di Redazione
SIDERNO – Nei giorni scorsi, il consigliere regionale Pietro Crinò, il presidente di Locride Sviluppo Salvatore Galluzzo e i consiglieri provinciali Piero Campisi e Alessandra Polimeno, hanno redatto un piano di sviluppo per la Locride completo e articolato, chiedendo contestualmente di poterne discutere con il presidente della Regione Scopelliti, col suo omologo alla Provincia di Reggio Calabria Raffa e coi vertici di AssoComuni della Locride.
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Questo è il testo integrale del piano:
INTRODUZIONE Il presente programma è stato fortemente voluto da una pluralità di intelligenze che hanno contribuito alla sua elaborazione ed è il frutto della passione e dell’amore per il territorio della Locride. E’ un documento fatto di contenuti, di proposte e di idee per offrire una politica migliore al territorio. Una politica migliore che dia speranza – perché di questo oggi c’è bisogno – ed una prospettiva ottimistica di futuro sia alle vecchie che alle nuove generazioni che vivono ed operano in questo contesto .
Il risultato è un programma che fonda il suo presupposto su un insieme di valori dove al centro si colloca, in primis, la persona, poi il lavoro, lo sviluppo di un’economia legata al territorio attingendo alle sue peculiarità. Il risultato è modello di sviluppo che guarda al futuro in cui l’autonomia economica sia riportata al sistema valoriale delle origini e dove si dovrà governare con maggiori competenze, maggiori oneri e sempre meno risorse (fare meglio spendendo meno).
Un modello di sviluppo dove lo Stato non dovrà essere individuato come mero centro di potere assistenzialistico al quale chiedere, elemosinando, le briciole di risorse economiche senza intravedere dei livelli di sviluppo adeguati, ma dovrà rappresentare un laboratorio di partecipazione democratica a salvaguardia del bene comune. Un modello di sviluppo in cui si passa da un territorio sofferente e sottosviluppato, ad una Locride dove i cittadini siano cittadini responsabili e compartecipi del loro destino.
Ciò detto, il nostro programma vuole essere ed è un programma del fare, ma anche soprattutto un programma costruito per offrire una visione di futuro. Una visione ottimistica perché margini di ottimismo ancora ci possono essere a patto che ciascuno delle rappresentanze politiche e tecniche si assumano le proprie responsabilità . Per questi motivi sono state declinate le seguenti strategie: – Valorizzazione delle tipicità agricole attraverso la creazione di un distretto agro –alimentare ( lavorando da subito ai parametri che consentono il progetto ) – Politica innovativa delle risorse energetiche rinnovabili; – Valorizzazione dei beni culturali; – Inclusione sociale; – Lavoro ed occupazione. La strategia che si intende perseguire è quella di valorizzare in maniera integrata le risorse del territorio finalizzandole, in particolar modo, alla risoluzione di problemi che, seppure comuni all’intera area regionale, nel nostro territorio assumono una valenza di criticità senza precedenti nell’intero contesto regionale.
L’individuazione di quattro assi di sviluppo attraverso i quali intraprendere un’azione dirompente dal punto di vista economico e sociale, impone delle risposte che, volutamente, presuppongono obiettivi e traguardi di breve – medio periodo, affinché l’ultima azione, quella del lavoro e dell’occupazione sia conseguente all’attivazione delle quattro azioni di sviluppo. Strategie di lungo periodo comporterebbero, inevitabilmente, di compiere gli stessi errori del passato, quando le politiche, a volte anche lungimiranti, non sono state in grado poi di adeguarsi alle sempre più rapide mutazioni delle condizioni economico-sociali del nostro territorio.
Da qui l’esigenza di coinvolgere più attori istituzionali che da anni operano nel territorio della Locride e che possono offrire, sinergicamente l’assistenza tecnica ed il contributo adeguato a far si che i programmi innovativi possano essere messi in pratica direttamente dal basso. L’esperienza, ad esempio, di Locride Sviluppo, del Gal Locride e dell’Associazione dei Comuni potranno essere di supporto, anche dal punto di vista gestionale, nella fase successiva, in modo tale da poter inquadrare il contesto di sviluppo che si andrà a delineare, determinato direttamente dal territorio in cui si opera.
Da queste tematiche primarie l’iniziativa di una guida politicamente adeguata deve vedere coinvolti, attraverso un lungo e articolato percorso di approfondimento e di condivisione, anche di altre realtà presenti sul territorio, al fine di affrontare conseguenti temi di ulteriore sviluppo discendenti dagli obiettivi prefissati. Si è voluto, intanto, significare che il termine “Innovazione” voglia essere indipendente dalla circostanza che la “ricetta” sia originale e unica oppure consista nella combinazione e differenziazione di fattori già esistenti o ancora rappresenti il rilancio di un business precedente.
In effetti, essa dovrà innervarsi di elementi di novità e di rottura che sappiano attrarre l’attenzione e l’interesse dei vari soggetti che dovranno essere coinvolti per il risultato. Gli aspetti d’innovazione potranno riguardare i prodotti, il processo tecnologico, la risposta al mercato,la futura organizzazione aziendale. Si è teso, quindi, al fine di indicare i settori prioritari sui cui impostare l’azione di interventi puntuali e concreti, prendere spunto dalla considerazione che nell’area della Locride bisogna garantire anzitutto gli elementi essenziali per lo sviluppo attraverso la creazione del “Sistema Locride” ed all’indotto che avrà nell’azione sistemica per una qualificata programmazione socio – economico – culturale.
– POLITICA INNOVATIVA DELLE RISORSE ENERGETICHE RINNOVABILI Lo sviluppo delle fonti rinnovabili si inserisce in un contesto di crescente preoccupazione per i cambiamenti climatici in corso nel nostro Pianeta, da molti ritenuti imputabili alle emissioni dei GHGs. L’Europa, aderendo al protocollo di Kyoto, si è impegnata al 2012 ad una riduzione delle emissioni di GHGs dell’8% rispetto alla produzione del 1990. In sede di negoziazione comunitaria all’Italia è stata imposta la riduzione del 6,5%. L’Unione Europea è stata ancora più ambiziosa ponendo al 2020 obiettivi più stringenti: la riduzione del 20% di emissioni di GHGs; la produzione del 20% di energia primaria da fonti rinnovabili; l’utilizzo del 10% di biocarburanti nei trasporti. Gli obiettivi comunitari, seppure difficili da conseguire per l’Italia, potrebbero senz’altro rappresentare una sfida oltre che un’opportunità per lo sviluppo di nuove tecnologie ed un contributo alla realizzazione della diversificazione del mix energetico. Lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili è promosso dal D.lgs 387/2003 in recepimento della Direttiva 2001/77/CE del Parlamento Europeo che definisce come rinnovabili le seguenti fonti: eolica, solare, geotermica, del moto ondoso, maremotrice, idraulica, biomasse, gas di discarica, gas residuati dai processi di depurazione e biogas; intendendo per biomasse la parte biodegradabile di prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (comprendente sostanze vegetali e animali), dalla silvicoltura e dalle industrie connesse, nonché la parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani. Sono stati calcolati trend di sviluppo a breve (2012) e lungo termine (2020), facendo ipotesi ed assunzioni basate sul confronto con altri paesi europei, sull’analisi e la proiezione di serie storiche di sfruttamento nazionale e sulle norme legislative ed i finanziamenti previsti per gli anni a venire.
Inoltre è stato valutato il potenziale massimo realizzabile senza considerare vincoli di tipo economico, legislativo e di accettazione sociale considerando le disponibilità tecniche nazionali per lo sfruttamento di ogni fonte. Lo studio offre una valutazione, sia di natura qualitativa che quantitativa, sul contributo effettivo che le fonti rinnovabili potranno apportare alla produzione energetica territoriale. Sono stati, quindi, ipotizzati degli scenari al fine di stimare il contributo delle fonti rinnovabili alla produzione di energia primaria per valutare la fattibilità del raggiungimento degli obiettivi di sviluppo. SI ALLEGANO LE SCHEDE DELLE NOTE CARATTERISTICHE DELLE RISORSE ENERGETICHE RINNOVABILI (EOLICO, FOTOVOLTAICO, BIOMASSE, THERMAL WAST OXIDATION) E LA INDICAZIONE DELLA PROGRAMMAZIONE PER LA REDAZIONE DEL PIANO STATO ATTUALE Nel territorio della Locride, una evidente caratteristica dell’approccio allo sviluppo è stata per molto tempo il marcato individualismo che ha impregnato l’intera rete dei rapporti sociali fra le comunità locali e all’interno di esse.
A questa tendenza, però, ha fatto da contraltare, in questi ultimi anni, l’esperienza di cooperazione sociale, economica ed istituzionale avviata grazie agli input che sono venuti dalla costituzione dell’Associazione dei Comuni della Locride, dall’implementazione del Patto territoriale, dai progetti Leader, dall’esperimento che ha portato alla costituzione di Locride Ambiente, dall’elaborazione del PIT. La situazione, a questo punto, sembra totalmente ribaltata; il livello di collaborazione caratterizza in maniera assolutamente peculiare il territorio, che di fronte all’opportunità offerta di progettare il proprio modello di sviluppo per i prossimi anni, non si trova a partire da zero, ma può contare su quello che è stato costruito in questi anni.
Può partire, anche, da un insieme di accordi e protocollo (protocolli di legalità, accordi sul costo del lavoro, sportello unico associato) che hanno influito positivamente sulle condizioni del contesto sociale ed economico, spingendo in avanti il processo di sviluppo già avviato che, ovviamente, necessita di essere rafforzato, ma non stravolto o cancellato (ricominciando da capo, come spesso succede nella realtà della Calabria…). OBIETTIVI DEL PIANO Si opera su un territorio esteso caratterizzato da Comuni e centri abitati di medie e piccole dimensioni, fatta eccezione per i comuni di Locri, Siderno , Marina di Gioiosa e Roccella Jonica che raccolgono, in circa 20 km, il 28% della popolazione del territorio. Obiettivo del presente piano è quello di ottenere alla fine dei primi due anni di gestione, tramite il presente piano energetico, un’autonomia quanto più vicina possibile al 65%. Tutto ciò permetterebbe al territorio della Locride di rientrare in linea con gli obiettivi nazionali energetici e risolvere, quasi definitivamente anche l’annoso problema dello smaltimento dei rifiuti urbani, attraverso la realizzazione del gassificatore termico.
DISTRETTO AGROALIMENTARE Promozione di azioni per lo sviluppo imprenditoriale e la crescita produttiva dell’area L’avvio di una nuova attività imprenditoriale è una scelta complessa, stimolante e spesso in grado di influenzare in profondità molti aspetti della vita di più persone, contemporaneamente e prolungatamente. Il successo o il fallimento di una lunga carriera aziendale dipendono sempre, almeno in parte, dal nucleo di valutazioni e di decisioni che hanno contraddistinto il concepimento iniziale dell’iniziativa.
Infatti, è nel momento stesso e nella modalità con cui si iniziano a valutare la realizzazione di un’iniziativa imprenditoriale e la concatenazione delle attività concrete per la sua messa in opera, che si pongono le premesse per un futuro di successo. Per questi motivi uno degli accorgimenti più preziosi per chi intenda accostarsi a un’esperienza di questo tipo è curare con la massima attenzione l’elaborazione del percorso logico incaricato di supportare tutte le azioni che precederanno ed accompagneranno l’esordio dell’impresa sul mercato: ciò significa predisporre una strategia chiara ed organica di start-up che faccia emergere concretamente le idee, i vincoli, le opportunità, i rischi e i programmi giudicati critici per l’avvio e lo sviluppo del business.
Cimentandosi gradualmente e analiticamente nella costruzione di un concreto progetto d’impresa ci si accorge dell’ingente mole di informazioni e di opzioni che occorre considerare fin dall’inizio, in ambito sia strategico sia operativo, per aprire la strada alla propria attività e non rischiare di incappare in seguito in brutte sorprese. Il progetto relativo al Distretto – Agroalimentare dalla Locride fissa come punto di partenza il bisogno di creare una rete tra piccole e micro imprese operanti nel campo agricolo ,capaci di avviare processi innovativi permanenti e di mobilitare massa critica. A questo scopo, il progetto intende mettere in piedi un sistema di supporto alla competitività per sfruttare i potenziali innovativi delle PMI agricole attraverso le regioni del Sud-Est Europa, permettendo di creare il contesto per le PMI per accedere all’innovazione, al trasferimento di tecnologie e alla cooperazione come punti chiave per la loro competititivà nei mercati internazionali.
Il progetto agirà “trasferendo” e diffondendo gli approcci, i servizi e gli strumenti per migliorare la competitività delle PMI agricole, non solo in termini di sviluppo dei processi produttivi a livello delle singole PMI ma anche, e soprattutto, in termini di cluster di imprese al fine di aumentare l’efficacia dei mezzi produttivi applicati. Inizialmente, il progetto definirà gli approcci e le metodologie per rafforzare la competititvità del PMI agricole, i settori specifici e le tipologie di PMI all’interno delle quali gli approcci possano avere i risultati più efficaci. Ciò è necessario al fine di rendere disponibile gli strumenti di supporto operativo per la competitività adeguati a ogni territorio coinvolto.
Gli approcci definiti e i relativi strumenti saranno quindi messi in atto equipaggiando (in termini di risorse umane e strumenti IT) un sistema di supporto alle PMI, ospitato dai partner e capace di attivare sinergie, a livello nazionale, con istituzioni così come con altri attori della tecnologia e dell’innovazione Parallelamente alla progettazione, condotta a fini interni, bisogna svolgere poi un’azione di comunicazione e promozione dei propri piani verso l’esterno, sottoponendosi all’attenzione, al giudizio ed alla potenziale condivisione di nuovi partner e quindi ponendo le basi per una crescita dimensionale.
Riferendosi al settore dell’agricoltura, si tende a completare ed irrobustire, anche attraverso l’innovazione tecnologica, le filiere produttive in embrione, nonché il potenziamento della dotazione infrastrutturale di sostegno alle attività imprenditoriali, incoraggiando le azioni di promozioni e di sviluppo di filiera per quanto riguarda il settore agrumicolo. Infatti nel nostro territorio la produzione di agrumi (arance, limoni, mandarini, clementina, bergamotto,) è abbastanza rilevante, tenendo presente, che, comunque, la Calabria produce circa un quarto della produzione nazionale. La superficie agrumentata in Calabria è pari a circa 32 mila ettari (24% della superficie agrumicola nazionale) distribuita tra 44.000 aziende circa. Reggio Calabria è la provincia con il maggior numero di aziende agrumicole seguita da quella di Cosenza. Queste due province, grazie alla loro elevata dimensione territoriale, producono un quantitativo sempre superiore al 70% del totale per ogni specie prodotta. In particolare nella fascia Jonica reggina c’è una produzione di qualità grazie alle buone conduzioni pedo-climatiche. Lungo la Riviera dei Gelsomini della Locride, i comuni interessati da un’ottima produzione di agrumi sono: Ardore, Benestare, Bianco, Bovalino, Brancaleone, Casignana, Caulonia, Ferruzzano, Locri, Marina di Gioiosa jonica, Monasterace, Portigliola, Roccella Jonica, Sant’ Ilario dello Jonio e Siderno ( fonte: Portale Calabria.com). Con il valido contributo della Camera di Commercio e dei Consorzi di categoria, si può offrire alle aziende di trasformazione e di commercializzazione dei prodotti agrumicoli una maggiore quantità di agrumi per la loro produzione, attraverso l’inserimento in una dimensione produttiva integrata di complementarità fra le singole imprese, che costruisca una “politica di distretto”, intesa come politica di promozione delle attitudini imprenditoriali e del know-how produttivo e alle condizioni socio-economiche del sistema locale. Inoltre, con la creazione del Distretto si mira a colmare i gap esistenti tra il livello di produzione quali-quantitativo attuale ed il livello di produzione quali-quantitativo potenziale, non sottovalutando, inoltre, l’aspetto legato all’immissione sul mercato del prodotto finale; tutto ciò andando a coinvolgere un segmento produttivo che ha valide potenzialità, creando le condizioni per una crescita equilibrata e duratura nel tempo, favorendo un decisivo sviluppo del comparto, attraverso l’impegno diretto degli imprenditori. L’idea forza ruota attorno all’esistenza di una realtà produttiva composta anche dei vini locali già diffusa, partendo, in particolare, dalla valorizzazione dei DOC e degli IGT già noti nel campo dell’enologia nazionale. Si ricordano tra I DOC il Greco di Bianco ed il Bivongi, e tra gli IGT il Mantonico, il Locri, il Palizzi, l’Arghillà, il Pellaro, ecc. Aumentare, quindi, la capacità produttiva dell’area, attraverso il necessario know-how (l’introduzione di innovative tecniche di produzione e gestione) e rafforzare l’immagine del prodotto e, nel contempo, del territorio, con importanti consequenziali effetti per la visibilità e le attività turistiche del comprensorio.
Questo intervento, inoltre, andrebbe non solo a rafforzare e completare una filiera già in qualche misura produttiva, ma nell’area di riferimento avrebbe una logica ben più ampia, visti i numerosi strumenti di programmazione che già nel settore dell’agricoltura, oltre che nel settore del turismo e della piccola e media impresa, sono stati positivamente attivati. 1. Strategia e priorità Il Distretto Agro – alimentare rappresenta lo strumento essenziale al fine di superare i punti di debolezza del sistema produttivo viniviticolo locale, dell’agrumicolo, ma anche del settore oleario. Con la denominazione olio extra vergine di oliva della Locride, si vuole porre come obiettivo di rilancio di uno dei prodotti più originali e tipici del nostro territorio.
Infatti, Il territorio di produzione compreso tra Bruzzano e Monasterace, per un numero di 39 comuni della Provincia di Reggio Calabria di un olio pregiato e ricercato affonda le proprie redici sin dal periodo della Magna Grecia, e la zona della Locride rappresenta sin da quei tempi uno dei maggiori centri di produzione di olio extravergine di oliva. Grazie al clima mite tutto l’anno e ai particolari caratteri minerari del terreno di produzione, l’olio ricavato risulta di ottima qualità. La coltivazione olivicola in tutte le aziende agricole è di tipo biologico. L’olio migliore è quello ricavato da oliveti collinari e distanti dal mare. Il periodo di raccolta delle olive determina le caratteristiche organolettiche dell’olio. La raccolta delle olive inizia il mese di novembre e l’olio che se ne ricava è di colore verdone, mentre nei mesi di dicembre-gennaio si ottiene un olio di colore verde-oro e giallo-oro.
La tradizione vuole che l’olio venga venduto direttamente al frantoio e successivamente in azienda dai produttori, mentre alcune aziende agricole della Locride lo imbottigliano per poi venderlo nei negozi. L’olio d’oliva della Locride viene utilizzato in tutte la preparazioni dei piatti tipici della Calabria ed assume una notevole importanza nella dieta mediterranea. In particolare viene utilizzato in Italia e all’estero per il condimento delle insalate e delle verdure, per il suo caratteristico profumo aromatico e sapore particolare L’elevata polverizzazione aziendale, fenomeno altamente diffuso in questo territorio, e la scarsa capacità di adeguamento rispetto alle esigenze del mercato, penalizzano fortemente l’economia locale del settore e riducendo drasticamente la possibilità di competere sul mercato. In particolare, nell’ambito di un’economia che tende sempre più verso la globalizzazione, è necessario che un territorio si sforzi per emergere valorizzando le sue stesse peculiarità: sarà pertanto determinante che sia in grado di esprimersi attraverso prodotti di nicchia.
Puntare alla qualità dei vini con marchi DOC e IGT vuol dire identificare un prodotto con un territorio, ancor più in una fase come quella attuale che vede proprio il vino uno dei principali protagonisti dell’economia mondiale, attorno al quale ruota inoltre un indotto non indifferente (basti pensare, ad esempio, al turismo eno-gastronomico lungo le “Strade del Vino”, ecc.). Stessa sorte dovrà riguardare anche la produzione e la commercializzazione, nonché la valorizzazione dell’olio, come detto poc’anzi. Un semplice accenno pensiamo di fare per il collegamento con il settore delle piante officinali, il cui mercato, come sappiamo, è in crescita e dalle quali si possono ottenere, in una dimensione industriale, alimenti, oltre che profumi, farmaci, prodotti cosmetici/cure termali ecc. Sul territorio gli effetti dell’intervento sarebbero immediatamente visibili. Anzitutto vi sarebbe una ricaduta occupazionale non indifferente, sia impegnata direttamente nel settore che nei circuiti indotti che verrebbero a crearsi. Si riuscirebbe a contenere lo spopolamento delle aree interne e, più in generale, il fenomeno dell’emigrazione. Lo stesso paesaggio, infine, ne gioverebbe.
VALORIZZAZIONE DEI BENI CULTURALI Recupero e valorizzazione dei centri storici La Locride possiede un vasto patrimonio storico-culturale che costituisce una delle sue più importanti risorse. Tale patrimonio è espressione delle diverse epoche storiche e civiltà che si sono avvicendate, lasciando preziosi reperti, manufatti architettonici e monumenti quale segno indelebile del loro passaggio. Gran parte di questo inestimabile patrimonio versa attualmente in condizioni di degrado e/o di abbandono che ne limitano fortemente la fruibilità.
L’obiettivo da percorrere è di sostenere, promuovere e coordinare iniziative finalizzate ad avviare un concreto processo di recupero del notevole patrimonio storico-culturale dell’area della Locride e che abbiano l’obiettivo di: 1. Recuperare, promuovere e valorizzazione tutte le zone archeologiche della Locride (Locri, Casignana, Monasterace, Gioiosa Jonica, Stilo, Gerace); 2. promuovere i centri storici di rilievo; 3. promuovere e realizzare un catalogo d’area di manifestazioni culturali; 4. realizzare la catalogazione dei beni esistenti; 5. promuovere i parchi letterari di Corrado Alvaro e degli altri importanti autori della Locride. Si intende inoltre pervenire alla realizzazione di un programma di interventi, adeguatamente coordinato, nel quale si vadano ad individuare e progettare azioni di recupero, di consolidamento e di valorizzazione del patrimonio storico-artistico-culturale dell’intero territorio, mettendolo in rete con l’offerta culturale regionale. Si intendono, inoltre, sostenere le azioni che favoriscono la creazione di sinergie tra l’offerta ricettiva, il patrimonio culturale e quello naturalistico. Interessante, a tal proposito è l’azione condotta in questi mesi da una associazione di comuni della Locride che si sono riuniti intorno ad un marchio di qualità denominato “Archeo – comuni” e che hanno come obiettivo quello dell’individuazione di azioni comuni volte a migliorare la valorizzazione e promozione del patrimonio archeologico del territorio. Al di là delle iniziative di promozione, bisogna accentuare l’attenzione, ad esempio, verso la presenza di manufatti storici-architettonici e del sistema dei centri storici presenti, al fine di denotare una sensibilità verso la memoria collettiva che potrebbe rappresentare uno dei momenti di recupero e valorizzazione delle risorse locali per la costruzione di una identità collettiva delle comunità locali, necessaria e determinante in un processo evolutivo di sviluppo.
Le azioni da prendere in considerazione non si dovranno intendere meramente come interventi di riqualificazione fisica dei manufatti e dei luoghi di riferimento, ma avranno un valore aggiunto in riferimento al loro contributo nella rigenerazione sociale per le comunità che vi risiedono; valore aggiunto che viene dato proprio perché parte integrante di un sistema mirato di interventi che mirano a incidere sulla qualità della vita, creando benessere, infondendo fiducia individuale e sociale. Gli interventi pubblici dovranno porsi il problema degli effetti sulla comunità in termini di risultati sociali ed etici; non potranno essere scollati dalle altre politiche e programmazioni, ma dovranno essere parte attiva di un processo di evoluzione socio-economica che passa dalle opere pubbliche funzionali a tale obiettivo. Il recupero della memoria collettiva intesa come insieme di valori che identificano un popolo, è un’azione qualificante e lungimirante che và sostenuta continuamente, fra gli interventi prioritari sicuramente bisogna annoverare quelli sul patrimonio storico, edifici e centri storici, particolarmente ricco e prezioso nelle nostre aree, che necessita di soluzioni ed opere che lo aiutino a preservarsi e qualificarsi anche come risorsa sociale ed economica.
La convinzione è quella del valore sociale radicato nella storia e nella cultura delle comunità, nella consapevolezza che il recupero e la valorizzazione delle risorse locali sia un elemento centrale del processo per lo sviluppo, secondo un principio di rafforzamento del carattere e delle identità dei luoghi. Gli interventi dovranno mirare ad un recupero integrato dei nuclei storici non solo a livello fisico (morfologie urbane e tipologie edilizie), ma anche rispetto alle caratteristiche a-spaziali (relazioni sociali, stile di vita, ritmi di vita quotidiana). L’obiettivo è il recupero del paesaggio storico-urbanistico, risultato di millenarie esperienze di vita, pregnante di storia e di cultura in ogni manifestazione materiale. Paesaggi urbani storici in contrapposizione stridente con le tipologie insediative attuali, spesso frutto di incapacità programmatiche e pianificatorie, propositive di modelli squilibrati, di impatto negativo per le comunità locali. Realizzazione di un Centro di restauro e valorizzazione dei beni culturali La città di Gerace, (dal 1970 all’ottobre del 1993) è stata sede di Ospedale Geriatrico, per Lungodegenza e Riabilitazione. Era ospitato in locali di proprietà comunale (Palazzo Sant’Anna, un ex Monastero).
I livelli d’assistenza erano altissimi tanto che serviva un bacino d’utenza che comprendeva pazienti provenienti da tutta la Calabria ed anche da altre regioni vicine. Essendo necessari ed inderogabili alcuni lavori di ristrutturazione e di adeguamento, da Palazzo Sant’Anna l’Ospedale venne …”momentaneamente” trasferito, nel 1993, in un’ala del vicino nosocomio di Locri, in attesa che venissero completati i lavori di costruzione del nuovo Ospedale in “Largo Piana”. Malgrado la nuova struttura sia stata completata, l’immobile ubicato in “Largo Piana”, costato circa 10 miliardi delle vecchie lire, completato (collaudo compreso) nel 1996, non è mai entrata in funzione benché siano ad oggi trascorsi 17 anni e vi siano state tante ipotesi e promesse per il suo utilizzo. La Guardia di Finanza, su incarico della Corte dei Conti, ha accertato un danno erariale di circa 7 milioni di Euro (dovuto proprio al mancato utilizzo).
Nel 1996 si è concluso il collaudo alle strutture ed agli impianti. Il Comune di Gerace, subito dopo il trasferimento della proprietà dell’immobile dall’Ente all’Azienda Sanitaria, avviò vere e proprie trattative con i vari Direttori Generali per l’apertura del nosocomio; ma tutto è rimasto lettera morta. Attualmente, quindi, la Regione Calabria è proprietaria di un immobile di circa 3.500 metri quadri per piano ( ogni padiglione è costituito da tre piani più interrato ed è in via di costante deterioramento strutturale). Si ipotizza, a tal proposito un progetto che possa essere il più confacente alla vocazione turistica e culturale della città., attraverso la realizzazione di un Centro di restauro e valorizzazione dei beni culturali, concentrando varie attività, da quella della formazione di esperti e maestranze, a quella di ricerca e sperimentazione di nuovi prodotti per la conservazione dei manufatti in pietra, alla realizzazione di studi diagnostici sullo stato di conservazione
dei monumenti, alla realizzazione di ricerche relative a scavi archeologici, nonché studi sull’ambiente, sul suo controllo e valorizzazione. Bisognerà, sin da subito individuare una precisa linea di attività strategica privilegiando l’aspetto della conservazione dei beni culturali, pur mantenendo la funzione di promozione, affrontandone le tematiche di ricerca che coinvolgono principalmente gli aspetti scientifici e tecnologici e la sintesi di nuovi prodotti. A tal proposito sarà indispensabile una stretta collaborazione con le principali istituzioni del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, quali, ad esempio, l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro di Roma (ISCR) e l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze (OPD) e il CNR, assicurando lo sviluppo di azioni concertate e l’integrazione dei rispettivi ruoli di ricerca. scientifica e tecnologica, nonché il coinvolgimento delle università calabresi che si stanno distinguendo, in vari settori, dal punto di vista della ricerca e dell’innovazione.
INCLUSIONE SOCIALE L’inclusione sociale consiste nell’insieme delle politiche e degli strumenti che hanno l’obiettivo di favorire una migliore e piena integrazione della persona nel contesto sociale ed economico nel quale si svolge la sua esistenza e va intesa come la situazione in cui le persone hanno l’opportunità di vivere secondo le proprie scelte e valori e di poter migliorare le proprie condizioni di vita. Essa si realizza quando: – tutti gli individui e i gruppi godono degli standard essenziali di qualità di vita, – le disparità tra le persone e i gruppi sono socialmente accettabili, – Il processo attraverso il quale vengono raggiunti questi risultati è partecipativo ed equo.
Un oggetto privilegiato di attenzione è dato oggi dalla partecipazione del cittadino alla vita della comunità in cui è incluso. La cittadinanza smette di essere così solamente uno status, una condizione, giuridicamente stabilita, per l’uguaglianza dei diritti politici e delle libertà civili dei cittadini, e diventa “azione”, partecipazione. La cittadinanza però rimanda a un “confine mobile”, in quanto i gruppi, i diritti e l’equilibrio della società vengono continuamente ridefiniti sul piano storico sociale concreto. In questi termini, la cittadinanza appare un concetto a due facce: essa non è solo una categoria inclusiva, ma anche una categoria esclusiva. La cittadinanza ha dunque una natura paradossale in quanto, da un lato pone l’enfasi sulla partecipazione, esaltando il ruolo attivo del cittadino e dall’altro rischia di nascondere il fatto che la possibilità di far sentire fino in fondo la propria voce non riguarda tutte le persone, ma solo chi fa parte della comunità dei cittadini (insiders).
Se le forze sociali e di mercato non consentono agli individui di raggiungere (autonomamente) l’inclusione sociale, essa si perpetua nel tempo, e si manifesta una divergenza persistente (o addirittura crescente) di opportunità, fino a che la condizione di “escluso” si trasferisce da una generazione all’altra. Le variabili statistiche più significative utilizzate per misurare il grado di inclusione sociale sono: a) il reddito disponibile; b) livello di istruzione, c) la capacità di iniziativa familiare, d) d)’inserimento occupazionale, e) accessibilità al mercato immobiliare, f) livello di occupazione femminile, g) la capacità di lavoro in proprio. Principi condivisi e dichiarazioni di intenti questi, che, tuttavia, non sempre si traducono in scelte e opportunità conseguenti, con l’esclusione di fatto di molte persone occupabili, qualora professionalmente formate e adeguatamente inserite in contesti produttivi compatibili. La condizione, infatti, delle persone svantaggiate, prive di occupazione lavorativa, con problemi materiali di sussistenza permane critica, senza facili soluzioni anche nei contesti nazionali a maggiore sviluppo economico, con una articolata rete di strutture e di servizi di welfare. Diventa drammatica nelle parti del paese dove la disoccupazione è fenomeno strutturale, come nel territorio della Locride, dove i servizi di territorio mancano o sono carenti e in quelle zone dove è venuto a mancare un tessuto comunitario, associativo, di cooperazione e volontariato, anche vicariante di carenze istituzionali, lasciando spazio alla criminalità organizzata nel governo del territorio.
L’inclusione sociale delle fasce più deboli di popolazione (disabili, pazienti psichiatrici, giovani e adulti con trascorsi di dipendenza psicotropa o alcolica, donne immigrate vittime della tratta, persone senza dimora, ex detenuti, ecc.), in particolare di chi ha perduto il legame di affiliazione con la comunità di appartenenza, di chi vive in condizioni di isolamento e si trova permanentemente escluso dal sistema produttivo, è obiettivo difficile da raggiungere con l?insieme delle politiche e degli strumenti oggi disponibili per favorire l’integrazione dei cittadini maggiormente a rischio di emarginazione. Si vuole, insomma, concentrare l?attenzione in particolare sul “come” si può favorire l’integrazione lavorativa e per questa via, congiuntamente, sociale, delle persone svantaggiate, considerando: 1 – gli aspetti di sistema (politici, economici, sociali), che più hanno rilevanza, come la rete dei servizi di welfare e di politica attiva del lavoro, nelle azioni di contrasto alla esclusione sociale e per l’inserimento lavorativo delle fasce deboli di popolazione; 2 – la funzione svolta dal privato sociale, in particolare dalla cooperazione sociale, nel rapporto intrattenuto con le persone svantaggiate, con gli enti pubblici preposti e le imprese, per facilitare ed attuare percorsi di integrazione lavorativa e sociale; 3 – gli approcci, le metodologie, gli strumenti di valutazione che nel tempo sono stati sperimentati, sistematizzati e diffusi in buone prassi integrative; 4 – l’importanza della mediazione sociale per gli operatori preposti all’inserimento lavorativo mirato, nei rapporti da intrattenere con dentro le cooperative sociali e soprattutto le imprese profit, a partire da quelle più socialmente responsabili, per la gestione di processi negoziali finalizzati a facilitare l’accesso e la costruzione di percorsi di apprendimento, relazionali, occupazionali significativi nei contesti di lavoro; 5 – le esperienze più recenti che hanno tentato di affrontare la complessità del problema inclusione lavorativa e sociale delle persone in condizioni di più grave disagio, facendo rete tra enti pubblici preposti, servizi di territorio, privato sociale associativo-cooperativo, imprese profit; 6 – le proposte che si possono avanzare per intervenire sui nodi irrisolti e dare un contributo operativo al bisogno, non differibile, di molte persone altrimenti destinate a regredire nell’abbandono e nell’isolamento emarginante.
L’intento ispirativo è, appunto, di offrirsi, nella gestione dei processi di inclusione lavorativa e sociale, avendo a mente che sempre più spesso le problematiche soggettive per le quali si è chiamati ad intervenire si collocano al limite della cosiddetta occupabilità. E’ di tutta evidenza che la complessità del problema inclusione sociale delle persone più svantaggiate non può trovare risposte sensate al di fuori di una logica concertata, di rete, sia comunitaria che di sistema locale di welfare e di politica attiva del lavoro, più interessata alla sorte delle fasce deboli di popolazione di quanto fino ad oggi avvenuto, certamente con il contributo del cosiddetto privato sociale (associativo, cooperativo, di volontariato), ma con un sforzo aggiuntivo della politica e delle istituzioni, anche in condizioni di risorse pubbliche calanti, come le attuali, e delle imprese più socialmente responsabili. Servono appropriate relazioni di aiuto a sostegno dei soggetti più deboli, per educarli quando non hanno una famiglia, formarli tenendo conto della loro diversità/specificità, supportarli quando frequentano la scuola con i coetanei (apparentemente) senza problemi o quando debbono essere accompagnati nell’inserimento lavorativo, specie se in aziende profit con elevate attese performative.
Diviene sempre più importante porre in essere adeguate mediazioni sociali, nei contesti / sfondi integratori, con gli attori significativi degli ambiti relazionali di riferimento, facendo rete operativa ed istituzionale per un sistema locale di welfare society partecipato, sussidiario, aperto al contributo di partenariato, tanto del privato sociale, quanto dell’imprenditoria più eticamente avvertita. Si è, ovviamente, consapevoli che il tema della insufficienza delle risorse pubbliche rispetto alla eccedenza di bisogni e domanda di buona vita da parte di cittadini esclusi o non sufficientemente integrati nella scuola, nel lavoro, nella società, accompagna da sempre, fin dalla nascita e per tutta la sua evoluzione il nostro sistema di welfare. La cooperazione sociale è figlia e strumento compensativo, non solo promozionale, di questo processo che, operativamente, chiede continui sforzi di adeguamento del rapporto tra dotazioni finanziarie scarse e qualità / quantità dei servizi che, invece, dovrebbero crescere e alla cui complessa realizzazione non ci sottraiamo. A prescindere dalla questione, mai risolta, della minore ricchezza delle casse pubbliche a fronte di una pratica nazionale di elusione ed evasione fiscale unica in Europa e delle opzioni politiche generali in tema di investimenti nel sociale, diversamente orientabili, si è convinti che non sia dirimente la dichiarazione di mancanza di risorse per non porsi il problema, quantomeno delle fasce di popolazione più disagiate e a più grave rischio di emarginazione. Come si può riuscire a coniugare azioni di supporto e di servizio di welfare, per dare un minimo di sussistenza e di assistenza a queste persone, accogliendole ed accompagnandole in un percorso non breve, di ritorno alla vita e poterle inserire, in prospettiva in un lavoro, ancorché protetto, se difficile rimane l’incrocio con le richieste delle imprese profit ? Si ritiene, pertanto, che vadano messi a disposizione strumenti, quali il Reddito Minimo di Inserimento, peraltro previsto dalla L. 328/00, la cui sperimentazione non è ancora arrivata nel nostro territorio, come misura assistenziale di welfare che garantisca la base minima di sussistenza vitale, alla quale possano connettersi le azioni dei servizi di territorio e integrarsi con le politiche attive del lavoro (orientamento, formazione, tirocini, inserimento occupazionale), altrimenti destinate per queste persone a sicuro fallimento. La Strategia Europa 2020 e l’inclusione sociale – appendice dell’asse lavoro ed occupazione I temi dell’inclusione sociale e della lotta alla povertà avranno una notevole rilevanza nella nuova politica di coesione, raccordandosi in questo con la Strategia Europa 2020. Le proposte di regolamento generale e di ciascun fondo, infatti, stabiliscono l’allineamento della politica di coesione alla Strategia Europa 2020 e la funzione di contribuire a realizzare i suoi obiettivi. E’ da qui, perciò, che bisogna partire per comprendere il quadro che si va delineando e la collocazione della povertà e dell’inclusione sociale in questo contesto. Come è noto, la Strategia Europa 2020, approvata dalla Commissione Europea e dal Consiglio Europeo del 17 giugno 2010, ha 3 grandi priorità: – crescita intelligente: sviluppare un’economia basata sulla conoscenza e sull’innovazione; – crescita sostenibile: promuovere un’economia più efficiente sotto il profilo delle risorse, più verde e più competitiva; – crescita inclusiva: promuovere un’economia con un alto tasso di occupazione che favorisca la coesione sociale e territoriale Le due iniziative faro che concorrono a questo importante traguardo sono “Un’agenda per nuove competenze e nuovi posti di lavoro” e la “Piattaforma europea contro la povertà e l’esclusione sociale”.
La prima si prefigge di aiutare i paesi della UE a raggiungere gli obiettivi della Strategia 2020 in rapporto all’occupazione, all’abbandono scolastico, all’innalzamento del livello di istruzione dei giovani e alla diminuzione della povertà. L’altra, più specificatamente rivolta ai temi di nostro interesse, intende costituire la base di un impegno comune da parte degli Stati membri, delle istituzioni UE e dei principali soggetti interessati a combattere la povertà e l’esclusione sociale. I programmi operativi dovranno concentrarsi su poche priorità d’investimento. Le priorità declinano i 4 obiettivi tematici del FSE particolareggiando 18 ambiti d’intervento: 1) Promozione dell’occupazione e sostegno alla mobilità professionale attraverso: i) l’accesso all’occupazione per le persone alla ricerca di un impiego e le persone inattive, comprese le iniziative locali per l’occupazione, e il sostegno alla mobilità professionale; ii) l’integrazione sostenibile nel mercato del lavoro dei giovani che non svolgono attività lavorative, non seguono studi né formazioni; iii) l’attività autonoma, lo spirito imprenditoriale e la creazione di imprese; iv) l’uguaglianza tra uomini e donne e la conciliazione tra vita professionale e vita privata; v) l’adattamento dei lavoratori, delle imprese e degli imprenditori ai cambiamenti; vi) l’invecchiamento attivo e in buona salute; vii) la modernizzazione e il rafforzamento delle istituzioni del mercato del lavoro, comprese azioni volte a migliorare la mobilità professionale transnazionale. 2) Investimento nell’istruzione, nelle competenze e nella formazione permanente: i) riducendo l’abbandono scolastico precoce e promuovendo l’uguaglianza di accesso all’istruzione prescolare, primaria e secondaria di buona qualità; ii) migliorando la qualità, l’efficacia e l’apertura dell’istruzione superiore e di livello equivalente al fine di aumentare la partecipazione e i tassi di riuscita; iii) migliorando l’uguaglianza di accesso alla formazione permanente, aggiornando le attitudini e le competenze della manodopera e migliorando l’utilità dei sistemi d’insegnamento e di formazione per il mercato del lavoro. 3) Promozione dell’inclusione sociale e lotta contro la povertà: i) inclusione attiva; ii) integrazione delle comunità emarginate quali i rom; iii) lotta contro la discriminazione basata sul sesso, l’origine razziale o etnica, la religione o le convinzioni personali, la disabilità, l’età o l’orientamento sessuale; iv) miglioramento dell’accesso a servizi abbordabili, sostenibili e di qualità, compresi i servizi sociali e cure sanitarie d’interesse generale; v) promozione dell’economia sociale e delle imprese sociali; vi) strategie di sviluppo locale realizzate dalla collettività. 4) Rafforzamento della capacità istituzionale e di un’amministrazione pubblica efficace: i) Investimento nella capacità istituzionale e nell’efficacia delle amministrazioni pubbliche e dei servizi pubblici nell’ottica delle riforme, di una migliore regolamentazione e di una buona governance; ii) rafforzamento delle capacità delle parti interessate che operano nei settori dell’occupazione, dell’istruzione e delle politiche sociali; iii) patti settoriali e territoriali di mobilitazione per una riforma a livello nazionale, regionale e locale. L’attuale crisi economica ha amplificato i problemi del disagio giovanile in Italia, soprattutto per l’aumento del tasso di disoccupazione ed il persistere delle varie forme di precarietà lavorativa e sociale.
Gli aiuti del FSE e, in parte, del FESR, possono rivelarsi decisivi per affrontare queste difficoltà. Due degli obiettivi del FSE sono largamente destinati rispettivamente all’occupazione giovanile e all’istruzione e formazione permanente. Il FESR, d’altra parte, promuove investimenti per lo sviluppo di incubatrici di imprese ed il sostegno a investimenti per i lavoratori autonomi e la creazione di imprese, nonché per iniziative per lo sviluppo locale e aiuti a strutture che forniscono servizi di zona per creare nuovi posti di lavoro. LAVORO E OCCUPAZIONE La Struttura Economica Caratteri Generali dell’Economia Locale La storia e l’economia della Locride sono state caratterizzate profondamente, nel passato, dalla morfologia del territorio che ha contribuito allo sviluppo di un’economia agricola sostenuta dalla produzione di vino, olio, e prodotti tipici del bosco e di un’economia artigianale caratterizzata dalla produzione di vasellame in terracotta e di oggetti in ferro battuto (questo tipo di artigianato ebbe origini molto antiche: nel periodo di dominazione borbonica, le ferriere di questa zona hanno conosciuto, una fase di intenso sfruttamento). Le dinamiche economiche, negli ultimi decenni, sono state fortemente condizionate dai fenomeni di spopolamento, dovuti all’emigrazione ed al trasferimento di parte della popolazione dai centri interni montani verso la fascia litoranea con conseguente cambiamento dell’economia, della cultura e con difficoltà per le popolazioni di integrazione socioeconomica. Oggi, l’economia dell’area presenta un sistema produttivo precario ed una imprenditorialità di piccole dimensioni, dispersa sul territorio. Le dinamiche socio-economiche dell’area evidenziano una evoluzione in senso terziario, accentuando il grado di dipendenza dall’esterno dell’economia locale. Il calo generale della produttività, e la conseguente scarsa incidenza che le produzioni tipiche esercitano sul reddito dell’area, è generato da un progressivo abbandono di una economia compatibile con le vocazioni del territorio. Occupazione e disoccupazione La disoccupazione nella Provincia di Reggio Calabria, da fonte istat, è dell’11,6,% nel 2010 mentre i dati riferiti all’anno 2011 fanno risultare una crescita al 13.1%. Maggiormente drammatica è la situazione nella Locride, dove assistiamo ad una differenze, in negativo di almeno tre punti in percentuale rispetto al dato provinciale. Riguardo l’occupazione il settore di attività prevalente degli occupati della Locride è quello agricolo (17,90% degli occupati), seguito dal commercio (14,25%) e Pubblica Amministrazione (11,03%). Tale ripartizione rispecchia la suddivisione degli occupati che si verifica in provincia, mentre a livello regionale il settore di occupazione prevalente è quello commerciale in cui lavora il 13,90% delle persone. Il contesto locrideo esprime, quindi, dinamiche di crescita economica e sviluppo complessivamente insoddisfacenti, che, in una qualche misura significativa, possono essere ricondotti a fattori non strettamente economici, come la cultura, le istituzioni, ecc…, cioè al contesto territoriale nella sua più ampia accezione, ovvero al capitale territoriale che il contesto è in grado di esprimere, un capitale la cui dotazione può aumentare, ma anche diminuire..
I fattori per lo sviluppo della Locride non sono tanto legati alla scarsa accumulazione di capitale fisico e umano, che pure sono fattori rilevanti, quanto alla scarsa produttività totale dei fattori di produzione, che a sua volta può essere fatta risalire soprattutto alle specificità del contesto territoriale, che fa emergere molti punti di debolezza, che, se non eliminati o quantomeno attenuati, faranno fallire qualsiasi politica di sviluppo. La Locride è oggi alle prese in misura crescente con il cosiddetto “non sviluppo”: spopolamento diffuso, soprattutto nelle zone più interne; invecchiamento della popolazione che in alcuni comuni ha già raggiunto il punto di “non ritorno demografico” e in altri lo sta per raggiungere; abbandono dei terreni agricoli; abbandono delle case. Sono alcuni degli indicatori che evidenziano l’assenza di vitalità economica e sociale in un numero crescente di comuni, anche se i comuni costieri di maggiore dimensione stanno manifestando alcuni segnali apprezzabili di vitalità, che tuttavia non sono tali da trascinare il resto della Locride.
Da qui discende la fondamentale importanza dell’0attuazione dei quattro assi d’intervento sopra evidenziati, che potranno contribuire a determinare un fattore moltiplicatore di crescita e di sviluppo per l’intero territorio locrideo, ritenendo da un lato rilevante capitalizzare le esperienze di sviluppo locale pregresse e in corso, che, per quanto facciano emergere una difficoltà nella implementazione di una precisa strategia di sviluppo di lungo periodo, evidenziano una significativa vitalità del territorio e un impegno delle istituzioni locali, fattori che non vanno dispersi ma meglio orientati, e dall’altro lato accostare politiche di progettualità innovativa, fonte ispiratrice del presente documento.
SI ALLEGANO LE SCHEDE DELLE NOTE CARATTERISTICHE DELLE RISORSE ENERGETICHE RINNOVABILI (EOLICO, FOTOVOLTAICO, BIOMASSE, THERMAL WAST OXIDATION) E LA INDICAZIONE DELLA PROGRAMMAZIONE PER LA REDAZIONE DEL PIANO EOLICO L’eolico si presenta oggi come la fonte di energia rinnovabile più dibattuta. Attualmente in Italia sono installati circa 2.000 MW, che corrispondono a 0,7 Mtep per un funzionamento medio di 1.460 h/anno (ore di funzionamento considerate in tutte le stime e i calcoli successivi). Prendendo in considerazione il trend di sviluppo storico di questa fonte nel nostro paese ed i trend europei si stima che al 2012 si potrà raggiungere una potenza installata di circa 5.000 MW (1,8 Mtep) per aumentare fino a circa 8.000 MW (2,6 Mtep) al 2020. Il potenziale massimo, 4,9 Mtep, è stato individuato valutando i piani energetici regionali o attraverso stime per le regioni che non hanno ancora presentato un proprio piano energetico. La tecnologia eolica può considerarsi matura garantendo un costo competitivo del kWh; tuttavia il freno allo sviluppo di nuovi parchi eolici è ravvisabile in un iter burocratico-amministrativo che non permette agli operatori una stima dei tempi di realizzazione dell’opera. Per contro, una maggiore chiarezza normativa e procedurale potrebbe contribuire alla crescita dell’energia prodotta dal vento tanto da avvicinarsi al pieno sfruttamento del potenziale offerto dal territorio italiano.
La tecnologia eolica si può considerare oggigiorno una tecnologia commercialmente competitiva, sicure e tecnologicamente affidabile e con processi di progettazione standardizzati. La tecnologia sviluppata si basa sul principio di trasformazione dell’energia cinetica della massa d’aria in movimento a una data velocità in energia meccanica (e successivamente elettrica) per mezzo di turbine, dette aerogeneratori. I siti che dovranno essere scelti per l’ubicazione delle pala eoliche, non dovranno prevede nella zona aree di particolare pregio storico?culturale, archeologico o di interesse a fini turistici. I siti non dovranno interessare, neppure parzialmente, il perimetro di Siti di Interesse Comunitario e dovranno essere caratterizzati da buona ventosità, garantita anche dalla sua morfologia, dalla posizione geografica. FOTOVOLTAICO L’energia prodotta con la tecnologia fotovoltaica è di un ordine di grandezza inferiore rispetto alle fonti precedentemente analizzate; al 2006 sono installati circa 190 MW corrispondenti a 0,008 Mtep per un funzionamento pari a 600 h/anno. Si ipotizza che gli anni 2007 e 2008 possano rappresentare lo “start-up” di questa tecnologia; è stata dunque stimata una crescita di circa il 300% al 2007. La figura 4 differisce dalle altre in quanto la stima a lungo termine ed il potenziale massimo non sono state elaborate per un’eccessiva complessità; infatti il cambiamento tecnologico, in continuo sviluppo, potrebbe determinare un incremento enorme ed inestimabile della produzione di energia elettrica dalla fonte solare. L’unica stima effettuata è dunque al 2012, distinguendo la produzione al Nord ed al Centro-Sud. A partire dal 2007, ipotizzando un incremento annuo del 50%, al 2012 si potrebbe raggiungere una potenza installata di circa 1.400 MW, stima verosimile se confrontata con i dati del “Conto Energia” che prevede incentivi fino a 1.200 MW al 2012.
Il solare fotovoltaico presenta rilevanti opportunità di sviluppo. L’obiettivo dell’intervento e di realizzare un impianto di produzione di energia elettrica che costituisca un investimento, risultando pero allo stesso tempo in un vantaggio economico e ambientale. La realizzazione di un parco fotovoltaico adeguato alle esigenze energetiche di una popolazione aggirabile intorno ai 20 – 30 mila abitanti, apporterà tra gli altri, i seguenti vantaggi socio-ambientali: – Valorizzazione del territorio, e conseguente l’aumento del suo valore; – Riduzione delle emissioni di CO2 nell’ambiente; – Contribuzione alla produzione di energia nel territorio da fonte non esauribile (il tempo di ritorno energetico per un impianto fotovoltaico e dell’ordine di 2-4 anni); – Contribuzione all’affrancamento del territorio dalla dipendenza energetica; – sostenibilità ambientale e valorizzazione del territorio. Cosi come progettato e descritto in seguito, si stima che l’impianto fotovoltaico consentirebbe di: Il bilancio energetico e quasi totalmente positivo. A parte gli assorbimenti dei servizi ausiliari del campo (dell’ordine massimo di qualche percento), l’energia prodotta viene ceduta interamente in rete.
BIOMASSE Le biomasse sono intese come la parte biodegradabile dei prodotti, rifiuti e residui provenienti dall’agricoltura (sostanze vegetali ed animali), dalla silvicoltura silvicoltura e dalle industrie connesse e dalla parte biodegradabile dei rifiuti industriali ed urbani. La potenza installata di energia da biomassa è oggi pari a 7.300 MW pari a 4,04 Mtep di cui 1.200 MW riferiti alla generazione elettrica. Ipotizzando una superficie coltivabile in Italia pari a circa 2,5 Mha, si calcola la produttività secondo diversi scenari di coltivazione: dalla coltivazione totale ad erbacee a quella esclusivamente ad oleose, passando per un mix del 50% del territorio ad erbacee e 50% ad oleose. Risulta evidente che le erbacee (per esempio colture di miscanto, pioppo, eucalipto) dalle quali si ottengono biocombustibili solidi hanno un rendimento energetico superiore rispetto alle colture oleaginose (girasole, colza ecc.) utilizzate per ottenere biocombustibili liquidi (biocarburanti).
Per la determinazione degli scenari si ipotizza che tutto il territorio disponibile sia dedicato a colture erbacee-lignocellulosiche (la scelta italiana relativa all’impiego del territorio per colture erbacee-lignocellulosiche piuttosto che per le oleaginose è di natura strategico-politica). Risulta evidente come il potenziale di crescita della produzione di energia da biomassa è molto alto e, rispetto agli impieghi attuali, le possibilità di utilizzo potrebbero quintuplicare al 2020. Seppure lo sfruttamento delle biomasse creerebbe opportunità in zone rurali, va considerato che l’alta frammentazione delle risorse potrebbe generare problemi di natura gestionale. E’ necessaria pertanto un’organizzazione seria e concertata che ne permetta lo sviluppo, anche attraverso sinergie intersettoriali e la realizzazione di filiere, per evitare rischi ambientali che potrebbero derivare dallo sfruttamento indiscriminato del territorio. A tal proposito può essere attraente un progetto innovativo e cioè la gassificazione termica, che stabilisce la conversione chimica dei solidi e dei liquidi organici in un gas sintetico in condizioni molto controllate di calore e disponibilità di ossigeno. La gassificazione termica dissocia le molecole di complesse sostanze in un semplice gas. La gassificazione termica è molto efficiente in relazione al controllo ed abbattimento di sostanze pericolose quali diossina e furani. La gassificazione impiega un controllo termico ed un processo di conversione chimica. È una tecnologia affermata che è stata usata in un’ampia varietà di applicazioni. L’applicazione della gassificazione termica ai rifiuti solidi urbani è uno sviluppo relativamente nuovo, un’applicazione emergente di questa tecnologia. Molti paesi ora stanno riconoscendo la massificazione termica dei rifiuti come risorsa rinnovabile Al fine di non confondere la gassificazione con l’incenerimento si devono comprendere ed evidenziare le differenze tra le due tecnologie. L’unica somiglianza è che entrambe trattano il rifiuto con il calore. La maggior parte delle fonti informate oggi riconoscono la gassificazione termica dei rifiuti come risorsa rinnovabile e distinta dall’ incenerimento. Non è combustione.
Il gas sintetico scaturente dalla gassificazione si compone soprattutto di H2 e l’incenerimento di CO. D’altra parte, è la combustione del rifiuto in un ambiente ricco di ossigeno. La combustione produce il CO2 ed il vapore acqueo come sottoprodotti. Data la quantità abbondante di ossigeno, numerosi ossidi complessi si formano inevitabilmente durante la combustione ed alcuni di questi sono materiali pericolosi. Sotto molti aspetti la gassificazione e l’incenerimento termici sono processi opposti. La gassificazione termica dissocia l’acqua in idrogeno ed ossigeno, l’incenerimento unisce l’idrogeno e l’ossigeno per formare il vapore acqueo. Ancor più importante, l’incenerimento può generare sostanze complesse, comprese le sostanze pericolose, mentre la gassificazione termica dissocia le molecole delle sostanze complesse nei gas semplici. La gassificazione termica è molto efficiente per l’abbattimento delle sostanze organiche pericolose. Thermal Waste Oxidation Il sistema Thermal Waste Oxidation Plant (TWO) è un processo di combustione dei rifiuti e biomassa in due step che converte la materia combustibile organica dalla relativo livello di stato solido, di fango o di liquido in gas sotto condizioni di carenza di ossigeno (anche conosciuto come “ossidazione”). Il gas risultante prodotto è allora ben miscelato con l’aria ambientale prima di essere trattato in un’unità secondaria di elaborazione del gas. Il TWO si avvale di tre componenti principali: Celle Primarie di Gassificazione, Processo secondario del Gas, ed un Processo Logico di Controllo computerizzato. Il materiale riciclato combustibile è disposto nelle celle primarie attraverso il portello di accesso del carico. In alcuni casi questo può essere fatto tramite un trasportatore di carico o tramite un sistema a ragno. Le celle primarie possono essere modulari o presentare una alimentazione in continuo. Sulla base della nostra esperienza, l’elaborazione per moduli fornisce la strategia più efficiente e più redditizia. Nel caso di processo discontinuo una volta che la cella ha ricevuto il carico, il portello viene chiuso ed il processo ha inizio. La cella non deve essere piena affinché il sistema sia attivato. Un operatore è responsabile della sorveglianza del caricamento del materiale e dell’inizio dello start-up.
Un input del computer (o in opzione azionando manualmente un tasto e la leva di controllo) preriscalda l’unità per l’elaborazione secondaria del gas completando questo start-up. Una volta che quell’unità raggiunge la relativa temperatura prestabilita, il riscaldatore primario delle celle di gassificazione viene attivato ed il processo comincia. 8 – 12 ore dopo, i rifiuti organici nella cella primaria saranno stati convertiti in gas ed il ciclo sarà definitivamente completato. Con l’aiuto del Processo Logico Computerizzato(PLC), l’operatore può valutare la fine del ciclo di gassificazione osservando il cambiamento nella composizione di ossigeno e della temperatura presente nel gas nella cella primaria. Una volta che queste circostanze finali sono raggiunte, il PLC indicherà all’operatore che il ciclo è finito ed il sistema si muoverà verso il relativo ” cool down* mode (modalità di raffreddamento). Dopo circa 2 ore, il sistema può essere ricaricato e un altro processo può iniziare, con o senza la rimozione della cenere del carico precedente. Materiali residui (bottiglie, latte, cenere e varie.) necessitano di essere rimossi soltanto periodicamente. La rimozione della cenere può essere un processo automatizzato o manuale. Vantaggi tecnici del sistema: Basso impatto paesaggistico rispetto ad altri sistemi di recupero energetico da biomassa e/o rifiuto; Produzione energia elettrica e termica; Alta efficienza energetica; Limitate emissioni in atmosfera; Bassa produzione di cenere – la quale comunque viene inertizzata; Recupero dei materiali non organici – post differenzazione; Vantaggi sociali: 1. Impatto occupazionale positivo; 2. Specializzazione tecnologica; 3. Utilizzo dell’energia termica prodotta: 4. Possibili applicazioni: 5. Energia termica impiegata all’interno di un distretto industriale; 6. Alimentazione edifici pubblici; 7. Impiego per riscaldamento serre; 8. Possibilità di effettuare il recupero energetico direttamente nel sito di stoccaggio – eliminazione dei problemi di gestione inerenti la viabilità dei mezzi di trasporto per effettuare tali operazioni in siti diversi da quello primario di stoccaggio Programmazione per la redazione del Piano Industriale Al fine di poter sviluppare in toto il piano energetico si rendono necessarie ¥ Fase 1: Ricognizione/Valutazione attuali modalità di erogazione dei servizi e stato di fatto ¥ Fase 2: Sviluppo del Piano Industriale nel breve e medio periodo a. coerenza con il Piano provinciale e regionale in itinere e con le modifiche normative; b. Verifica tecnica dei servizi erogati nel b/m periodo; c. Politiche di sviluppo infrastrutture per la valorizzazione dei flussi di rifiuti raccolti in maniera differenziata e per lo smaltimento dell’indifferenziato; ¥ Fase 3: Valutazione economico-finanziaria del piano