di Natale Amato
L’Aspromonte, con le sue forre e cavità imperscrutabili e le sue pareti a strapiombo, si presta spesso a delle narrazioni fantasiose, sovente ricorrenti tra gli abitanti di questi luoghi dimenticati dal tempo. E’ il caso del Vallone del Diavolo a Canolo, la cui toponomastica farebbe pensare ad un girone infernale, oppure ad un luogo oscuro, dove dei satiri in combutta con delle allegre ninfe si prenderebbero gioco del malcapitato viandante. Invece, basta percorrerlo, per capire che l’origine diabolica del nome di questo bel vallone, sicuramente deriva da un eccezionale fenomeno naturale, il carsismo. Infatti ad un certo punto, l’acqua presente sul corso del torrente magicamente scompare, per poi riapparire come per incanto, in una pozza di verde smeraldo nel tratto in cui il vallone si immette nel Novito. Tale fenomeno è dovuto alla spiccata permeabilità delle rocce calcaree presenti a Canolo, che, in relazione alla temperatura, vengono facilmente erose quando incontrano un’acqua particolarmente ricca di anidride carbonica.
Il Vallone del Diavolo parte da località Malivindi- dove il grano coltivato in ordinati terrazzanti, consente alle sorelle Caruso la produzione di un ottimo pane- dopo circa 150 metri di dislivello e 800 di sviluppo, si immette nel più esuberante e tumultuoso Novito, attraverso il quale gli escursionisti arriveranno, tra fragorosi salti d’acqua, al mulino del Ponte della Pietra, punto finale dell’itinerario.
La discesa del Vallone, considerati alcuni tratti da calare in corda doppia, è riservata soltanto ad escursionisti esperti, i quali, nel godere della vista degli strapiombanti bastioni calcarei immersi in una lussureggiante vegetazione, verranno proiettati in una dimensione surreale senza spazio né tempo.