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Il Ministero della Salute sembra ritenere che per migliorare la gestione della sanità in Calabria sia utile imitare il sistema utilizzato in Veneto, calandolo tout court come un abito da riadattare in una realtà, nostro malgrado, completamente diversa. Infatti, mancando la previsione di irrinunciabili adeguamenti sugli standards tecnologici, strutturali,organizzativi e di personale, una improbabile azione del tipo “tailored”, si rivelerebbe infruttuosa.
Con un protocollo siglato sottotraccia e senza il coinvolgimento dei chirurghi calabresi, il 29 ottobre scorso, per 18 mesi (prorogabili con ulteriori 6) a partire già dal mese di novembre, e, quindi, già in corso, l’azienda ospedaliera di Padova affiancherà con le sue “intellighenzie”, seppur di comprovato ed indiscusso valore professionale, le strutture ospedaliere e le Asp calabresi. In questa sorta di “ménage a trois” fra Ministero della Salute, Regione Veneto ed Azienda Ospedaliera di Padova, la Calabria assume molto le sembianze di una riserva indiana da cui attingere all’occorrenza. Per di più a guidare questo sub-commissariamento dell’organizzazione dell’area chirurgica sarà proprio uno di quei sub-commissari che non può vantare molti meriti nella risoluzione dei problemi della sanità calabrese in questi lunghi anni di inutile Commissariamento caratterizzatosi, per lo più, per interminabili e stucchevoli diatribe tra i vari organi preposti al medesimo settore sanitario.
D’altra parte, come già messo in luce dalla Corte dei Conti, nella suddivisione del fondo sanitario nazionale, dal 2012 al 2017 le regioni del centro-nord hanno ricevuto quasi un miliardo di euro in più rispetto alle regioni del centro-sud. Vi pare poco? Quindi anche ai più distratti appare paradossale che per aiutare la chirurgia in Calabria si scelga di “rimborsare fino a 200 mila euro” l’Azienda Ospedaliera di Padova.
Se la sanità calabrese scivola sempre più giù la colpa non può essere certo addebitata a chi cerca di assicurarla ai pazienti, ogni giorno in trincea ma, semmai, a chi, in tutti questi anni ha fallito la propria mission: Commissari, subcommissari, burocrati e Dg. I chirurghi calabresi, infatti, pur trovandosi a volte, senza loro colpa, in situazioni logistiche critiche, danno prova, giorno dopo giorno, di grandissima capacità professionale e competenza, dimostrando una dedizione ai pazienti che è vocazione: questi professionisti non meritano l’onta d’essere trattati da sciocchi o incapaci ma devono, solamente, essere posti nelle condizioni di poter operare nell’interesse del paziente.
Nessuno, tuttavia, vuole negare le difficoltà esistenti ma siamo certi che non sarà una delegazione di esperti veneti a salvare la sanità in Calabria come, d’altronde, dimostrano altre convenzioni, in ambito sanitario, stipulate, in questi ultimi anni, da aziende ospedaliere nostrane che si sono rivelate meno di fumo negli occhi. In dieci anni di Commissariamento ci hanno provato “luminari” provenienti da ogni angolo d’Italia ma con quali risultati? Non sarebbe ora di dare una chance anche ai calabresi prendendo a riferimento, questo sì, le best practices di Regioni all’avanguardia applicandole e “contestualizzandole” alla nostra realtà? Non sarebbe ora di ascoltare chi, ogni giorno, lavora a diretto contatto con i pazienti e conosce meglio di altri realtà e criticità esistenti?
Ciò di cui la Calabria ha veramente bisogno è che il servizio-salute sia sottratto dalle mani dei vari burocrati, i cui sistemi per molto, troppo tempo hanno contribuito a favorire meccanismi d’iniquità, per ritornare nella sfera di competenza del medico: l’unico che per formazione e capacità è veramente vicino al malato. Per dirne una non ci vuole molto a capire che non si rilancia la sanità di una regione tagliando i posti letto con dotazioni per acuti sotto-soglia rispetto al resto del paese senza, peraltro, attrezzare adeguatamente e di concerto le dotazioni territoriali, in modo che possano fungere anche da filtro per gli Ospedali.
Se davvero si vuole fare qualcosa per la sanità calabrese, perciò, si consideri che essa ha bisogno non della spocchia di chi, credendosi senza ragione migliore, si erge a proclamare una via della salvezza politicamente strumentalizzata, ma, piuttosto, necessita di un sistema veramente meritocratico che premi e incoraggi le eccellenti professionalità mediche che già ci sono e già operano con grande coraggio e non senza ostacoli sul territorio e, semmai, creare le condizioni per il recupero delle eccellenze calabresi affermatesi per forza di cose altrove. La Calabria ha bisogno di strumenti e risorse che permettano di garantire livelli di assistenza adeguati, senza le quali ogni progetto si renderebbe vano, per scongiurare, anche, quella mobilità passiva, indotta dastrategie di politiche sanitarie sempre più disallineate dai reali fabbisogni e domanda di salute dei cittadini, frutto di una politica miope che guarda alla sanità non come servizio essenziale per garantire il sacrosanto diritto alla salute ma come aggregato economico e gli operatori sanitari come meri fattori produttivi che, in quanto tali, hanno un costo da tagliare, nonchégovernato da logiche che, ad oggi, si sono rivelate tanto sterili quanto disumane, guarda caso e paradossalmente più evidenti proprio nelle regioni in piano di rientro.
Responsabilmente riteniamo necessario il ripiano economico, ma non è pensabile poterlo realizzare nel breve termine attraverso l’austerità di un piano di rientro oramai infruttuosamente cronico, richiedendosi, invece, la previsione di un piano di investimenti in un progetto di medio-lungo termine che non badi esclusivamente ad aspetti economici ed emergenziali.
Dr Pasquale Veneziano – Presidente Ordine dei Medici di Reggio Calabria
Dr Eugenio Corcioni – Presidente Ordine dei Medici di Cosenza
Dr Enrico Ciliberto – Presidente Ordine dei Medici di Crotone
Dr Antonino Maglia – Presidente dell’Ordine dei Medici di Vibo Valentia
Dr Vincenzo Antonio Ciconte – Presidente Ordine dei Medici di Catanzaro