di Domenica Bumbaca
LOCRI – Si regge a stento Maria Pia, una bambina di 14 anni diversamente abile a cui è stata provocata durante il parto naturale una asfissia perinatale con emorragia celebrale con conseguente cerebropatia con ritardo cognitivo epilessia di tipo tetraplegico.
Oggi va a scuola, passeggia nella sedia a rotelle, non può correre tra i campi, non può mangiare da sola le sue adorate patatine e colorare i suoi disegni senza che qualcuno la aiuti. Ho trascorso tante ore con la bimba e con la sua famiglia, umiltà e sacrificio li contraddistingue. Siamo a casa loro e mentre Maria Pia, ti accarezza la mano, perché di sensibilità e amore ne ha da vendere, i genitori raccontano la loro via Crucis. Il 26 novembre del 1999 è cambiata la nostra vita. Non finiamo mai di ringraziare il Signore per averci donato la nostra bimba. Sappiamo che non è come gli altri, ma per noi è speciale. Dobbiamo solo impegnarci un po’ di più per assistere ora per ora nostra figlia. Pina ricorda bene quella mattina alle ore 4, quando si recò in ospedale a Locri, sofferente e le fu omesso di praticarle un parto cesareo, aspettando, invece, di effettuare il parto naturale alle 8,15, nonostante ci fossero segnali che indicassero una grave sofferenza fetale poi confermata al momento della nascita. «Il dolore è stato tanto – dice la mamma- non ho avuto nemmeno il tempo di gioire per l’arrivo della mia prima figlia femmina, perché subito trasportata e ricoverata d’urgenza all’ospedale di Reggio Calabria». “Il nostro- dicono- è un caso dichiarato di malasanità, riconosciuto con una sentenza ma ancora oggi non risarcito. Nessuna motivazione, solo la mancanza di reperibilità dei fondi, non ci sarebbero i soldi dell’Asp in banca”. Tutto è accaduto nel reparto di ostetricia e ginecologia dell’ospedale civile di Locri Asl 9, oggi Asp 5 di Reggio Calabria, nell’inverno del 1999, con conseguenze gravi che a distanza di lunghi anni, dopo la denuncia dei familiari, trova la soluzione, almeno giuridicamente, in un risarcimento alla famiglia. Un risarcimento, però, a distanza di due anni, ancora non percepito. Oggi, dopo che il Tribunale civile di Locri ha emesso la sentenza, riconoscendo colpevoli e dichiarando la responsabilità professionale del medico ginecologo di turno e dell’ostetrica e condannandoli in via solidale, oltre la condanna all’Asp 5 (ex Asl), il signor Bruzzese, padre di Maria Pia, deve doppiamente lottare. Si lotta con i mulini a vento, perché non solo la trafila burocratica ha impiegato 10 anni dal momento del primo provvedimento, ma addirittura il risarcimento, ad oggi, non c’è mai stato. Ci sarebbe ostruzionismo da parte dell’azienda ospedaliera e dall’altra parte, la banca non avrebbe i soldi. Andando ai fatti, il giudice civile Tagliamonte, in base ad accurate perizie, testimonianze dei fatti, cartelli cliniche redatte, ha ritenuto che ci siano state delle responsabilità da parte del personale sanitario dell’ospedale di contrada Verga, nelle fasi imminenti al parto, accogliendo la tesi dei familiari e stabilendo, così, l’entità del risarcimento a favore della bimba e della famiglia. La sentenza, immediatamente esecutiva, è stata emessa a ottobre 2011 ma nonostante i vari solleciti l’azienda sanitaria non ha pagato quanto stabilito. L’avvocato e la famiglia hanno stanno avviando le pratiche per il pignoramento nei confronti dell’azienda e dei medici, ritenuti colpevoli, per ottenere il risarcimento. L’avvocato Roberto Abbruzzese, difensore della famiglia Bruzzese, parla di un evidente ostruzionismo da parte dell’Asl, di inoperosità dello Stato e di diritti negati. «Viviamo giornalmente facendo sacrifici – chiosa il padre della minore- non lavoriamo io e mia moglie, la bambina deve continuamente sostenere lunghe e costose terapie riabilitative necessarie per la sua stessa esistenza. Chiediamo solo che venga eseguita la sentenza, perché, è assurdo, ricevere l’ennesimo danno, non possiamo tollerare che ci venga detto che la Banca non ha soldi”.
È il momento di andar via la piccola ti saluta con un abbraccio e in te rimane solo la triste consapevolezza che la vita è dura, ma la realtà è spesso beffarda. Impotente, così ti senti, non resta che augarle ogni bene, per il suo futuro e quello dei suoi familiari. Un futuro che la vedrà, comunque, sempre in carrozzella, più crescerà più avrà problemi, ma il suo cuore sarà sempre più grande di amare e colmare il dolore di una madre e di un padre che ormai vivono in funzione di lei.