di DDA Reggio Calabria
A conclusione di complesse ed articolate indagini, coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di questa Procura della Repubblica, alle prime ore della mattinata odierna, la Squadra Mobile di Reggio Calabria ha dato esecuzione all’ordinanza di custodia cautelare in carcere n. 1157/18 RGNR DDA – 787/1 RGIP DDA – 17/18 ROCC DDA emessa, in data 19.03.2018, dal G.I.P. presso il locale Tribunale, nei confronti del pregiudicato LABATE Antonino classe 1950, elemento di vertice dell’omonima cosca di ‘ndrangheta, intesa anche “Ti Mangiu”, operante nel quartiere Gebbione della zona sud della città di Reggio Calabria.
Il LABATE è accusato di plurimo tentato omicidio aggravato, per aver tentato di uccidere, in data 27 febbraio u.s., sei cittadini di origine rumena, tra cui due minori in tenerissima età, appiccando fuoco ad un’abitazione fatiscente in cui erano presenti gli stessi, dopo aver rivolto la minaccia di “bruciarli vivi” ad una rumena di 46 anni che aveva occupato abusivamente la struttura, nella quale stava momentaneamente ospitando i suoi connazionali.
Gli occupanti dell’abitazione si erano messi in salvo trovando una via di scampo nella parte retrostante dell’immobile quando le fiamme erano già divampate sulla porta dell’abitazione, dando vita ad un incendio che veniva successivamente domato dai Vigili del Fuoco, prontamente accorsi sul luogo del delitto a seguito dell’allarme.
Dall’attività investigativa svolta dai poliziotti della Squadra Mobile è emerso che il movente del grave episodio delittuoso – che, com’è di tutta evidenza, poteva avere conseguenze anche letali – è da ricondurre a futili motivi legati all’abbandono di alcuni sacchetti della spazzatura da parte della donna rumena accanto all’ingresso di un podere del LABATE.
LABATE Antonino è ritenuto altresì responsabile del delitto di incendio doloso perché, al fine di commettere il reato di tentato omicidio plurimo dei cittadini rumeni, utilizzando benzina, aveva dato alle fiamme l’abitazione in cui si trovavano gli stessi.
I delitti risultano aggravati dalla circostanza di cui all’art. 7 L. 203/91, perché sono stati commessi al fine di agevolare l’attività dell’associazione mafiosa denominata cosca LABATE, avvalendosi della forza di intimidazione del vincolo associativo del clan operante nel quartiere Gebbione e della condizione di assoggettamento ed omertà che ne deriva.
La cosca LABATE esercita il dominio mafioso nella zona sud della città di Reggio Calabria delimitata a nord dal torrente Calopinace ed a sud dal torrente Sant’Agata. La conferma della sussistenza e dell’operatività della cosca è stata documentata in diverse indagini, coordinate da questa Direzione Distrettuale Antimafia, tra le quali merita un cenno particolare quella passata alle cronache giudiziarie come operazione “Olimpia”, che ha dato vita al noto processo, al termine del quale veniva confermata l’operatività della cosca esercitata, per molti anni, sotto la posizione dominante del carismatico capo storico ed indiscusso, LABATE Pietro classe 1951, attualmente detenuto, fratello di LABATE Antonino.
I fatti in contestazione risalgono al tardo pomeriggio del 27 febbraio u.s. quando, personale della Sezione Volanti della Questura interveniva in una via della zona sud di Reggio Calabria, a seguito di una segnalazione di un incendio in abitazione. Circa la dinamica dell’azione delittuosa, nel corso dei primi accertamenti svolti dagli investigatori della Squadra Mobile, dai tecnici del Gabinetto Regionale di Polizia Scientifica, con l’ausilio dei Vigili del Fuoco, si apprendeva che ignoti avevano cosparso di benzina l’androne dell’abitazione occupata abusivamente, da circa un mese, da una donna di nazionalità rumena, dando successivamente fuoco. All’interno dell’abitazione, assieme alla donna, erano presenti altri cinque connazionali, di cui due bambini in tenerissima età che fortunatamente rimanevano illesi.
Le indagini condotte dagli investigatori della Polizia di Stato di Reggio Calabria, supportate dall’acquisizione di alcune immagini riprese dai sistemi di video sorveglianza, consentivano di accertare che ad ideare e ad eseguire materialmente il delitto, per futili motivi, era stato LABATE Antonino classe 1950, elemento di spicco della cosca che porta il suo nome, operante nella zona sud della città.
I motivi dell’azione delittuosa sono riconducibili a un diverbio, avvenuto nella stessa mattinata del 27 febbraio scorso, tra il LABATE e una donna romena contro la quale il predetto aveva inveito perché costei aveva abbandonato alcuni sacchetti di immondizia di fronte al cancello di ingresso al terreno di sua proprietà
Durante la discussione il LABATE colpiva più volte, con un bastone, la mano della donna, minacciando che li avrebbe “bruciati vivi”.
Nel pomeriggio, il LABATE riempiva di benzina un bidone di plastica presso un distributore di carburanti della zona, dopodiché si recava presso l’abitazione della rumena per appiccare l’incendio.
Al termine delle formalità di rito, LABATE Antonino veniva condotto presso la Casa Circondariale di Reggio Calabria a disposizione dell’Autorità Giudiziaria.