DI SEGUITO LA REPLICA DELLA DOCENTE DANIELA FERRARO ALLA COLLEGA SILVIA GRASSO
Cara Silvia Grasso, peraltro componente del Consiglio di classe e non d’Istituto (come erroneamente riportato nell’articolo qui in precedenza pubblicato) e quindi portavoce solo di esso (o, meglio, di alcuni dei suoi componenti e di altri colleghi all’oscuro dei fatti realmente successi al suono della vostra unica campana o preoccupati, e solo, di possibili risvolti negativi per la nostra scuola causa la pubblicizzazione dell’accaduto), la tua pubblicazione è comunque fortemente illuminante su quello che, nel rispetto (nonostante) del Consiglio di Classe, avevo semplicemente riportato nel mio personale sfogo sul web come “mancanza di solidarietà” con “provvedimenti minimi” nei confronti degli allievi coinvolti.
“Occorre sempre ponderare parole e azioni non abbassandosi alla stregua degli alunni provocando reazioni che possono influire sull’indole dei giovani ancora acerbi” (Hai scritto su di me). Hai molto ben sintetizzato, in tal modo, la situazione nella quale mi sono trovata all’interno dei lavori del Consiglio quando alcuni docenti hanno dimostrato di credere (o meglio “di voler credere”) alla falsificazione dei fatti presentata dai due allievi in oggetto piuttosto che a quanto da me scritto e riferito anche oralmente.
E questo già dovrebbe portare voi (e non me) a quell’attenta autocritica cui fai riferimento e, principalmente, ad attenta meditazione sulle parole su riportate che, seppure nell’ambito di una tua valutazione del tutto parziale e gratuita, non possono non risuonare come offesa infamante alla seria professionalità, alla preparazione e al sacrificio di un’insegnante sempre presente sul posto di lavoro e che, con le dovute parole e, all’occorrenza, con i normali mezzi messi a disposizione dall’Ente scolastico, lavora da molti anni più di te sull’attento recupero degli allievi “difficili”.
Vedo che hai anche riportato qualche nozione di didattica appresa nel corso della tua attività di scoutismo (Don Milani, Powel), senz’altro utile ed interessante per te dal momento che non hai una laurea in lettere classiche (che presuppone un’adeguata ed approfondita conoscenza della saggezza latina e greca, specie nei rapporti interpersonali e che rifiuta ogni forma di violenza sia fisica che verbale), né hai sostenuto, vincendo il primo e ottenendo un’ottima classificazione nel secondo, due concorsi a cattedra basati entrambi anche su un’accurata conoscenza della psicologia dell’età evolutiva e della didattica dell’insegnamento, né hai al tuo attivo eguale, voluminoso numero di anni d’insegnamento nell’ambito della scuola media prima, delle scuole superiori poi. Ma dicevano giustamente gli antichi saggi che “Chi meno sa, è quello che più crede di sapere”.
Ti consiglierei, comunque, di aggiornare un po’ le tue conoscenze indirizzandole a pedagoghi un po’ più recenti e dell’area locale piuttosto che fare ancora e solo riferimento a un Don Milani e ad un Powel vissuti nella metà del 1900 ed operanti, rispettivamente, nella realtà tosco-fiorentina e londinese e non in quest’estremo Sud del 2013 afflitto sempre più dalla piaga del fenomeno mafioso che induce, anche solo per devastante “cultura” locale , alla “perfida arroganza” cui ho fatto giustamente allusione in riferimento ai tuoi poveri “giovani ancora acerbi”( maggiorenne l’uno, quasi l’altro) che, SENZA RICEVERE ALCUNA OFFESA DA PARTE MIA ( tranne che tu non voglia chiamare “offesa” una legittima nota sul registro a chi cerca d’impedire lo svolgimento della lezione) mi hanno: aggredita l’uno provocandomi anche lividure che ancora reco all’avambraccio destro, l’altro ingiuriata pesantemente con un “Chiudi sto mussu “mentre spiegavo ai compagni l’erroneità del comportamento del primo (in quanto da loro visto come “normale”) avventandosi poi a me addosso (per fortuna appena trattenuto dagli altri che lo hanno afferrato da tergo) causa la mia osservazione in risposta sul fatto che tali imposizioni (e anche decisamente in tono ben diverso) potrebbero al massimo essere rivolte ad una sorella minore e non di certo ad una signora e sua docente. Ma le tue errate interpretazioni di testi e anche fuor datati ti hanno condotta all’elaborazione di una nuova di didattica peraltro condivisa dal tuo gruppo di amici-colleghi e cioè:
1 “Nel caso di problematiche intercorse tra insegnante e alunno, sempre credere e sostenere la versione del fatto fornita dall’alunno invece che all’insegnante. “ Ne scaturisce il seguente corollario:” Legittimare all’alunno offese ed aggressioni all’insegnante a proprio piacimento in quanto basterà una sua semplice negazione dell’avvenuto (col sostegno di qualche compagno compiacente) per non incorrere nella “dura punizione”(come tu la definisci) dell’allontanamento di almeno una decina di giorni dalla scuola per meditare, con l’appoggio dei genitori e piena disponibilità dell’insegnante in questione a parlarne anche nella Direzione scolastica durante la sospensione, sul personale comportamento offrendo così, al suo ritorno, un humus più disponibile al proseguo dell’azione didattico-educativa così violentemente osteggiata.
2 “Nel caso (e non decisamente il mio) l’insegnante, nell’apporre la nota sul registro, commetta errore sull’addebito della stessa, legittimare (forti attenuanti!) l’allievo anche maggiorenne ad aggredire verbalmente e fisicamente l’insegnante per punirlo dell’errore commesso. “ Ne scaturisce il seguente corollario “Esistono per la Scuola FORME DI VIOLENZA GIUSTIFICABILI e non solo nei confronti di un superiore o di una persona in genere ma anche di una donna.” Insegnamento , questo, che poi gli allievi continueranno ad onorare anche fuori dalla scuola che lo ha così “sapientemente” elargito.
3 “Nel caso di problematiche intercorse tra insegnante e alunno, manifestare al secondo sia con atteggiamenti affettuosi sia pubblicandolo anche su un giornale , personale e aprioristico appoggio contro l’insegnate “cattivo” escludendo qualsiasi conseguente richiesta, da parte di quest’ultimo, di una qualsivoglia solidarietà tra docenti all’interno dell’azione educativa.” Ne conseguono ben nefandi corollari che devo limitarmi solo ad accennare quali, ad esempio, la vanificazione di ogni ulteriore atto sia didattico che educativo da parte dell’insegnante in questione, atti di ricatto, ulteriore e continuo pericolo per la sua persona e i suoi oggetti, ecc. (Cose alle quali mi state serenamente esponendo).
Viene comunque inevitabile la domanda sul come mai, nonostante l’ed.fisica che tu insegni (la più amata dagli allievi per eccellenza in quanto permette loro uscite all’aperto, partecipazione ad attività sportive fuori dalla scuola, ecc, mentre le mie materie letterarie che li costringono a stare solo in mia compagnia, seduti, anche per tre ore di seguito, sono, per eccellenza, le più odiate e le meno accettate nell’ambito di un professionale) io abbia dovuto più volte interrompere le mie lezioni seguite ed apprezzate dalle mie classi quinte ( dopo il passato anno di lavoro condotto su di loro seguendo le mie strategie didattiche) al suono delle tue urla per il cattivo comportamento dei tuoi allievi perfino in palestra, come mai i registri di classe non sono affatto esenti da tue note disciplinari, come mai, ancora, hai più volte richiesto e ottenuto in questi anni sospensioni dalla scuola anche per lungo periodo? E il tuo Don Milani, e il tuo Powel dove finiscono in queste occasioni?
Io sono di certo (come tu hai scritto) “una voce fuori dal (vostro, aggiungo) coro” e le motivazioni che ricercavi su questo forse te le potrebbero ben fornire le centinaia e centinaia di persone ( “un tantino” più di voi), in gran parte docenti residenti in località diverse della Calabria come del resto d’Italia, che mi hanno scritto sul web (bacheca e messaggi personali) esprimendo personali ed affettuose solidarietà ed illustrando similari esperienze da loro vissute. Quello del bullismo, purtroppo, (come avevo ben evidenziato nel mio primo scritto sul web) è una piaga che, seppure con diverse caratteristiche a seconda del suo luogo di espressione, riguarda non solo la nostra scuola, ma moltissime altre sia della Locride che della Calabria che dell’Italia in genere. Il non volerlo denunciare e solo per egoistico timore di far fare “brutta figura alla scuola” o, peggio, perseguire con indegne offese alla sua professionalità riconosciuta da anni e anni di successi sia didattici che educativi il docente che lo fa, è un atto veramente indegno sia a livello individuale che di gruppo all’interno di una struttura scolastica.
Non concludo come te con un altro bel copia/incolla di un detto famoso ad effetto, io non ho bisogno di fumo che nasconda vacuità interiori. Dico solo: Basta con le insulse retoriche, basta con i galletti manzoniani che si beccano tra loro all’interno della comune disgrazia mentre sono avviati alla pentola. Se non ci sono dialogo e reale collaborazione e prima ancora tra docenti che tra questi e gli alunni, non ci sarà più né educazione da impartire, né Scuola, né salvezza per la società futura. E’ davvero il momento di un’accurata autocritica da parte di tutti voi…Cominciate ad operarla!