di Gianluca Albanese
SIDERNO – Alcune tra le più significative opere del compianto scultore Giuseppe Correale sono in mostra da oggi, e fino al 31 dicembre, al piano superiore del palazzo municipale.
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Un’occasione unica per vedere da vicino i capolavori di questo artista mai troppo celebrato nella sua città, nella mostra che segue quella realizzata con successo nei mesi scorsi all’ex convento dei Minimi di Roccella Ionica e che dovrà costituire il preludio per simili eventi da tenere nelle principali città d’Italia.
L’idea di allestirla a palazzo di città è dell’omonima associazione culturale costituita poco tempo dopo la sua scomparsa, rappresentata in loco dal figlio Francesco (nella foto insieme ai commissari Pitaro e Cacciola e al presidente della pro loco Santacroce) e che ha incontrato subito il plauso e la disponibilità a supportarla da parte dei vertici comunali, dalla stessa triade commissariale a capo dell’Ente alla responsabile del settore Chiara Stalteri.
Le cinque statue in bronzo, e una in gesso, esposte in Municipio costituiscono un saggio dell’infinita opera dell’artista e vi si possono scorgere alcuni tra i temi essenziali della sua arte creativa. Primo tra tutti quello della maternità, ma anche l’emigrazione, il dolore per la lontananza degli affetti più cari che non sfocia mai in disperazione ma trova consolazione nell’amore, vissuto con gesti di tenerezza e attitudine alla protezione dei figli da parte di queste figure femminili longilinee, apparentemente austere ma capaci comunque di evocare un tempo in cui l’opulenza era un sogno lontano di un vissuto quotidiano fatto di rinunce e in cui gli affetti e le loro espressioni più spontanee riuscivano ad andare oltre gli stenti e le privazioni.
Era la Siderno del dopoguerra, di quel “Cumpari Cola”, personaggio tanto affascinante quanto misterioso, ritratto nella statua in gesso realizzata nel 1950, col busto proteso in avanti, forse verso quel mare dal quale molti pensavano fosse giunto a Siderno da una città lontana.
Una Siderno in cui fino all’età adulta i ragazzi del tempo non avevano scarpe da calzare e un paio di pantaloni corti bastavano per tutto l’anno.
La cittadina che aveva già scoperto la vocazione commerciale trasmessa dagli amalfitani sbarcati a inizio secolo ma nella quale il desco era avaro e le donne erano spesso molto diverse dalle “maggiorate” che spopolavano nella cinematografia del tempo.
Quelle donne scarne ma ugualmente materne sono il filo conduttore delle opere bronzee realizzate nel biennio 1972-73: “Smarrimento materno”, “Ballerina seduta”, “Ragazza con colombe” e “Gestante”. E poi “Maternità”, quella che racchiude il concetto principale dell’opera dell’autore.
Visitare la mostra in questo periodo offre ai sidernesi un’occasione per riscoprire un proprio concittadino illustre al quale la storia sta dando gli onori che sicuramente avrebbe meritato di ricevere in misura maggiore quando era in vita.