R. & P.
La sanità a Reggio Calabria è stata commissariata, catalogata come mafiosa, precipitata nel baratro di un deficit economico e finanziario che, purtroppo, spiegherà i suoi nefasti effetti sui cittadini, su coloro che hanno bisogno di cure, su chi è ai margini della società.
Questo non sarebbe il momento di ricercare le colpe ma, purtroppo, un dato è incontrovertibile e non può essere sottaciuto: le colpe di questo sfascio vanno ripartite equamente fra una politica incapace di gestire questo settore ed un apparato burocratico a volte colluso, troppo spesso inefficiente.
Un fallimento generalizzato che ha azzerato ogni speranza di ricostruzione di un sistema fallito per la “malagestio” di troppi anni. Tutti i partiti, nessuno escluso, hanno attinto da quella che, per troppo tempo, è stata sicuramente una mangiatoia senza controllo.
Oggi, però, esimi rappresentanti di quel mondo partitico che non ha saputo razionalizzare le spese, mettere fine ai doppi pagamenti, far sprofondare il sistema in un buco nero di 400 milioni di euro, si affannano a chiamare la gente alla mobilitazione di piazza.
Gli stessi politici che si sono dimenticati del territorio amministrato, che lasciano paesi al limite dell’isolamento fisico ed umano, che non hanno cura di rendere agibile quella viabilità secondaria (che rappresenta la percentuale più alta delle vie di comunicazione in provincia di Reggio Calabria, dall’Area Gracanica, alla Piana di Gioia Tauro, passando per la Locride) che rende assai più difficile per la gente dei tanti comuni dell’entroterra reggino raggiungere un ospedale, o essere raggiunti in tempo utile dai soccorsi.
Gli stessi politici che, oggi, vogliono ergersi a capipopolo piuttosto che far sentire forte e chiara la propria voce nelle sedi istituzionali competenti.
Ormai è tardi. Solo lo Stato, rappresentato plasticamente dagli organi di Governo, può risollevare le sorti del Servizio sanitario locale. E chi governa l’Italia sa di cosa stiamo parlando. A loro, in questo momento, diciamo che a poco servono i commissariamenti ultradecennali. Oggi, più che mai, si deve avere il coraggio di trasformare il problema Reggio Calabria in un problema nazionale e, senza perdere altro tempo, promuovere una nuova e possente iniezione di liquidità per chiudere con gli scempi del passato e ridare ossigeno ad un paziente che appare clinicamente morto.
E questo non può essere dall’attuale classe dirigente. I cittadini calabresi, quelli reggini in particolare, devono trovare la forza di far partire dal basso una mobilitazione per rappresentare, senza intermediari, a chi di competenza le proprie rimostranze.
Pietro Sergi
Presidente movimento
“Uniti per crescere”