RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Tante sono le storie che quotidianamente affrontano il tema della migrazione, molte delle quali ci raccontano di uno stereotipo che sembra consolidarsi sempre più, con il migrante visto come invasore, nemico, violento e fannullone.
La storia che raccontiamo ora è diversa e ci ricorda di quella umanità e di quella solidarietà che continuiamo a negare.
“Domenica pomeriggio, erano circa le 15:30, ero sul lungomare di Marina di Gioiosa Ionica. All’improvviso ho sentito una bambina piangere e gridare aiuto e poi ho visto una testa uscire dal mare, era un bambino; quando ho capito cosa stava succedendo ho buttato via tutto, zaino e cellulare, e mi sono subito buttato in acqua. Per tre volte ho provato a prendere la mano del bambino, ma non ci riuscivo, le onde erano troppo forti e mi riportavano verso la riva. Allora ho provato ancora una volta e finalmente sono riuscito a toccare il bambino, ad afferrare la sua mano e a riportarlo verso la riva. Il bambino aveva tanta paura, piangeva. Io gli ho detto stai tranquillo, non piangere, ora sei salvo. Il bambino poi si è calmato, ma a me girava la testa. Appena ho visto il bambino non ho pensato a niente, poi quando ho capito che era salvo ho ringraziato Dio e mi è salita tutta la paura e la stanchezza. Ma ora io sono contento, perché adesso questo bambino è come nato per la seconda volta. Ho pensato che forse per questo la vita non mi ha portato a Gioiosa”.
Questo racconta Ahmed Ripon, 18 anni. Ripon è arrivato in Italia dal Bangladesh circa un anno fa, su uno dei tanti barconi che approdano sulle nostre coste e dopo essere stato accolto in un centro per Minori Stranieri Non Accompagnati, è arrivato a Gioiosa Ionica, come richiedente asilo, ospite del Progetto di accoglienza aderente alla Rete SPRAR, di cui è titolare il Comune di Gioiosa Ionica e gestito dalla Rete dei Comuni Solidali.
“Siamo grati a Ripon – ci dice la mamma del bambino – anche io ero lì, ho provato ad andare incontro a mio figlio, ma le onde mi riportavano sempre a riva. Se non ci fosse stato lui, ma non ci voglio pensare. Ripon è stato il nostro angelo, è come se mio figlio avesse avuto una seconda possibilità, credo davvero che se fossero passati solo altri pochi secondi forse il mio bambino non ce l’avrebbe fatta. Ripon potrà sempre contare su di noi. Ora, con mio figlio, sono diventati grandi amici e noi gli saremo per sempre grati”.
Ripon ha sfidato ancora una volta quel mare che già una volta lo aveva terrorizzato. “Per me – dice – il mare, che mi faceva tanta paura, è stato una strada verso una nuova opportunità, una nuova vita, è strano, ma ha fatto lo stesso con quel bambino”.
Una storia a lieto fine. Ma non è solo questo. E’ una di quelle storie semplici che ci dovrebbero permettere di provare ad andare oltre. Oltre un confine geografico, oltre un colore di pelle, oltre il mero e banale pregiudizio. E’ una storia di umanità. Di cuore e coraggio, di speranza e nuove opportunità. Tutto quello che dovremmo tener vivo ogni giorno della nostra vita.