di Gianluca Albanese (ph. e video di Enzo Lacopo)
ROCCELLA IONICA – La legge che disciplina lo scioglimento dei consigli comunali e degli altri enti pubblici per infiltrazioni mafiose, può e dev’essere modificata, attraverso un impegno preciso in tal senso che la deputazione calabrese in primis dovrà assumere in Parlamento dopo aver sentito le richieste e le osservazioni dei sindaci.
E’ questa, la sintesi, per la verità un po’ forzata, alla quale è giunto il moderatore (per la verità molto parziale) della tavola rotonda che ha avuto luogo nella sala riunioni dell’ex Convento dei Minimi. Ci riferiamo al vicesindaco Sisinio Zito, uno che quando gioca in casa sa sfruttare bene il fattore campo. Il compito di moderare i lavori gli viene conferito, a inizio seduta, dal presidente dell’assemblea di AssoComuni Giorgio Imperitura e Zito impone subito tempi contingentati per gli interventi dei relatori e, a precisa richiesta dell’avvocato Geppo Femia (ex assessore comunale della giunta di Marina di Gioiosa il cui Consiglio è stato sciolto per infiltrazioni mafiose), che chiede se c’è la possibilità di intervenire, risponde seccamente di no, visto che si tratta di una tavola rotonda e che il convegno con gli interventi del pubblico è rimandato ad un’altra occasione. «Come un talk show», è il commento al vetriolo di Femia. Ma tant’è.
Nella sala, spiccano la temperatura polare dovuta a un’aria condizionata ancora regolata in modo tale da fronteggiare la canicola estiva, e due assenze di rilievo: quelle del deputato Ernesto Magorno e del presidente della giunta regionale calabrese Giuseppe Scopelliti, ambedue giustificate da importanti impegni istituzionali.
Il saluto iniziale tocca al primo cittadino di Roccella Giuseppe Certomà. «Noi sindaci – ha esordito – non possiamo fare finta di nulla. Prima di pensare a modificare il testo è necessario approfondire la normativa e poi formulare le nostre proposte».
Segue a ruota Giorgio Imperitura, che dopo aver ribadito che i sindaci stessi sono lo Stato, aggiunge che «Chiediamo che la legge punisca gli amministratori quando ci sono vere responsabilità ma che li protegga quando operano bene. A che servono – si chiede – gli scioglimenti quando poi i sindaci si ricandidano?». Il presidente dell’assemblea di AssoComuni ritiene inoltre che le commissioni straordinarie nei Comuni rappresentino un costo elevato e che si dovrebbe vietare il cumulo degli incarichi per i commissari.
Temi ribaditi dal presidente del comitato esecutivo di AssoComuni Giuseppe Strangio che, avvocato di professione, ha aggiunto alcuni rilievi tecnici. «Nel procedimento amministrativo – ha detto – si parla di “misura di prevenzione sociale” dello scioglimento. Davanti al TAR del Lazio l’avvocatura sostiene che si tratta di un provvedimento politico. Poi il TAR ha rigettato la tesi. Di certo non consente agli amministratori di interloquire con la commissione, nemmeno al segretario comunale. La legge subì parecchie critiche. In due occasioni i provvedimenti di scioglimento furono rigettati. Bisognerebbe introdurre nel procedimento un momento di incontro tra amministratori e commissione d’accesso prima della relazione. Poi andrebbe istituito l’albo dei commissari. Quindi – ha aggiunto – andrebbe introdotto un meccanismo di legittimità degli atti come faceva una volta il Coreco. Si potrebbe attuare anche un turn over dei dirigenti. Una volta concluso il procedimento bisogna allontanare definitivamente i responsabili degli atti dalla politica».
Osservazioni di natura tecnica, dunque, che poi ricorreranno negli interventi dei quattro relatori principali.
Ma se parliamo di aspetti tecnici del tema, una considerazione di particolare rilievo è quella del coordinatore di Coim Idea Arturo Bianco, che ha riassunto, in nuce, i lavori della mattinata, illustrati nel comunicato stampa pubblicato da Lente Locale a ora di pranzo e che sono stati così compendiati. «Le conclusioni – ha detto – sono a monte e a valle degli interventi di Imperitura e Strangio. Cerchiamo di massimizzare gli effetti positivi degli scioglimenti e minimizzare quelli negativi. La normativa esistente (specie quella più recente) va sfruttata al meglio. Anti corruzione, trasparenza, codice di comportamento dei dipendenti, ecc. sono strumenti che permettono di fare una radiografia attenta dell’attività dell’ente. Abbiamo rilevato che i Comuni stanno reagendo bene alle nuove disposizioni, in ordine ai vincoli sulla trasparenza. Puntiamo a una maggiore professionalizzazione dei componenti della commissione straordinaria che nei piccoli comuni può essere organo monocratico. Di solito un Comune che viene sciolto per mafia non riesce a garantire i servizi sociali e il commissariamento arriva a valle di una situazione di scarso funzionamento. Accanto allo scioglimento – ha aggiunto – ci vogliono iniziative concrete e operative magari potenziando la struttura burocratica se serve. Occorre che in questi comuni ci sia un segretario a tempo pieno e funzionari particolarmente preparati. Ci vogliono infrastrutture più che opere pubbliche. Altrimenti – ha concluso – lo scioglimento corre il rischio di essere inutile».
Fin qui le premesse. Quindi, Zito pone tre opzioni ai quattro relatori principali, invitandoli a esprimersi con chiarezza al fine di fare capire se sono, rispettivamente, per la “rottamazione” dell’attuale normativa (opzione 1), per la obbligatorietà della legge in vigore in modo tale che venga applicata anche in maniera più aspra (opzione 2); per la modifica radicale di uno strumento normativo come la legge attuale (opzione 3). Insomma, una sorta di “1X2” da schedina del Totocalcio con l’opzione 3 che, così come viene preventivamente formulata ha già le sembianze di una sintesi del tipo “in media stat virtus”.
I RELATORI PRINCIPALI
Nico D’Ascola è senatore, avvocato e docente universitario. Si esprime subito con grande chiarezza. «Sono – ha premesso – per la terza soluzione: normativa da conservare ma da modificare radicalmente. Lo posso dimostrare in punto di diritto. Il primo limite e’ quello della procedura che non è giurisdizionalizzata ma è del tutto amministrativa. Quindi non è di garanzia. Manca la valutazione sulla effettiva sussistenza dei motivi che determinano lo scioglimento. Come si dimostra il condizionamento dell’agire amministrativo? L’evocazione della ‘ndrangheta sembra una giustificazione generalizzata influenzata dall’automatismo che promana dall’appartenenza territoriale. La norma funziona come predittiva da parte degli organi deputati allo scioglimento come se dovessero prevedere il futuro. Per loro se c’è il rischio di condizionamento lo scioglimento è una misura preventiva. Il convincimento avviene in maniera unilaterale e senza contraddittorio. Manca una soglia probatoria. Qual è il livello probatorio minimo per dimostrare l’esistenza dei condizionamenti? Valutazioni politiche sullo scioglimento dei comuni non ci possono essere e questo va detto chiaramente. Non si può pensare – ha concluso – che lo scioglimento è un favore alla comunità del paese interessato».
Luigi De Sena, ex senatore e soprattutto ex prefetto di Reggio Calabria con poteri speciali viene iscritto “d’ufficio” all’opzione 3 dal “moderatore” Zito. «La norma – ha detto De Sena – deve essere abrogata e riscritta ex novo. L’esito degli scioglimenti fatti quando ero prefetto è negativo specie in rapporto al calcolo costi-benefici. Si sono spesi un sacco di soldi con risultati inesistenti. Io ritenni necessario l’accesso propositivo e preventivo coinvolgendo i sindaci ed è stata una misura che ha dato buoni frutti. Ripristinare il controllo sugli atti sarebbe uno strumento più che necessario per garantire gli amministratori sulla legittimità dei loro atti. La repressione – ha concluso De Sena – non è sufficiente per annientare la ndrangheta».
Mario Tassone, ex senatore e tra i primi firmatari della legge Lazzati (che per la verità non ha menzionato) è sulla stessa lunghezza d’onda: «Oggi – ha detto – fare il sindaco più che un rischio è un sacrificio. Ho già tentato di modificare la normativa. Non si possono sciogliere i comuni per un sospetto. La criminalità esiste ma emerge l’inanità degli sforzi di chi scioglie i comuni».
A questo punto, manca solo un tassello affinché Zito e i sostenitori della profonda revisione dell’attuale normativa possano fare l’en plein. Ma è lo “scoglio”, più difficile per loro, ovvero il procuratore della Repubblica di Catanzaro Vincenzo Lombardo (nel fotino in home page), che fa subito capire di ritenere idoneo, dal suo punto di vista, l’attuale strumento normativo. «Ci troviamo – ha subito evidenziato – di fronte a una legge che ha voluto il Parlamento. Si è discusso parecchie volte di modifica del testo e solo nel 2009 si sono aggiunti gli aggettivi “concreti, significativi e rilevanti indizi” al testo originale. La stessa Consulta la dichiarò costituzionale. Il problema dello scioglimento non riguarda solo la Locride. Tocca tutta l’Italia. La valutazione va fatta riguardo l’aumento o la diminuzione delle infiltrazioni mafiose. Non è vero – ha spiegato Lombardo – che bastano collegamenti o infiltrazioni ma ci vuole una disfunzione della macchina amministrativa. Come ad esempio sulle società partecipate. Non è vero che il procedimento può essere giurisdizionalizzato e tutti i sindaci che hanno chiesto di essere auditi sono stati sentiti. L’azione penale è una cosa; quest’iter procedimentale di natura amministrativa è un’altra. Anche le omissioni sono rilevanti, tipo la mancata riscossione dei tributi dalle famiglie mafiose. Quando si scioglie un Comune si accerta che esso non è in grado di funzionare, non si cercano responsabilità singole per ricercare le quali ci sono altri strumenti come la rimozione. Va rivelata l’univocita’ e la rilevanza delle cause che determinano la disfunzione amministrativa. Gli accessi agli atti sono utili e non sempre si sciolgono i comuni. Parlano di sospensione della democrazia, ma poi – ha evidenziato il Procuratore – quando la ‘ndrangheta condiziona il voto impedendone il libero esercizio, allora, non è sospensione peggiore della democrazia? Il bene da proteggere – ha ribadito – è la funzionalità della pubblica amministrazione».
LA CONTA
Appare evidente il 3-1 a favore della “mozione” Zito. Una mancata univocità che induce il vicesindaco di Roccella a sperimentare, in corso d’opera, il “doppio turno” – alla francese? – concedendo un altro giro ai relatori, anche a costo di sforare l’orario preventivato di chiusura dei lavori.
IL “DOPPIO TURNO” DI DISCUSSIONE
Per D’Ascola «La sentenza della Corte Costituzionale dice che lo scioglimento ha una sua peculiarità e sfugge dalle regole generali del diritto e la semplice audizione degli amministratori non può essere paragonata al contraddittorio. Poi come si fa a dimostrare il collegamento con la mafia se questo non emerge dalle posizioni processuali dei singoli?».
Imperitura ritiene «Giusto adottare il metodo De Sena. Poi la mafia non è solo nei Comuni ma penetra in tutti i gangli dello stato proprio per la sua invasivita’. E allora che facciamo – si è chiesto il sindaco di Martone – sciogliamo tutto?»
Per De Sena: «La lotta alla mafia non si misura coi Consigli sciolti o coi beni sequestrati e poi dissequestrati. Poi la politica non deve essere autoreferenziale ma capace di fare norme correttamente applicabili in quanto semplici».
Tassone rilancia: «Chi mi garantisce che uno delle forze dell’ordine non va d’accordo con chi amministra e vuole accanirsi contro di loro? Poi chi controlla l’operato dei commissari?».
Insomma, i relatori “pro proposta Zito” alzano l’asticella, rimanendo delle loro convinzioni. Il quarto, a differenza degli altri, non è un politico, non è un senatore, non ricopre una carica elettiva. Fa il magistrato, il procuratore della Repubblica, per la precisione. E allora rimarca, nell’intervento finale, la differenza di ruolo e di appartenenza a diversi poteri dello Stato, tra loro indipendenti, almeno in una situazione normale»
«Le leggi – ha detto Lombardo – le fa il parlamento. Se non vi sta bene la cambiate. A noi tocca solo applicarle. Dallo scioglimento non nasce obbligatoriamente l’azione penale perché sono due cose diverse». Prima della sintesi – lo ripetiamo, un po’ forzata di Zito – Lombardo ha il tempo di lasciare intendere la sua contrarietà alla proposta di introdurre la responsabilità civile dei magistrati.
Ora, toccherà ai sindaci e ai parlamentari calabresi proseguire – se lo riterranno opportuno – il lavoro che con la tavola rotonda di oggi ha vissuto solo un momento immediatamente successivo a una discussione avviata lo scorso mese di maggio in sede di comitato esecutivo di AssoComuni.
A questo proposito, vale la pena rileggere il pezzo relativo a una trasmissione televisiva della scorsa estate, in cui emersero, a nostro modesto avviso, i prodromi del taglio dato all’odierna tavola rotonda:
Questo, invece, è un filmato con interviste e alcuni tra i passaggi più significativi della tavola rotonda realizzato dal nostro Enzo Lacopo
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