di Emanuela Alvaro
SIDERNO – Giugno si avvicina, per i Comuni è la data ultima per munirsi dei Piani Strutturali Comunali. Ma quanti alla fine riusciranno a farlo? La procedura è lunga e spesso non facile da seguire. La legge regionale di riferimento è la numero 19 del 2002 con la quale si sono “mandati in soffitta” i precedenti PRG, i Piani Regolatori Generali, proponendo ai Comuni i Piani Strutturali con caratteristiche e modalità di gestione, sicuramente molto più complesse rispetto al passato.
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Piani Regolatori Generali, strumenti urbanistici che affondano le proprie origini nella legge 1150 del 1942, la legge fondamentale dello Stato in tema di pianificazione territoriale, affermatesi quando l’Italia, uscita dalla guerra, aveva più bisogno di essere ricostruita che non di essere progettata.
Un argomento delicato e complesso con il quale ci si è confrontati con un tecnico, l’ingegnere Ferdinando Errigo, il quale, per la fascia ionica, sta seguendo la nascita di diversi piani, lavorando con lo studio del professore Giuseppe Imbesi. All’ingegnere Errigo abbiamo chiesto di riferirci, per quanto possibile, con parole semplici, fuori dai tecnicismi.
DIFFERENZE TRA PSC E PRG E NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Parlare di PSC significa dimenticare il concetto di Piano regolatore, processo certo non facilissimo. «Il piano regolatore – ha spiegato Errigo – si fondava più sulle zone ed aveva tempi lunghissimi per essere attuato. Uno strumento molto rigido che non riusciva a seguire via via le esigenze della società. Prevaleva più il dato statico della cosiddetta zonizzazione che l’organicità e le coerenze ambientali del nuovo modo di concepire l’urbanistica, direi anche partecipata».
La nuova LR è strutturata a piramide, si ha il Quadro Territoriale Regionale che riguarda la Regione, i Piani Territoriali di Coordinamento che riguardano le Province e poi i Piani Strutturali comunali o associati che riguardano uno o più comuni.
«Molto da dire in senso critico sulla legge almeno nella sua fase iniziale. Studiandola, mi sembra di trovare molte similitudini con altre realtà, dove gli approfondimenti, la prassi e la cultura urbanistica sono ormai molto sedimentate. Regioni come la Toscana, l’Emilia Romagna, l’Umbria sono più avanti nel settore urbanistico, hanno ormai una cultura dell’urbanistica molto ampia: si parla, per esempio, di piani dei servizi, di piani delle certezze; la città si costruisce anche attraverso forme di “mecenatismo”, progetti sostenibili che riverberano effetti positivi, seguendo in divenire le esigenze della società».
Mentre in Calabria, per Errigo, l’effetto è stato quello di far “piombare” una legge che, per molti aspetti, ha omologato le più diverse situazioni territoriali, dai capoluoghi ai piccoli comuni. E’ paradossale che in situazioni territoriali con popolazione anche inferiore ai 1.000 abitanti valgono le stesse rigidezze della legge regionale di città come Reggio Calabria.
«La perplessità che ho sempre avuto è che, forse, questa legge avrebbe dovuto per alcune zone creare più che un Piano Strutturale una attenta regolamentazione edilizia e fermarsi li. Un paese di 1.000 abitanti non ha esigenze di “strategie”, ha bisogno di essere regolamentato con norme più legate alle esigenze primarie della comunità. Altra cosa è, invece, la pianificazione di comuni più grandi con la prevalenza di funzioni territoriali complesse come l’industria, il commercio ed altro».
Peraltro, quello che emerge è che, mai come in questo momento, i comuni non avvertono la concreta esigenza di avere un piano strutturale. L’attuale congiuntura, come sottolineato da Errigo, limita molto la possibilità di investire sul territorio; tutto è bloccato e non si ha l’impellenza di cambiare qualcosa.
«In tutti questi anni si è costruito molto di più rispetto alle effettive esigenze: le abitazioni esistenti e non abitate nella media sono il 30-40% del totale. Come studio ci stiamo occupando del PSC di Caulonia, uno tra i più avanzati nel processo insieme a Roccella Ionica, ora alle prese con il dimensionamento del Piano. La legge ci impone di mettere in gioco la quota di patrimonio edilizio non occupato e farlo diventare parte del dimensionamento, cioè patrimonio da recuperare, da utilizzare nell’ottica di un miglioramento della sostenibilità ambientale e dei servizi».
PSC VALIDI SE SOSTENIBILI DAL PUNTO DI VISTA AMBIENTALE
Errigo pone l’accento sul fatto che tutto ciò che si progetta, relativo al PSC, deve essere dimostrato dal punto di vista della sostenibilità ambientale; una questione che trova non poche difficoltà ad essere compresa dagli addetti ai lavori perché fuori dalla cultura urbanistica classica.
Al contrario del PRG che proponeva un elevato consumo di suolo, non occupandosi delle urbanizzazioni primarie come i depuratori e le discariche RSU, oggi il nuovo Piano richiede maggiori coerenze.
«Caulonia e Roccella Ionica sono avanti nelle procedure perché sono riusciti ad arrivare ai Documenti preliminari di Piano, concludendo la fase della Conferenza di Pianificazione. Infatti il PSC ha due fasi. Una fase preliminare, composta da un quadro conoscitivo, con una bozza di assetto da sottoporre alla valutazione congiunta di una Conferenza di pianificazione. Dopo l’approvazione in consiglio comunale, alla conferenza vengono invitati i rappresentanti di varie istituzioni e diversi settori, soggetti ai quali, preliminarmente, è stato inviato il cocumento sul quale possono prodursi memorie e contributi che verranno successivamente esaminati. Passaggio che a Caulonia e Roccella Ionica è già stato fatto».
Due paesi questi che si era pensato di associare, ma quando gli amministratori di Roccella Ionica hanno chiesto a Caulonia di procedere in tal senso, alla guida del Comune c’era il commissario prefettizio che ha pensato di non essere il soggetto idoneo a decidere in merito. Roccella Ionica a quel punto si è associata a Nardodipace, decisione sulla quale c’è più di uno scettico; per Errigo, scetticismo, ma anche molte coerenze fra i due comuni.
«C’è stato un momento in cui la Regione ha concesso dei finanziamenti privilegiando i comuni che decidevano di associarsi, adottando il criterio economico e non quello territoriale. Roccella Ionica ha un territorio con otto chilometri di spiaggia che va a restringersi fino ad una estremità a cui si “aggrappa” Nardodipace con un territorio che si estende verso le Serre. Ci sono tradizioni comuni, collegamenti indiretti, che fanno ipotizzare un progetto in cui Roccella Ionica sia la “porta del mare” e Nardodipace la “porta della montagna”.
Sta di fatto che i comuni che si sono associati hanno trovato molte più difficoltà di quelli che hanno deciso di non farlo. Fare un PSA, un Piano Strutturale Associato, senza avere la cognizione di quelle che sono le caratteristiche che uniscono i diversi comuni è difficilissimo. PSA significa far coesistere diverse realtà e noi lo stiamo tentando nella Valle del Torbido che sta lavorando, meritoriamente, di costruire l’unione dei Comuni». «Un esito, questo, molto positivo nella prospettiva dell’Area metropolitana».
Altro Comune seguito da Errigo e dallo studio Imbesi è Marina di Gioiosa Ionica, non associato con Mammola, Martone, Gioiosa Ionica e San Giovanni di Gerace, paesi che hanno invece aderito al bando per il PSA. Paesi rispetto ad altri morfologicamente più affini, con un territorio strutturato sulla strada Ionio-Tirreno e sulla variante Anas alla 106.
Lo scorso agosto la Regione Calabria ha posto l’ultimatum alla adozione dei PSC dando come scadenza giugno 2014, anche in assenza di Piano territoriale di coordinamento e Quadro territoriale regionale, i due strumenti sovraordinati rispetto ai quali il PSC deve trovare gli elementi di coerenza. La procedura di approvazione richiede, infatti, che il PSC venga trasmesso a Provincia e Regione per riconoscerne le rispettive coerenze.
«La Regione ha anche sottolineato che se a giugno non si dovesse arrivare preparati tre sono le alternative: le previsioni dei Piani regolatori decadono; vengono meno possibili finanziamenti europei; ci sia la possibilità di essere commissariati. Di fatto, però, i funzionari necessari per commissariare i Comuni sembra non ci siano e, quindi, si pensa che il ruolo possa essere ricoperto dai Responsabili Unici dei Procedimenti comunali. Ogni Piano deve avere un suo RUP. Tutto questo in una situazione in cui i RUP incontrano difficoltà a fare proprie le procedure e creare capacità di stimolo e di iniziativa».
PROCEDURA PER LA DEFINIZIONE DEI PSC
Errigo si sofferma sulla procedura per arrivare alla definizione dei Piani, per i quali si compone una sorta di piano conoscitivo, un quadro generale di temi sui quali si riconoscono i soggetti che partecipano alla conferenza di pianificazione; da qui si passa in consiglio comunale per l’adozione della seconda fase del Piano, dopo aver ricevuto i pareri previsti. Infatti dalla conferenza si capisce la valutazione che verrà data al PSC. Se la stessa si chiude dando la possibilità di aggiornare il quadro conoscitivo, si riesce a confezionare il PSC nella sua veste definitiva. Fatto questo si devono chiedere i pareri vincolanti, quello del Genio Civile per le questioni di ordine sismico e la VAS, la Valutazione Ambientale Strategica, rilasciata con atto del dirigente dell’assessorato all’Ambiente della Regione. Dopo l’adozione il Piano si rimanda ai soggetti interessati a valutare se sono stati rispettati i contributi prodotti in sede di Conferenza di pianificazione.
Successivamente il Documento finale di Piano è trasmesso agli assessorati all’urbanistica di Provincia e Regione per le valutazioni di coerenza con gli strumenti sovraordinati. Se tutto va bene, si procede alla fase di pubblicazione sul sito della Regione e sul Bollettino ufficiale. Contemporaneamente alla richiesta di coerenza ambientale (VAS) si aprono le osservazioni. I cittadini e i soggetti comunque interessati presentano osservazioni al Piano che il Comune approva o rifiuta; le osservazioni approvate vengono inserite nel progetto di PSC.
«Procedura per la quale non è più l’urbanista l’attore principale, perché si inseriscono figure come l’agronomo, che deve valutare le potenzialità delle aree agricole, il geologo, che deve valutare i caratteri geomorfologici e sismici. Si deve procedere ad una relazione per le parti storiche comunali, per la valutazione dei beni o degli immobili che possono essere rivalutati e/o vincolati ed anche ad una valutazione acustica degli effetti di Piano. Sono quindi diverse le discipline di settore che offrono le proprie conoscenze nella costruzione del piano stesso».
CONCETTI NUOVI RISPETTO AL PASSATO
Il professionista parlando delle procedure per arrivare a determinare il PSC pone l’accento su termini e fasi del tutto diversi rispetto a prima.
Perequazione, compensazione, concertazione, partenariato: tutta una serie di opportunità che il Comune offre ai privati o ai soggetti interessati per valutare la concreta volontà di contribuire alla formazione ed attuazione del PSC.
«La perequazione, semplificando molto, non è altro che l’attribuzione di diritti edificatori ad un soggetto che li richiede in cambio di aree gratuite che ritornano al Comune nella previsione di adeguare i servizi. Si aggira intorno ad 1/3 il rapporto perequativo, ma dipende da molti fattori. Insieme alla costruzione dell’organismo urbano si rende necessario garantire i servizi e gli standard urbanistici, le scuole, il verde pubblico, i parcheggi, le attrezzature collettive, le strade. Aree che il Comune o le acquisisce attraverso la compensazione (o la perequazione) oppure le deve espropriare.
Importante questa fase perché da essa si comprende come il Piano non è uno strumento per la cui attuazione è preposto solamente l’ente pubblico, come il precedente PRG. Uno degli obiettivi del PSC è dare fisionomia alla città e in questo Roccella Ionica ci è riuscita meglio di altri per la tenacia del proprio assessorato. Capacità di capire qual è la conformazione e la strategia del Piano nei confronti di altri settori e iniziative; in ragione di questa idea, è necessario verificare la coerenza rispetto alle richieste.
«Con il PSC – continua il professionista – si instaura una fase di partecipazione attiva estremamente importante, affinché il Piano si definisca al meglio. L’obiettivo è di misurare il livello propositivo dei privati sull’idea di città da progettare».
Con lo studio di riferimento Errigo si occupa anche del PSC di Casignana, Comune commissariato. Una situazione particolare per la quale Errigo si chiede se effettivamente i commissari possono determinarsi su scelte, proprie della politica, che andranno ad indirizzare inevitabilmente lo sviluppo di un territorio.
PSC OPPORTUNITA’ DI SVILUPPO CHE DIFFICILMENTE SI DETERMINERA’ NEL BREVE PERIODO
Ma per Errigo in considerazione di tutto la legge in prima battuta non è in grado di determinare l’immediata realizzazione dei PSC. Un’opportunità di sviluppo che alla fine stenterà a determinarsi a tempi brevi.
«In una Regione in cui si è costruito molto e male, era necessario un periodo transitorio in cui avrebbero dovuto prevalere indicazioni molto più snelle e, a mano a mano, procedere col richiedere verifiche successive. Molti Comuni non riusciranno ad adottare i Piani nei tempi previsti. In tal caso si presume che decadranno le previsioni del piano precedente ad esclusione delle zone A e delle zone B, cioè quelle più costruite, mentre le zone C di espansione non hanno incontrato molto interesse ad essere realizzate».
Per il professionista i problemi che si potrebbero determinare sono relativi alla tassazione come l’Imu, perché con la decadenza delle previsione dei piani le amministrazioni non potranno richiedere ai cittadini le imposte relative ai terreni edificabili. Altro problema, nel momento tornano ad essere agricole le zone di espansione previste nei piani regolatori, sarà quello dei proprietari che hanno acquistato terreni per edificare ma che si troveranno ad avere terreni agricoli per un tempo non definibile e senza la certezza di un processo reversibile.
L’obiettivo dei PSC non si conclude con l’ultima certificazione di approvazione, ma deve poter essere oggetto di una “struttura” che lo supporti e lo faccia gestire e attuare, come può essere il laboratorio urbanistico, un struttura dinamica di ascolto dei problemi della città, pensata da Errigo inizialmente per Siderno.
CENNO SU “UNIONE” TRA LOCRI E SIDERNO ED EROSIONE COSTIERA
«Unione dei Comuni tra Locri e Siderno: per me rimane improponibile la cosiddetta “conurbazione”, almeno quella fisica. Locri e Siderno devono dialogare, non essere come due persone che, sedute sulle sponde del Novito, si danno le spalle. Devono confrontarsi, focalizzando l’attenzione sulle risorse di ciascuno per migliorare insieme, per fare sistema e avere un comune intento progettuale. Un Piano delle larghe intese. L’idea della conurbazione tra Locri e Siderno la trovo molto teorica, se non altro perché non ci sono gli elementi per farlo. Improponibile tanto quanto quella dell’unione dei lungomari. Abbiamo una struttura morfologica del territorio a pettine con le fiumare (di alto valore ambientale) che scendono sul litorale. Unire i lungomare dal punto di vista veicolare non ha senso, bisogna semmai rinaturalizzare i terminali delle fiumare, pulirle dal materiale improprio, creare percorsi pedonali, aumentare la fruibilità, farle diventare elementi che non andranno a contribuire all’erosione costiera, ma a favorire i processi naturali per l’uso del tempo libero».
Erosione costiera per la quale hanno contribuito morfologicamente in questi ultime venti anni, per Errigo, diversi eventi come il porto di Roccella Ionica, la costruzione della diga sul Lordo e la variante Anas, opere per le quali sono stati prelevati dal Novito milioni di metri cubi di inerti (mi trovo d’accordo con il senatore Fuda) e questo non si sa quanto effettivamente abbia contribuito anche alla distruzione del lungomare. «Io voglio sperare che la rovina del nostro lungomare sia in buona parte dovuta al fatto che è stato realizzato, nei primi anni sessanta, con concezioni ingegneristiche, metodi e tecniche realizzative superate. Non so in che modo si potrà risolvere il problema. Tanti e complessi gli aspetti da approfondire a partire dalla dinamica delle correnti marine e dalla rinaturalizzazione e riuso delle fiumare».
Adottare una fiumara ? Perché no?