di Gianluca Albanese
LOCRI – Il tribunale di Locri in composizione monocratica (Giudice Gabriella Logozzo) lo scorso 17 aprile ha emesso la sentenza di condanna in primo grado del 31enne presidente e della madre 56enne, e vicepresidente dell’istituto scolastico “Perigeo” con sede a Marina di Gioiosa Ionica, accusati in concorso da diverse decine di corsisti dei reati di falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici, falsità materiale e contraffazione di altri pubblici sigilli o strumenti destinati a pubblica autenticazione o certificazione e uso di tali sigilli e strumenti contraffatti per aver “Contraffatto integralmente” – si legge nella sentenza – “numerosi attestati di qualifica professionale per Operatore Socio Sanitario (OSS) apparentemente rilasciati dalla Regione Lombardia – Provincia di Milano – Fondazione ENAIP Lombardia, Provincia di Milano a mezzo di riproduzione dello stampato originale, apposizione dei timbri falsi della ENAIP Lombardia, con le relative firme dei funzionari autorizzati al rilascio e segnatamente falsi recavano la firma del direttore generale dell’Assessorato all’Istruzione e formazione Professionale della Provincia di Milano e del settore “Formazione Professionale della Provincia di Milano”.
In particolare, sono 43 gli attestati rilasciati nel 2011 e accertati nel 2013 oggetto del procedimento; uno per ogni corsista iscritto all’istituto, a fronte del pagamento di una quota di cinquemila euro pro capite.
La donna 56enne è altresì accusata di truffa ai danni di una corsista che si era iscritta all’istituto per ottenere l’attestato professionale di operatore al computer per la quota d’iscrizione pari a mille euro, che avrebbe dovuto rilasciare su autorizzazione della Regione Campania.
“Il procedimento in esame – si legge sempre nella sentenza – trae origine dall’attività investigativa effettuata nell’anno 2013 dai Carabinieri del Nas di Reggio Calabria, a seguito di quanto emerso nell’ambito di una diversa indagine compiuta dal Ros di Milano, in concomitanza alla quale si aggiungeva una segnalazione effettuata da Bernasconi Antonio, direttore generale della fondazione Enaip Lombardia, in relazione al rilascio di attestati di qualifica professionale per Operatori Socio Sanitari (OSS) falsi”.
L’inchiesta dei militari del Ros di Milano prese le mosse dalla richiesta di un corsista del “Perigeo” che aveva contattato l’ente lombardo per chiedere informazioni in merito all’attestato che gli era stato rilasciato dalla fondazione – l’Einap, appunto – che veniva poi esaminato e dal quale venivano riscontrate numerose difformità.
Ovviamente, sia l’Einap che la Provincia di Milano hanno disconosciuto sia gli attestati rilasciati dall’istituto di Marina di Gioiosa Ionica che le firme a essi apposte. Per i corsisti, dunque, fu una vera doccia fredda, perché dopo aver pagato una sostanziosa quota d’iscrizione (cinquemila euro a testa) e aver frequentato i corsi, si videro rilasciare degli attestati che non permettevano loro di partecipare ad alcun concorso.
Tra l’altro, nel corso dell’indagine, è emerso che nemmeno gli insegnanti che avevano svolto i corsi seguito dalle persone offese erano abilitati dalla Regione Calabria a svolgere opera d’insegnamento.
Va altresì detto che una volta avviata l’indagine, e messi al corrente della falsità del certificato rilasciato loro, alcuni degli allievi riuscirono a ottenere il rimborso delle spese sostenute per il corso, mediante atto di transazione, mentre ad altri venne offerta la possibilità di sostenere un ulteriore corso in Abruzzo, con le spese di viaggio e pernottamento a carico degli imputati. Tuttavia, la maggior parte delle persone offese non riuscì ad avere alcun contatto successivo con gli imputati.
Nel corso del processo, la principale imputata, che pur essendo vice presidente avrebbe avuto, di fatto, la gestione dell’istituto, ha poi riferito di aver avviato i corsi unitamente a un professore di sua conoscenza che, dopo il lancio della relativa campagna pubblicitaria e l’iscrizione dei primi allievi, si sarebbe reso irreperibile e che solo in un secondo momento era venuta a conoscenza dell’impossibilità di effettuare il percorso formativo e i conseguenti esami all’interno del proprio istituto; pertanto, avendo già ricevuto le quote di iscrizione da parte degli allievi, aveva avuto delle riserve nel renderli edotti della situazione reale, provando a rivolgersi a un altri istituto accreditato dalla Regione Campania.
D’altro canto, due testimoni chiave hanno riferito durante il dibattimento che in alcun modo le Regioni possono accreditare corsi tenuti da enti che hanno la loro sede in una regione diversa.
Pertanto, la 56enne vice presidente dell’istituto Perigeo è stata condannata alla pena di quattro anni e quindici giorni di reclusione, mentre al figlio, cui sono state riconosciute le attenuanti generiche della giovane età al momento dei fatti e il minor apporto causale della sua condotta, è stata comminata la pena di tre anni di reclusione. Ambedue i condannati sono stati altresì obbligati al pagamento delle spese processuali.
Per quanto riguarda, invece, il risarcimento delle parti civili (ovvero dei corsisti che, da disoccupati, speravano nel corso e nel relativo attestato per trovare un posto di lavoro), i condannati dovranno liquidare novemila euro a testa per cinque di loro, seimila per altri otto e duemila per un’altra. Giova ricordare che il volume complessivo d’affari oggetto della condotta censurata con la sentenza, superava abbondantemente i duecentomila euro.
Entrambi gli imputati sono stati altresì interdetti dai pubblici uffici per cinque anni ma i loro avvocati difensori hanno già fatto appello.