di Gianluca Albanese
LOCRI – E’ durato due ore e mezza l’esame di Stefano Dodaro, dirigente del commissariato di P.S. di Siderno dall’ottobre del 2010 al febbraio del 2011, all’udienza odierna del processo “Falsa Politica” a carico di una serie imputati accusati, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, tra cui alcuni ex amministratori e politici.
{loadposition articolointerno, rounded}
Dodaro ha risposto alle domande del pubblico ministero Antonio De Bernardo, sulla scorta di un’informativa che ha firmato insieme ad altri dirigenti di pubblica sicurezza, frutto delle intercettazioni telefoniche e ambientali captate nella lavanderia “Ape Green” del centro commerciale “I Portici” a Siderno, di proprietà di Giuseppe Commisso classe ’47 detto “Il Mastro”, attualmente detenuto dopo la condanna al processo “Crimine”.
E’ proprio in quei locali, che secondo i dialoghi intercettati, emerge un quadro inquietante «in cui – ha riferito Dodaro in aula – la ‘ndrangheta sidernese condizionava pesantemente la politica, decidendo candidature in tutte le competizioni elettorali, dalle Regionali del 2010 alle Provinciali e Comunali del 2011».
I nomi sono quelli noti e che risultano dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere: Cosimo Cherubino, consigliere regionale uscente all’epoca dei fatti, che sarebbe stato prescelto dai Commisso alle Regionali 2010 «perchè – disse il “mastro” in un dialogo riferito in aula da Dodaro – a totale disposizione della cosca»; ma si parlava anche di altre candidature, come ha ricordato il dirigente di P.S., «Ritorto come candidato sindaco alle Comunali 2011 e, in subordine l’ex presidente del consiglio comunale di Siderno Totò Macrì o l’ex vicesindaco Mimmo Barranca alle Provinciali dello stesso anno», con queste ultime due che – è il caso di ricordarlo – non si concretizzarono.
Scelte che, secondo l’accusa, sono state talmente chiare e nette da causare una spaccatura nella consorteria dei Commisso, la cui frazione riconducibile all’anziano patriarca Antonio Commisso classe ’25 (per lui una condanna a vent’anni in primo grado al processo “Crimine”) sarebbe stata invece fedele all’ex sindaco di Siderno Alessandro Figliomeni, tanto da supportare la sua candidatura (in antitesi a quella di Cherubino) alle Regionali del 2010 con la lista “Autonomia e diritti”. Una cesura tra le due branche della cosca che coinvolse anche le “seconde linee”, col fedelissimo del “mastro” Mino Muià che disse al boss di avere «preso impegni con Ritorto alle Comunali», mentre Antonio Figliomeni detto “il topo” ammonì i suoi congiunti e conoscenti che «Chi avrebbe votato per Ritorto sarebbe stato considerato uno “sbirro”».
Ma c’è stato spazio anche per altri politici oggetto delle chiacchierate captate dagli investigatori: per l’ex consigliere provinciale di Palmi Saverio Gioffrè e l’attuale consigliere regionale Pietro Crinò che secondo quanto riferito dal mastro ai suoi interlocutori gli avrebbero chiesto di sostenerlo “sottotraccia” alle Regionali del 2010, competizione nella quale era candidato anche l’uscente Luciano Racco al quale, disse sempre il mastro al suo sodale Muià «Anche se non lo sosteniamo, dobbiamo far credere che siamo con lui».
Fatti e opinioni già note da tempo, dunque, così come l’organigramma della ‘ndrangheta sidernese ricostruito dagli investigatori proprio grazie ai dialoghi captati alla lavanderia del “mastro”.
La minuziosa ricostruzione delle intercettazioni poi divenute parte integrante dell’ordinanza di custodia cautelare, non si è conclusa e l’esame del teste Dodaro proseguirà nell’udienza che è stata aggiornata al prossimo 29 gennaio alle 15,30.