R. & P.
«Questo lungo e sospeso tempo si trasformi in un’esperienza utile a minori, famiglie, docenti ed educatori in generale e faccia elaborare pensieri ed azioni che mettano al centro il benessere dei più piccoli».
È con queste parole che inizia la riflessione del Garante Metropolitano per l’Infanzia e l’Adolescenza Emanuele Mattia sul rapporto fra i minori e tutti gli istituti che contribuiscono alla “costruzione” dei più piccoli in questi difficili giorni e su come potrà diventarlo ad emergenza conclusa.
«Gran parte degli insegnanti sta provando a reagire a questa inconsueta situazione, mettendosi in gioco con generosità grazie alla tecnologia. Idem gli studenti, anche se docenti segnalano casi di ragazzi e ragazze che, lasciati a loro stessi, trascorrono molto tempo tra giochi, chat e serie tv. Dunque, serve un’ancora più forte collaborazione fra giovani, famiglia ed insegnanti. Sia nel primo caso, in prospettiva di quando sarà finita l’emergenza affinchè si abbiano un rinnovato spirito unitario e collaborativo e relative innovative azioni che abbinino le tecnologie virtuali all’umanità fisica, sia, soprattutto, nel secondo, per rimuovere nell’immediato queste situazioni penalizzanti a livello psico-fisico ed educativo-culturale. Essa è auspicabile anche sotto l’aspetto psicologico, visto i possibili smarrimenti ed avvilimenti dovuti a questa situazione. Si dovrebbe puntare su cinque parole: “leggerezza”, “gradualità”, “cooperazione”, “creatività” e “benessere”, inteso come capacità di alimentare allegria e buonumore» afferma.
«Inoltre, i docenti sperimentino se sia possibile costruire nell’emergenza una scuola per tutti, che provi a non discriminare nessuno. Perché un uso poco esperto delle piattaforme tende a privilegiare una didattica tradizionale fondata su lezioni frontali, mentre per costruirne una a distanza davvero interattiva c’è bisogno di saper intrecciare con creatività competenze tecniche ed esperienza pedagogica. Anche perché, a differenza di altre situazioni emergenziali, non si crea una comunità fisica e, restando in casa, c’è rischio di isolamento e marginalità, specialmente per i minori appartenenti alle famiglie meno abbienti. E’ un importante e difficile nodo da sciogliere, è evidente che nessuna educazione a distanza potrà mai supplire la complessa e ricca rete di relazioni significative che si creano nelle classi. E nel post emergenza, sia nella scuola che negli altri contesti educativi, lontano dalla virtualità, ci sia uno sforzo collettivo per ricucire certi strappi e far rimarginare certe ferite» spiega.
«Per tutti gli attori coinvolti, adesso è il momento di stare il più vicini possibile, pur nella giusta distanza. Perché stando vicini le sfide si possono affrontare meglio. La speranza è che, una volta finito questo incubo, minori, famiglie, docenti ed educatori in generale non abbiano solo la voglia di riabbracciarsi, ma anche di rafforzare i rapporti dentro le scuole e gli altri contesti che costruiscono il minore e di migliorare le relative dinamiche» è la conclusione di Mattia.