di Gianluca Albanese
SIDERNO – E’ la globalizzazione del “terzinato”. Il ritmo tipico della tarantella, attraverso i virtuosismi della chitarra battente di Francesco Loccisano spicca il volo verso una dimensione mondiale, sposandosi e armonizzandosi con ritmi e suoni di posti lontani. Proprio così: nel suo secondo lavoro da solista “Mastria” (2013, CNI Music) il chitarrista di Marina di Gioiosa sdogana il ritmo della tradizione e lo fa diventare internazionale, dopo che in precedenza (ci riferiamo al suo primo album “Battente Italiana”) aveva fatto emergere il ruolo della chitarra battente da mero strumento di accompagnamento ad assoluto protagonista di un sound avvolgente, pieno, coinvolgente.
{loadposition articolointerno, rounded}
E, dunque, “Mastria” è un lavoro discografico davvero ben fatto, in cui non mancano gli elementi in comune col primo, a cominciare dalla qualità dei brani e dalla loro originalità, ma spaziando in un orizzonte artistico molto più ampio dello stesso bacino mediterraneo.
La prima traccia “Il volo del calabrese” sembra una figlia naturale frutto dell’amore tra i brani più famosi del suo primo album, ovvero “Danza Ionia” e “Il volo dell’angelo”, con l’immancabile voce roca di “Mico Corapi” che si fonde con gli altri strumenti d’accompagnamento, mentre nella seconda (“Pastorale”) la lira del maestro Ettore Castagna rende un po’ più calabrese la sonorità di stampo medievale del pezzo.
In “Kaos kalabro” (titolo scelto sulla scorta di un fortunato format televisivo di Giovanni Maiolo e Margherita Catanzariti) il terzinato strizza l’occhio alla psichedelia con la voce acida di Tancredi Limoncino, così come accade in “Battente Italiana”, mentre “Sdegnu” è scatenata e trascinante col suo ritmo tradizionale sostenuto che sa di Aspromonte, camini accesi nelle notti d’inverno e calcagni che sbattono a terra su pavimenti grezzi e polverosi.
La riscrittura di “Lauro Waltz” fa erigere un ponte ideale tra Vienna e il Mediterraneo, mentre Solè (e non potrebbe essere altrimenti, visto il titolo) è il pezzo più luminoso del Cd con la strofa finale cantata da un sognante Mimmo Cavallaro, romantico come non mai in una notte di luna piena.
C’è anche spazio per l’omaggio al ballo votivo più famoso di Calabria ne “I tamburi di San Rocco” e per un brano della memoria cantato dal figlio Samuele (adolescente) quando aveva quattro anni. Dunque dal “Bruco” del primo album al “Dvd volante” del secondo, come a dire che la genetica nelle attitudini artistiche conta, eccome.
La tarantella di zio Nicola, dedicata al maestro liutaio De Bonis occhieggia alla pizzica salentina, mentre “Cardio” sprizza pathos da ogni nota.
“Amico Brozman”, appassionata dedica a Bob Brozman (uno dei tanti musicisti di fama internazionale coi quali Loccisano ha suonato, condividendo percorsi ed esperienze artistiche) chiude questo bellissimo lavoro, che sabato 15 alle 22 sarà presentato al Caffè Letterario di via Ostiense a Roma.