di Francesco Tuccio
ROCCELLA IONICA – A Roccella Jonica il presepe più misero e più ricco dei valori dei nostri tempi.
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All’inizio di Roccella, per chi proviene da Caulonia Marina, sulla statale che taglia il vecchio borgo dei pescatori c’è qualcosa di brutto che pretende di rappresentare il presepe. Non ha nulla delle belle luminarie, delle geometrie sinuose, dei ghirigori, degli arabeschi, dei broccati che si stagliano nel cielo notturno e accompagnano il nastro della strada, luccicante degli addobbi suntuosi dei negozi, né del grande albero disegnato con le luci posto al centro della piazza principale e neanche della stella cometa che sfavilla sul portale della chiesa. I passanti si voltano dall’altra parte pensando sia un mucchio d’immondizia, cose vecchie e inutili accatastate alla rinfusa come talvolta si vedono ancora, purtroppo, nelle nostre vie.
C’è una sorta di guscio posato a terra, un pezzo di sfasciume di quella che fu una barca di legno con la sua chiglia, le costole e il fasciame. Ma la prua e la poppa sono spezzate non si sa dove, né quando. Sotto il relitto fluttuano le onde fatte con gli arbusti secchi, quelli che le fiumare sradicano nella corsa verso la costa e le mareggiate rigurgitano spargendoli sulla spiaggia, consegnandoli allo scalciare dei venti. Sullo sfondo si alzano sul muro le pale dei fichidindia. Forse, vogliono indicare una terra d’approdo, il lido agognato che in tanti, troppi non hanno raggiunto. Sul fianco della barca c’è una scritta che a vederla parrebbe arabo, una lingua appartenente ad un sud più a sud di noi, all’altra sponda del mediterraneo dove è negato il diritto alla vita, ad un nome, alla sepoltura. Forse, da lì la barca è partita con il suo carico umano e di speranze.
I pescatori non sono di carne e di ossa, ma di sole e di salsedine, si vestono di vento, conoscono il mare e la tragedia che consuma, la disperazione dei marosi, della fame e della guerra, ed hanno una sola legge: il soccorso e la solidarietà che non badano alla bellezza, ma alla loro più intima essenza.
Se Dio tornerà a farsi uomo, quest’anno sceglierà un relitto di barca per nascere, un giaciglio ancora più freddo, misero e duro della mangiatoia. Là dove altri uomini sono nati e morirono soffocati dal primo vagito.