servizio di Adelina B. Scorda e Walter De Fiores
(segue in fondo alla pagina il video-servizio)
BOVALINO – Se Napoli è la terra dei fuochi, Bovalino è la terra d’Amianto. Due le discariche abusive scoperte ed entrambe si trovano lungo l’argine del torrente Bonamico e dell’altro torrente Pintammati esattamente ai due estremi del territorio comunale.
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Nonostante siano trascorsi 20 anni dall’entrata in vigore della legge n. 257 del 1992, con la quale anche l’Italia decideva la messa al bando della produzione e del commercio di amianto e nonostante la sentenza storica del tribunale di Torino che il 13 febbraio 2012 ha condannato i dirigenti della “Eternit”, continuano a registrasi continui abbandoni di lastre di cemento amianto nel nostro territorio.
La prima tappa: esattamente sotto il ponte Bonamico, qui insieme all’assessore all’Ambiente Sergio Delfino, la prima amara constatazione: tutta l’area adiacente il torrente è una discarica abusiva, e sparsi sul terreno sono numerosi rifiuti speciali pericolosi. Lastre di eternit, cumuli di pneumatici di auto e camion, lamiere, elettrodomestici e divani in disuso, cumuli di detriti e materiale edile.
L’intervento immediato del comandante Valenti della guardia costiera di Bovalino, contattato dall’assessore Delfino, ha suggerito di provvedere a segnalare al responsabile dell’unità tecnica di vigilanza la presenza di materiale altamente pericoloso. L’area, infatti, non risulterebbe di competenza demaniale, ma municipale.
Proseguendo, poche ore più tardi la curiosità spinge a controllare, questa volta senza la presenza di forze dell’ordine o dell’assessore, un’altra area: quella del torrente Pintammati. Anche qui lo scenario non cambia. Risalendo tutto il torrente, senza fare troppa fatica troviamo rifiuti di tutti i generi, dalle carcasse d’auto a teloni di plastica, da ingombranti e Raee al pericolosissimo cemento amianto, più comunemente chiamato eternit. Ed è la quantità difficilmente calcolabile di questo materiale altamente tossico che spaventa. Lastre su lastre si osservano ripercorrendo all’insù il torrente; in qualche punto le lastre d’amianto spuntano dal terreno.
Continuando, si notano delle piccole frane, terra stracolma d’amianto che per il peso è venuta giù e poi, quasi a non crederci, un gregge di pecore che pascola indisturbato fra i detriti. L’area, infatti, si trova proprio nel bel mezzo di terreni agricoli, un dato ancora più allarmante per la salute pubblica. L’amianto, non sarebbe, infatti pericoloso se integro o inerte, ma quando subisce modifiche del suo status originale; quando ad esempio si spezza o la parte cementizia perde di consistenza e rilascia le fibre di amianto. Sono proprio queste ultime, 1300 volte più sottili di un capello umano, a causare malattie come il mesotelioma pleurico e il carcinoma polmonare. Basta un po’ di vento per far si che le fibrille d’amianto rilasciate dall’eternit sfibrato si spandono per centinaia di metri attorno e in quantità significativa, costituendo un grave rischio per la salute dei cittadini. Non esiste, purtroppo, ad oggi, una “soglia” di sicurezza al di sotto della quale il rischio sia nullo. Gli scarsi controlli e la cattiva informazione generano due tipi di ignoranza, la prima: di chi ignora le cause del danno che l’abbandono del materiale provoca; la seconda chi ignora, pur conoscendo, i doveri di controllo del territorio.
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