di Gianluca Albanese
SIDERNO – C’è un bagliore di senno e ragionevolezza nella babele del panico da corona virus che ha intaccato anche la nostra terra. Tra un procurato allarme diffuso in maniera a dir poco irresponsabile via whatsapp (che fa rimpiangere il candore dei dialoghi su ipotetiche fughe a Pietra Cappa) e la finta informazione a caccia di “clic” facili da parte degli scecchi del web (puntualmente smentita dopo qualche ora), capita d’imbattersi in parole di grande avvedutezza e raziocinio, pronunciate da un giovane professore di liceo ai propri studenti e che dimostrano come la storia dell’umanità sia stata piena di epidemie, pestilenze e calamità naturali e di come in questi casi, dopo una prima fase in cui gli umani hanno tirato fuori i propri istinti peggiori, siano emersi quei meravigliosi esempi di quella che oggi amiamo definire “resilienza”.
Il professore è Francesco Violi. Originario di Platì, insegna in Piemonte, e quindi l’emergenza corona virus la vive sulla propria pelle da qualche giorno in più di noi. A fine febbraio ha diffuso, sulla propria pagina facebook, un video in cui, nel rivolgersi ai propri studenti, parla in realtà a una platea potenzialmente sterminata.
Attraverso un ragionamento articolato e arricchito da riferimenti letterari e storici, Violi spiega come casi come quello attuale siano stati sempre più frequenti nel corso della storia e come se ne sia sempre usciti seguendo la stella polare della ragionevolezza e dello studio.
Un bagliore nel buio di ignoranza, panico e allarmismo che dilagano e che diventano anch’essi virali nell’era dei social network su cui qualche tempo fa il grande Umberto Eco scrisse parole illuminanti.
Non rimane, a questo punto, che guardare e ascoltare con attenzione il video del professor Violi e ragionarci un po’ sopra.
Fin qui il videomessaggio agli studenti.
Per il resto, come è noto, l’azienda sanitaria, la Protezione Civile e il dipartimento Sanità della Regione Calabria hanno cercato di attrezzarsi per tempo al fine di prevenire la potenziale insorgenza di numerosi casi di contagio. Il protocollo, infatti, è noto, e prevede la chiamata ai numeri di emergenza in caso di sospetto contagio e un preventivo esame nelle tende di triage allestite fuori dagli ospedali per valutare il quadro clinico generale. Se il secondo “tampone” dovesse confermare il contagio, il paziente verrebbe condotto nei reparti di malattie infettive, presenti a Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza, per un totale di posti di poco superiore ai cento. Va da sé che se dovesse moltiplicarsi il numero dei contagi – evenienza a oggi non verosimile, visto che la nostra regione è una penisola a bassa densità abitativa e lontana migliaia di chilometri dalla cosiddetta “zona rossa” – il dipartimento Sanità della Regione Calabria starebbe valutando la riapertura di alcuni ospedali chiusi, presenti sul territorio calabrese, proprio per adibirli alla cura dei soggetti affetti da corona virus.
Insomma, non ci resta che rimanere vigili, seguire alla lettera le raccomandazioni diffuse dal Governo nazionale (evitare baci e strette di mano, lavarsi spesso le mani, evitare i luoghi chiusi e affollati ecc.) e un po’ di buonsenso: dovrebbero essere misure sufficienti per far passare indenni l’emergenza.