di Domenica Bumbaca (video del servizio del Tg1 estratto a cura di Enzo Lacopo)
LOCRI – Mia figlia sta dormendo. È tardi. Dovrei andare anche io a riposare, dopo una giornata piena di lavoro ma tante soddisfazioni insieme ad amici, colleghi, figlia e marito. Ma improvvisamente, una rabbia mi assale e il sonno lascia il posto allo sfogo.
Bacio la mia piccola Aurora e non posso non scrivere quello che penso. Perché devo stare zitta di fronte all’ennesimo scempio che “trafigge” ed “umilia” l’impegno di tante donne, mamme, lavoratrici, casalinghe, che ogni giorno si alzano e con la schiena dritta affrontano le mille peripezie quotidiane? Alle ore 20.00 del 10 settembre l’informazione nazionale, tg1, ritrae, con gli occhi “bendati” e forse la mente altrove, della giornalista Felicita Pistelli, una immagine distorta della figura femminile nella Locride, lo stereotipo della donna locridea.
Ryszard Kapuściński, grande giornalista, diceva in uno dei suoi saggi “Il cinico non è adatto a questo mestiere”: “è sbagliato scrivere di qualcuno senza averne condiviso almeno un po’ la vita”, “per capire il popolo devi confonderti tra esso”. La giornalista Felicita, come collega giornalista potrei darLe del tu, non è stata proprio tra la gente, tra quelle donne della Locride che lavorano e per nulla si sentono umiliate o fanno fatica ad affermarsi. Non può bastare una statistica, una inchiesta, che nella sua freddezza, registra che il Sud in termini di pari opportunità si trova indietro rispetto ad altri posti; i dati possono registrare questo, ma, quando una persona verifica e vuol far parlare i fatti, deve ascoltare e vedere la realtà delle cose, senza tagli e ritagli, montaggi e frasi fatte, interviste troncate e bocche cucite.
È certamente vero che al nord, come nel resto d’Europa, si possono avere più possibilità in tema di lavoro, reddito, potere decisionale e tempo. Ma il servizio andato in onda sul tg1 non rispecchia affatto quello che doveva essere una indagine. Si è trattato di una offesa alle donne della Locride a cui non è stato concesso di parlare. Sono state ignorate. La dignità è stata calpestata.
L’affermazione per una donna non è, sicuramente, quella di raggiungere la popolarità, ma quella di vivere serenamente, con una famiglia, con un lavoro e le proprie passioni. Famiglia, lavoro e passione nella Locride ci sono. E tutte sono raggiungibili.
C’è la donna che si alza al mattino per fare il pane e poi venderlo, c’è la mamma che accompagna i figli a scuola rientra a casa, sistema e prepara il pranzo per il marito e i figli, c’è la dipendente di un’azienda o di un Ente pubblico che si alza presto, affida i figli alle nonne o alle maestre, va a lavoro, esce, va a fare la spesa, rientra a casa e dopo aver cenato con la famiglia si accomoda sul divano a vedere un film, oppure esce per una passeggiata, e perché no, va anche in palestra. C’è la manager che guida un’azienda, c’è la dottoressa che cura i malati, l’avvocatessa, l’artista, la giornalista, la politica, la disoccupata che cerca lavoro al Sud come al nord, c’è la vagabonda e la mantenuta, al Sud come al nord, c’è la vittima di violenza, purtroppo, al Sud come al nord. Ci sono poi quelle donne che vivono di agricoltura e seguono il marito nei campi, ci sono quelle che comandano, ci sono quelle a cui è stato chiesto di non lavorare e custodire solo la famiglia. C’è, comunque, la libertà di essere donne della Locride.
Ci sono anche io che a 31 anni, respirando l’aria della Locride, ho capito che il lavoro è soddisfazione, la famiglia è per sempre amore, le passioni si devono seguire.
Così, a differenza di quanto è stato riportato nel servizio giornalistico, io di donne lavoratrici, affermate, che escono di casa, ne conosco tante. Lavoro ogni giorno a contatto con più di 300 donne, riunite sotto il nome di Call & Call Lokroi, siedo tra i banchi del Consiglio comunale della Città di Locri insieme ad altre 9 donne, lavoro come giornalista de “Lente locale” con altre 5 donne, a “L’Ora delle Calabria” con altrettante donne, gestisco, insieme ad altre donne e uomini, una squadra di calcio femminile serie A di 20 donne, “Sporting Locri”, ragazze che amano lo sport, sudano, fanno sacrifici, combattono pregiudizi e rappresentano un modello di pari opportunità. Mi pregio di conoscere tante altre donne, supportate ed affiancate da uomini, che lavorano nel mondo dell’editoria, del volontariato, del commercio. Ognuna di loro ha una storia. Deve essere rispettata e non gettata nel fango, o sotterrata da una parola che pesa come un macigno. La parola “Diffidenza” – mi rivolgo alla giornalista Pistelli- pronunciata nel “servizio giornalistico”( fa comodo raccontare fatti scontati e pieni di pregiudizi, piuttosto che documentarsi e scoprire quanti volti femminili sorridono, producono, lavorano e amano in libertà) pesa tanto nel cuore di noi donne che, se pur con mille difficoltà, se pur con qualche diritto violato ( ma al Sud come al nord), lavoriamo onestamente affinché le pari opportunità siano concretezza.
Sarebbe meglio e più efficace, umanamente e giornalisticamente, ascoltare, guardare negli occhi chi vuole raccontare qualcosa. Sarebbe opportuno immedesimarsi in queste donne ( e per la giornalista Pistelli, che è donna e lavoratrice, non sarà difficile). Condividere sul social network “Il lavoro delle donne della Locride, creato da donne, a seguito del servizio del tg1) le nostre esperienze. Basterebbe prendere la penna e scrivere l’amore delle donne della Locride. Porgere il microfono e far parlare le donne. Non servirsi del montaggio, tagliando l’essenziale di un discorso che esce dal cuore. È il momento di abbandonare le statistiche. Non siamo numeri, siamo anime, identità, cuori, ed insieme raccontiamo al tg1 la donna della Locride, la donna d’Italia e d’Europa.
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