Nelle intenzioni degli autori, il saggio “Le parole rubate” (2018, Mimesis) scritto a quattro mani da Roberto Gramiccia e Simone Oggionni è un “contro-dizionario” per la Sinistra. Per i lettori di oggi, invece, appare più come un abbecedario, che spiega – qualora ce ne fosse bisogno – che le parole hanno un senso se sono correlate a un’idea, a un concetto. E che la differenza tra sinistra e destra c’è, eccome. Non ce ne vogliano il Ghali di “Cara Italia” e nemmeno il compianto Giorgio Gaber di “Destra-Sinistra” ma la differenza c’è ancora tutta nell’anno del Signore 2018, anche se la vulgata populista e qualunquista sembra prendere il sopravvento, alimentata dalla passiva apparente partecipazione nei social network dei “copia e incolla” e delle “fake news” di un’opinione pubblica pigra, distratta e poco incline all’approfondimento.
“Le parole rubate”, dopo la prefazione di Alberto Olivetti, è un saggio snello e, seppur ricco di riferimenti filosofici e sociologici, di facile comprensione, che traccia una linea tra il troppo “sentito dire” dei nostri e certe verità storiche che non devono essere taciute, magari per far recuperare la passione politica ai cinquantenni disillusi, o per spiegare agli adolescenti di oggi che essere contemporanei non può e non deve significare accettazione del valore salvifico ed escatologico del mercato, e che ha ancora un senso la passione politica e la militanza che ne è la più stretta conseguenza, rifiutando la logica perversa dell’uomo solo al comando e degli “uomini della provvidenza” di qualsiasi colore.
Le parole del “contro-dizionario” – noi preferiamo definirlo ancora abbecedario – vanno dalla “A” di amore, come base della solidarietà umana, alla “U” di utopia, vissuta come necessità storica di tentare l’impossibile per ottenere le grandi mutazioni che vanno nella direzione di pervenire a una società che sia realmente espressione di donne e uomini liberi e uguali. Concetti che non possono essere solo slogan o sigle di partito.
Il gioco più bello che un lettore che si approccia al libro di Gramiccia e Oggionni può compiere è cercare le parole che non ci sono. Si scoprirà presto che sono comprese nei concetti delle parole che invece sono presenti, come “militanza” che nel libro viene implicitamente sussunta nel concetto di felicità, intesa come lotta collettiva contro le cause dell’infelicità. E allora, vivaddio, si ricomincia a parlare di partito inteso come “intellettuale collettivo”, di comunismo ancora possibile da realizzare attraverso il protagonismo sociale delle masse, lavorando quotidianamente dentro la società e non imponendo le idee di comitati d’avanguardia.
E se guerra dev’essere che sia contro le “armi di distrazione di massa” usate dai potenti nella società moderna, a partire da quella della lotta contro la casta che distrae dal conflitto tra capitale e lavoro, o contro un capitalismo selvaggio che se non si correggerà sarà impossibile salvaguardare le persone e l’ambiente o contro le “guerre preventive” per “esportare la democrazia”, concepite e realizzate in realtà per venire incontro ai desiderata dei produttori di armi.
Un libro, “Le parole rubate” grazie al quale qualcuno ricorderà che il concetto di riforma deve tornare a essere quello di innovazione migliorativa delle condizioni della società e non semplice cosmesi legislativa, e che per rivalutare il concetto di Stato bisogna partire dalle fondamenta dettate in maniera chiara e inequivocabile dalla nostra Costituzione.
E che, lo ripetiamo, la parole non sono divisibili dalle idee.
Se ne discuterà nella biblioteca comunale di Siderno sabato 28 aprile alle 18, nell’ambito della rassegna organizzata dal Comune insieme all’associazione Amici del Libro e della Biblioteca, con la partecipazione dello spazio culturale “MAG. La ladra di libri” e con la libreria “Calliope-Mondadori bookstore”.
Gianluca Albanese dialogherà con l’autore.
Un’occasione da non perdere, per rinfrescare la memoria storica ai rassegnati e per riscoprire l’orgoglio di appartenenza a una parte politica che non merita quel viatico verso l’estinzione che qualcuno vorrebbe già scritto.