di Emanuela Alvaro
PALIZZI – “Le dimissioni di cinque consiglieri rispetto al numero complessivo di nove costituiscono senz’altro la metà più uno, ovvero la maggioranza assoluta dei consiglieri assegnati e dunque un numero sufficiente per determinare lo scioglimento del Consiglio comunale”. Il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria rigetta il ricorso presentato dall’ex primo cittadino di Palizzi, Sandro Autolitano, all’indomani delle dimissioni di cinque consiglieri comunali.
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Il 4 luglio scorso rassegnavano le proprie dimissioni, presentandole contestualmente al protocollo dell’Ente, due consiglieri di maggioranza, Antonino D’Aguì e Leone Nocera, e i tre consiglieri all’opposizione, Davide Bruno Plutino, Marco Potitò e Arturo Walter Scerbo.
Decisione che ha comportato l’avvio della procedura da parte del Prefetto per lo scioglimento del Consiglio comunale, ritenendo questa l’ipotesi richiamata dall’articolo 141 co. 1 lett. b n. 3, “cessazione dalla carica per dimissioni contestuali, ovvero rese anche con atti separati, purché contemporaneamente presentati al protocollo dell’Ente, della metà più uno dei membri assegnati, non computando a tal fine il sindaco”.
L’ex sindaco presentò ricorso ritenendo che non ci fossero i presupposti di legge perché si arrivasse allo scioglimento. Infatti, secondo Autolitano, in considerazione del fatto che “il Consiglio comunale di Palizzi, era composto da nove consiglieri, oltre il Sindaco. La metà dei membri assegnata, escluso il Sindaco, era pari a 4,5, mentre la metà più uno dei membri assegnati, escluso il Sindaco, era pari a 5,5”. Ragione questa per la quale il numero dei consiglieri dimissionari doveva considerarsi inadeguato ai fini dello scioglimento, “poiché la prescrizione normativa di un quorum individua una soglia minima che, in quanto tale, preclude la possibilità del troncamento in base al criterio dell’arrotondamento aritmetico per difetto”.
Il Tar rigettando il ricorso ha evidenziato che, in questo caso specifico, è impossibile un’applicazione letterale della norma, perché ci si deve riferire ad un numero dispari di consiglieri. Motivazione per la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Calabria indica la necessità di “incentrarsi sul significato logico e sistematico della disposizione e, in particolare, dell’espressione metà più uno”. A supporto porta un esempio relativo all’ipotesi dei collegi amministrativi composti da un numero dispari di membri, la maggioranza assoluta, la “metà più uno” al fine del quorum strutturale è data dal numero dei membri che raddoppiato supera il totale dei membri almeno per un’unità.
In più il Tar evidenzia che “come correttamente osservato dalla parte avversaria”, la tesi dell’ex sindaco che vorrebbe un arrotondamento in aumento, implicherebbe che lo scioglimento potrebbe avere luogo con le dimissioni dei 2/3 dei consiglieri, “frazione diversa superiore alla metà più uno espressamente richiesta dalla legge”.