Di Redazione
CAULONIA – «Quando ci raccontano che davanti alle scuole di Napoli i ragazzi parlano e si muovono come i personaggi di Gomorra è un fatto preoccupante». E poi ancora: «Il Padrino è un film capolavoro sul piano artistico, ma è stato per milioni di persone uno spartiacqua nell’approccio alla conoscenza delle mafie». Così il procuratore della Dda di Catanzaro Nicola Gratteri, ospite ieri sera di un’iniziativa pubblica a Caulonia Marina, ha presentato il ultimo lavoro scritto a quattro mani con Antonio Nicaso dal titolo “L’inganno della mafia”. «La gente – ha spiegato il magistrato – ha pensato che quella fosse una mafia buona che amministra la giustizia al punto da provare nostalgia per quel tipo di mafia rispetto a quella degli anni ’90. Si tratta di una mafia mai esistita». Dialogando con la giornalista e scrittrice Paola Bottero e con Antonio Nicaso in collegamento dal Canada, Gratteri ha mosso una precisa accusa che, a partire dall’esperienza delle inchieste e dei casi affrontati, come dagli studi e dalle analisi storiche e criminologiche, ripercorre storia e vie della “mitizzazione” della criminalità. «Fenomeni così diffusi nel tessuto sociale – ha osservato Nicaso – possono essere combattuti solo con un’alleanza culturale che includa tutti gli italiani partendo dall’educazione alla legalità, al senso civico, alla difesa della nostra convivenza. Quello che deve essere messo in discussione – ha proseguito – è la rappresentazione romanzata delle mafie. Dobbiamo raccontarle per quelle che sono, non bisogna far apparire i mafiosi simpatici e generosi. I mafiosi sono sempre stati sanguinari e legati a logiche di potere. Le mafie senza rapporto con il potere non avrebbero fatto strada». Dal “Padrino” a “Gomorra”, da “Quei bravi ragazzi” a “Romanzo criminale”. Per Gratteri e Nicaso il rischio che il boss diventi un eroe e l’illegalità una “carriera” è favorito spesso da una narrazione che mette in primo piano i protagonisti di camorra o ‘ndrangheta, omettendo come possono essere combattuti o dimenticando chi lotta con coraggio per affermare la giustizia. «Ma lasciare che si radichi lo stereotipo di una piovra invincibile – concludono i due – dotata di rapporti privilegiati con le istituzioni e capace continuamente di riadattarsi, significa indebolire un’azione di contrasto, in realtà sempre più stringente, che porta non di rado alla cattura e alla condanna dei boss».