e attenta. Rinnovo l’invito: non accettate più membri che non vogliono formarsi e non vogliono superare il divario tra fede e vita.
4. La fede in Gesù fa nascere la nostra comunione. Abbiamo ritmato questi cinque anni con una conduzione pastorale basata sullo sforzo di creare comunità adulte nella vita, sensibili ai temi di riflessione proposti dalla chiesa oggi e sfociati nell’indizione dell’anno della fede. Vi ricordo i temi delle convocazioni perché possiate rivedere nell’insieme la solidità del cammino percorso.
* 2008: Comunità che convoca, comunità che genera, ed era articolata in tre momenti: chiamati per condividere, chiamati per costruire, chiamati per generare.
* 2009: Costruire comunità adulte. Giovani e famiglia: una risorsa per il futuro
* 2010: Comunità che educa.
* 2011: La Parrocchia: comunità che si educa alla missione
* 2012: Comunità cristiane adulte. Riscoperta e comunicazione della fede
* 2013: Chiesa di Locri-Gerace in ascolto…: tema che ci pone in quell’ascolto dell’altro, anche diverso da noi, così caro a Papa Francesco.
E’ necessario continuare il cammino, crescendo nella comunione all’interno del presbiterio, dei gruppi ecclesiali, tra le parrocchie. Una delle esigenze rilevate durante la Visita pastorale è stata quella di una pastorale più condivisa tra le parrocchie, all’interno della Vicaria. Forte dell’esperienza della mia vita religiosa e della Regola professata, nella quale la figura del superiore è quella di promotore del dialogo e della comunione all’interno della comunità, ho cercato di guidare così la Diocesi, sollecitando al massimo la collaborazione degli organismi di collaborazione e soprattutto del Vicario, che è stato per me un dono di Dio e che ringrazio dal profondo del cuore. L’incontro e la riflessione comune aiuta nella lettura del territorio e consente al Vescovo di essere illuminato e saggio nelle sue decisioni.
La Diocesi di Locri-Gerace ha un grande laicato, motivato, generoso, intraprendente: non sciupate questo dono, ma, nella condivisione dei carismi, nel rispetto dei ruoli, ma anche nella fiducia reciproca, presbiteri e laici intensificate non solo la collaborazione, ma la corresponsabilità.
Io ringrazio tutti i laici impegnati, uno per uno, e vi esorto ad andare avanti.
5. Vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato ed ha dato la sua vita per me.
Mi ha amato ed ha dato la sua vita per me: ho sempre letto questa espressione come norma orientativa per la mia missione, qualunque essa sia stata nel corso dei lunghi anni di ministero. Dare la vita significa essere disponibili per la missione, guardarla con gli stessi occhi amorevoli di Cristo. S. Giovanni scrive: se Dio ci ha amati così, cioè nel segno del dono e della disponibilità, anche noi dobbiamo amarci così. Risuonano di monito anche le parole di Isaia: Lo spirito del Signore è su di me, per questo mi ha mandato.
Guardando anche a S. Francesco di Paola, ho cercato di interpretare così il mio ruolo di Vescovo di fronte al territorio nel quale è posta la nostra Chiesa, cercando di guidare in tal senso l’impegno di tutti. Sono stati molti gli interventi che ho fatto lungo questi anni in difesa dei piccoli centri, contro una politica economica che ci ha distrutti, contro la perdita dei servizi, in difesa delle donne, della vita umana, delle risorse naturali come l’acqua, appellandomi ad una programmazione a lungo raggio e a lungo termine per il territorio.
La nostra Chiesa ha una lunga tradizione nello sforzo di interpretare le esigenze del territorio: deve intensificare tale azione. Ancora una volta è doveroso l’appello della gerarchia ai laici: non lasciatevi intimidire dalla cultura dominante, ma siate coraggiosi e andate controcorrente portando i valori cristiani negli ambienti della vostra vita. Dichiaratevi cattolici senza vergogna e senza mezze misure. Perché certi problemi del nostro territorio possano essere denunciati e risolti hanno bisogno del coraggio degli apostoli. Locri per me è stata una grande lezione in questi cinque anni. Laici cattolici non tiratevi indietro.
Ma portiamo nel mondo l’amore di Cristo; amiamo questa nostra terra con lo stesso amore di Cristo. Non lasciamoci contagiare dalla cultura giustizialista e vendicativa. Misericordia io voglio e non sacrificio. Sappiamo sfidare anche per questo aspetto la cultura dominante.
6. Mi ha amato…, dice Paolo di Gesù.
E’ con questo sentimento di Gesù che in questi anni ho cercato di guidare la nostra Chiesa diocesana nell’affrontare la piaga dolorosa della ‘ndrangheta. La Chiesa non può inchinarsi sul male che con il cuore amorevole di Gesù, che ha proclamato con forza e rigore l’urgenza della conversione del cuore dell’uomo, ma che poi ha allargato il cuore al perdono e alla misericordia. Anche per questo siamo stati attaccati, giudicati male, condannati, messi qualche volta alla gogna mediatica. Prima, si diceva, la ‘ndrangheta fioriva perché la Chiesa taceva; adesso che parla, la ‘ndrangheta cresce perché la Chiesa è facile al perdono. Di tanto in tanto sono sorti degli esperti pastoralisti, si fa così per dire, del mondo laico che pretendono salire sulle cattedre di teologia e dire se dobbiamo dare i sacramenti o rifiutarli, se dobbiamo etichettare come mafiosi e chi. Sono sirene che non ci ammaliano: la Chiesa sa ciò che deve fare. Camminiamo diritti sulla strada intrapresa della formazione delle coscienze e sulla denuncia, ed avremo assolto al nostro compito.
Un impegno non lasciamo cadere: quello di stimolare i responsabili della cosa pubblica a non portare avanti nella Locride solo una politica anti, cioè repressiva, ma pro, cioè di promozione del territorio. In questi cinque anni sono intervenuto più volte in tal senso, ma non vedo ancora cambiamenti rilevabili. Non lasciamoci ammaliare dalle false sirene dell’antimafia di professione, alla quale importa la lotta, felici di lottare; a noi importa la salvezza della persona, perché Gesù ama il peccatore e vuole che si converta e viva. Scrivano quel che vogliono, esprimano pure i loro giudizi velenosi e critici: noi restiamo forti dalla parte di Cristo, purché naturalmente da quella parte ci stiamo veramente.
7. Carissimi, a conclusione di questo mio servizio in mezzo a voi, mi vengono in mente altre due frasi di S. Paolo. La prima: La sapienza di questo mondo è stoltezza davanti a Dio. L’altra è: So a chi ho dato fiducia.
La prima mi è cara perché con questa frase S. Francesco di Paola ha chiuso la sua vita sulla terra, raccomandando ai frati la fedeltà alla Regola professata e quindi a Gesù. La consegno anche a voi con la stessa raccomandazione di S. Francesco: state sempre dalla parte di Gesù e non ve ne pentirete. Potranno andare contro di noi, ma non ci vinceranno.
La seconda mi ha sempre commosso, pensando a Paolo alla fine della sua vita. Sembra voglia dire: non mi pento di essermi fidato e affidato tutto a Gesù. Non mi ha garantito un cammino facile, ma adesso sono felice per tutto quello che ho vissuto.
Lo dico anche a voi carissimi fratelli: so a chi ho dato fiducia. Non mi pento, di aver puntato tutto su di lui: Vivo nella fede del Figlio di Dio che mi ha amato ed ha dato la sua vita per me. Ditelo anche voi e sarete felici, anche se tutti dobbiamo inginocchiarci per chiedergli perdono per qualche peccato.
8. Cosa lascio al mio successore?
Ai fedeli di Corinto Paolo scrisse: Voi siete il mio vanto in Cristo Gesù (1Cor 15,31). Al mio successore lascio voi, carissimi sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, laici impegnati. Siete voi l’ossatura di questa Chiesa di Dio, che è in Locri-Gerace, il Vescovo ne è solo la guida. Siete voi la forza e la speranza di questa Chiesa. Cosa si può lasciare di più bello ad un nuovo Vescovo?
Accoglietelo ed amatelo sin da questo momento, quando ancora appartiene al disegno imperscrutabile di Dio. Siate docili nei suoi confronti e non prevenuti, egli viene sicuramente animato da buona volontà e con tanta voglia di servire il Signore; certamente con la sua creatività, con i suoi carismi, le sue doti. Non ritardate il suo cammino in mezzo a voi con inutili paragoni con il passato che non giovano mai al bene. Tutti siamo utili nella vigna del Signore e nessuno indispensabile. Io ho fatto con voi un pezzo di cammino, con luci ed ombre. Ora, dimenticate il passato e apritevi a chi viene nel nome del Signore. Rimpiangere il passato appartiene agli uomini senza speranza. Facilitate il suo cammino iniziale aiutandolo ed incoraggiandolo in ogni modo. E’ la Diocesi che ne trarrà vantaggio.
Noi ci ricorderemo nella preghiera. Io non dimenticherò mai questa santa Chiesa di Dio. L’ho amata e servita con impegno. Per i miei errori vi chiedo perdono. Vi seguirò con amore e discrezione, affidandovi al Signore.
Concludo con la benedizione del mio S. Francesco: Ci accompagni sempre la grazia di Gesù Cristo benedetto, che è il più grande e il più prezioso di tutti i doni.
+ p. Giuseppe Fiorini Morosini
Arcivescovo Eletto di Reggio Calabria-Bova
Amministratore Apostolico diocesi di Locri-Gerace