di Emanuela Alvaro
SIDERNO – Costatata dal moderatore, il giornalista Pietro Melia, la scarsa partecipazione, probabilmente per la poca sensibilità sull’argomento, all’incontro organizzato dal CIDS, Comitato interprovinciale per il diritto alla sicurezza, nella sala consigliare del Comune di Siderno su “La posizione del CIDS sulla missione della Commissione Parlamentare Antimafia del 9-10 dicembre u.s; la lotta contro la criminalità, illegalità, corruzione; gli indirizzi dell’Antimafia istituzionale; il ruolo dell’Antimafia delle Associazioni e i compiti che ne derivano alla luce anche dell’Operazione “Inganno”, si è cercato di dare un indirizzo e un punto da cui ripartire affinché le parole, come legalità e antimafia, non finiscano per risultare prive di significato.
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«Sulla Commissione parlamentare antimafia, presieduta da Rosi Bindi, sono piovute critiche feroci – ha introdotto l’argomento Melia – per una costituzione arrivata in ritardo di mesi, trasformata nella solita passerella. Come se il problema sullo stato di salute della Calabria non fosse già abbastanza chiaro».
Nello spiegare le motivazioni dell’assenza di Don Pino Strangio, con il quale ci si sarebbe potuti confrontare rispetto a ciò che in queste ultime settimane è accaduto, tra tutti gli avvenimenti, l’arresto del “simbolo” antimafia, Rosy Canale, Pietro Melia ha dato la parola al presidente del Cids, Demetrio Costantino. «Di fronte a tutto ciò che è accaduto ultimamente è necessario capire quali gli interventi dello Stato che possano veramente fare la differenza. Una Commissione parlamentare antimafia che di fatto non ha prodotto molto se non una proposta di legge speciale per la Calabria, basata sul nulla. Si ripete – ha continuato Costantino – la storia dei tavoli istituzionali privi di sostanza, annunci e promesse, come nel “dopo Fortugno” che non si sono mai concretizzati».
Soffermandosi sull’operazione “Inganno” Costantino ha chiarito come le responsabilità più grosse ce l’hanno le istituzioni e gli uomini che le rappresentano che non sono intervenuti prima che tutto ciò si verificasse. Interventi preventivi che servirebbero, per Costantino, anche per quanto riguarda gli scioglimenti dei comuni, decisioni che non portano ad altro che a far venire meno la democrazia.
Melia a proposito di tavoli tecnici, rivolgendosi al presidente dell’Associazione dei sindaci della Locride, Giorgio Imperitura, ha ricordato che in quarantuno anni di giornalismo attivo ne ha visti un’infinità, «non ho visto, però, i frutti di nessuno di questi tavoli, ma soprattutto non capisco perché voi sindaci continuate a chiederli». Inutilità di questi tavoli tecnici confermata da Imperitura il quale ha anche sottolineato che di fatto la Locride viene considerata “terra di nessuno”, tanto che pur avendo chiesto un’audizione a nome dei colleghi sindaci in Commissione, non solo non ha avuto alcuna risposta, ma neanche un cenno da parte del Prefetto. Inevitabile un riferimento alla questione dello scioglimento dei comuni e della necessità che la legge venga modificata perché per Imperitura, come per Costantino, a venir meno è prima di tutto la democrazia.
Ci si è soffermati sul ruolo dei commissari che spesso hanno difficoltà a capire le vere dinamiche di un Comune e, per Imperitura, l’importanza dell’istituzione di un albo professionale per queste figure che troppo di frequente risultano essere lontane dalle vere esigenze della cittadinanza a discapito della credibilità stessa dello Stato.
Proseguendo con gli interventi, nel dare la parola a Mimmo Musolino, fratello di Antonio, ucciso diversi anni fa, Melia ha posto l’accento sulle lotte tra procure e su quello che ciò comporta, come molti delitti non collegati alla mafia che giacciono nei “cassetti” per anni, senza ottenere alcuna risposta.
Una situazione che ha pesato molto sulla famiglia Musolino. «Nel caso specifico di mio fratello ci siamo trovati coinvolti in una lotta tra la Procura distrettuale e quella di Locri. Per otto anni sono stati indagati tre rappresentanti di tre famiglie mafiose, ma la procura di Locri non ha inviato il fascicolo alla procura distrettuale. Mancanza di professionalità e magistrati che non fanno il proprio dovere. Sono sempre dalla parte delle istituzioni, ma se si sono fatti degli sbagli, devono emergere».
La delegazione di esponenti del CORSECOM della Locride, per il quale ha preso la parola l’avvocato Maria Cecilia (Bianca) Gerace, ha parlato di questo e della necessità che, a prevalere, sia la prevenzione culturale e la partecipazione attiva dei cittadini, due aspetti fondamentali senza i quali non molta strada si potrà fare. «Sono presente, tengo a precisare, perché Demetrio è un simbolo “candidamente” disponibile contro la mafia – ha spiegato all’inizio del suo intervento conclusivo dell’incontro, l’onorevole Armando Veneto –. Si contano tra le cinquanta e le sessanta associazioni antimafia, sostenute con denaro pubblico, centinaia sono le costituzioni di parte civile nei processi per mafia, dove gli avvocati sono presenti per la diaria, e nulla di più, però guai se il comune non si costituisce. Se non si sta attenti non si fa altro che l’antimafia dell’apparenza e dello sperpero, per non parlare delle carriere correlate a tutto questo».
L’onorevole Veneto dice basta ad utilizzare il processo per fini diversi da quelli reali e basta con le veline. «La “professione” antimafia porta molti vantaggi, ma nel momento in cui si confisca un’azienda, la sua vita sarà alla fine, perché non c’è nulla di chiaro su come debbano essere gestiti i beni confiscati. La battaglia viene combattuta solo per vedersi attribuite sedie e palazzi, ma poi?».
Veneto ha parlato della necessità affinché il contraddittorio, nel caso specifico degli scioglimenti, avvenga prima e non a cose fatte, andando così a colpire solo i veri responsabili. «Come possiamo combattere la mafia se le regole della convenienza sono alla base della battaglia stessa. Anni in cui è cresciuta l’antimafia, ma nel corso dei quali è cresciuta anche la mafia e allora c’è qualcosa che non va. Scontiamo il nostro dna di individualisti. Il bene comune è poco più che fatto di parole, ci interessa poco. Questo non si attribuisce anche alla mafia? Il senso del capitale sociale e della comunità è perseguito da tutti noi, ognuno per le proprie competenze? le istituzioni come ci aiutano? Le regole dello Stato devono essere utilizzate per prevalere su quelle immonde della criminalità e dell’individualismo più bieco».