di Gianluca Albanese
LOCRI – «Una definizione di resilienza potrebbe coincidere con quella di utilizzo ideale di quello che si ha. Il testo più importante che esprime questo concetto è “Laudato sì” di Papa Francesco, perché invita a ripartire dal senso etico nei confronti delle generazioni future e a rispettare il suolo, origine della natura e della vita. L’importante è fare rete, condividere, sulla scorta delle tante esperienze positive descritte nel libro, e #locri2018 è un esempio di resilienza applicata a un programma per la pubblica amministrazione».
Il docente universitario e “city designer” Piero Pelizzaro ha concluso così la presentazione del libro scritto a quattro mani con Pietro Mezzi intitolato “La città resiliente. Strategie e azioni di resilienza urbana in Italia e nel mondo” (2017, Altraeconomia) che ha avuto luogo ieri pomeriggio a palazzo della Cultura di Locri.
Introdotto dal leader del movimento #locri2018 Antonio Guerrieri, Pelizzaro ha spiegato in premessa che «Resilienza è la capacità di un individuo o di una comunità di reagire a un determinato evento. La si può considerare sia dal punto di vista fisico, come fanno gli ingegneri, che psicologico».
Dalla definizione di base di questo concetto assai in voga nella società del XXI secolo, l’autore è passato, con eloquio sciolto e brillante, ad accennare ad alcune storie di ordinaria resilienza narrate nel libro, dalla raccolta differenziata dei rifiuti praticata nel comune siculo di Castelbuono grazie all’ausilio di ragazzi in cura al centro di igiene mentale (che così vengono reinseriti nella società) e con l’utilizzo degli asini, al giovane pizzaiolo salernitano che dopo un paio di intimidazioni da parte della camorra, è ripartito collaborando con Slow Food e l’Università di Napoli in un progetto che prevede l’utilizzo di ingredienti da agricoltura tradizionale biologica e prezzi popolari tanto che la clientela è triplicata.
Ma le storie di resilienza toccano anche il Nord delle località sciistiche, reinventate per un turismo con connessione costante a internet anche nelle zone più impervie per non perdere il contatto con la popolazione nemmeno quando la neve scarseggia, o con la coltivazione di frutta esotica a chilometro zero sfruttando i cambiamenti climatici che rendono il nostro clima non più dissimile da quello tropicale.
«L’unico settore in crescita dell’occupazione giovanile – ha detto Pelizzaro – è l’agricoltura e anche nel disegnare gli spazi urbani bisognerà sempre di più dare spazio al verde, sia come luogo di aggregazione che di contenimento delle piogge nei fenomeni temporaleschi così frequenti. Bisogna trasformare le emergenze in opportunità, e l’Italia dei nostri padri e nonni l’ha sempre fatto: un esempio lampante è quello del sindaco di Riace Lucano che ha trasformato in positivo l’accoglienza dei rifugiati politici. Recuperare lo spirito di resilienza -ha detto – non è compito né della politica e né dell’economia, ma dei cittadini e quando si va a votare bisogna stare molto attenti a chi si darà il mandato di governare una comunità».
E se Antonio Guerrieri auspica «Una Locride più connessa al resto del mondo, perché considerarsi sempre troppo periferici può indurre, sbagliando, a sentirsi al centro dell’universo», non sono mancati gli interventi, da quello della sociologa Cesira Gemelli a quello della psicologa e insegnante di Filosofia Francesca Tomasello, che hanno parlato di alcune esperienze di razionalizzazione delle risorse nei rispettivi ambiti di competenza, mentre Francesco Emanuele Capogreco, laureato in Economia, ha chiesto se la realizzazione di una vera resilienza dipendesse da una corretta allocazione delle risorse o, piuttosto, la capacità di fare quello che si può con quello che si ha, ottenendo una chiara risposta dall’autore, che poi si è trattenuto con i numerosi estimatori ai quali ha firmato le copie del libro appena acquistate.