di Gianluca Albanese
E’ un retrogusto dolceamaro quello che rimane in bocca dopo le celebrazioni mattutine della Festa di Liberazione dal Nazifascismo. A distanza di poche centinaia di metri tra due cittadine per le quali qualcuno intravede scenari futuri di possibile conurbazione, la Liberazione, la Memoria, la Libertà e la Democrazia non hanno lo stesso valore. O, quantomeno, non meritano celebrazioni partecipate da chi è stato eletto per rappresentare non solo la propria parte politica (come se fosse un capo ultras di una squadra di calcio) ma tutta la comunità.
E così, stamani abbiamo assistito a un autentico paradosso istituzionale.
A Locri, alle ore 10, la festa della Liberazione è stata celebrata da una giovane donna che, dopo essersi iscritta all’Anpi diversi mesi fa, si è assunta l’onere e l’onore di celebrare il 25 Aprile dopo parecchi anni in cui, per ignavia o per precisa volontà politica, non lo si faceva più. L’hanno lasciata sola, se si esclude l’eccezione rappresentata dal capogruppo di opposizione in consiglio comunale Enzo Carabetta. Senza nemmeno un vigile a reggere la corona da deporre al monumento ai Caduti (donata da un privato cittadino) o, meglio ancora, il gonfalone comunale.
Per la verità, Barbara Panetta aveva invitato, con e-mail e PEC, il sindaco Giovanni Calabrese, lo stesso che qualche anno fa, da consigliere comunale di opposizione, accusò l’ex primo cittadino di Locri Pepè Lombardo – citiamo testualmente – di “cafoneria istituzionale” asserendo di non essere stato invitato alla cerimonia di posa della prima pietra di un’opera pubblica.
Da allora, Calabrese ha avuto modo di rifarsi parecchio e di assecondare la propria naturale propensione a mettersi in posa a favore di fotografi e cineoperatori con la fascia tricolore in tante occasioni.
Stamattina, però, non c’era. Dimenticandosi che quando si viene eletti e s’indossa quella fascia tricolore, le proprie idee politiche, le proprie simpatie ideologiche e personali vanno accantonate, specie quando riguardano quei valori fondanti della Repubblica a cui appartiene. Almeno durante le celebrazioni solenni.
Glielo ha ricordato il collega Ercole Macrì, rappresentante dell’ANPI, sezione di Siderno, che, forte delle proprie buone letture e dell’impareggiabile estro creativo, non gliele ha mandate a dire mediante un apprezzatissimo post sul proprio profilo Facebook, che riportiamo integralmente:
«GIOVANNI CALABRESE CIAO, BELLO, CIAO. Se ce ne fosse ancora bisogno, oggi l’ennesima conferma, il sindaco di Locri Giovanni Calabrese è intollerante a Bella Ciao, che è canzone di Liberazione, non Bandiera Rossa, che me la tengo per me.
Shock anafilattico, sacralità, purezza?
Ricordo quando, nel giorno della nascita dell’Associazione “22 ottobre” in difesa della Costituzione, dinanzi alle note di Bella Ciao si strusciò le unghie delle mani rievocando il tipico “fora gabbo e fora meravigghjia”, come se al posto di Bella Ciao nell’aula consiliare di Siderno girasse Disco Inferno e come se Ilario Ammendolia, nella consolle della stessa sala sidernese, mostrasse caratteri di Satana, ovvero il naso da boxer e i capelli ondulati e lunghi di un Mohawk di St. Regis in fuga dall’imperialismo dei predicatori ariani.
Sicuramente avrà fatto lo stesso dinanzi alla serie tv più amata del secolo, la #CasadiCarta, se l’ha vista. Succede sempre più spesso ai tempi degli etno-nazionalisti con il foglio rosa.
“Bella e Ciao sono le password dell’Italia”, parole ri-costituenti per l’intera Europa. Come presidente dei Partigiani della Locride, ho atteso per giorni, “sotto l’ombra di un bel fior” l’adesione di Giovanni Calabrese, e quella del comune in cui opera, al 25 aprile organizzato dall’ANPI, in risposta all’invito del presidente provinciale Sandro Vitale.
La foto parla chiaro, nessun rappresentante del Città di Locri, un vigile, un messaggio da leggere, solo la partigiana Barbara Panetta e nient’altro. Peccato: c’è sempre un canone estetico prima che ideologico e retorico».
E se a Locri le porte del palazzo municipale sono rimaste sbarrate, e la polizia municipale, nonostante le sollecitazioni di Barbara Panetta, non ha preso parte alla cerimonia, tutt’altra temperie si è registrata a Siderno, laddove c’erano i cittadini in piazza, i vigili in alta uniforme con la corona e i dipendenti e funzionari comunali a reggere il gonfalone.
Ma soprattutto c’era un’altra donna, che a differenza di Calabrese non ricopre cariche elettive e che non ha ricevuto alcun mandato dalla comunità che amministra. E’ stata nominata con decreto, a seguito di un provvedimento di scioglimento del civico consesso preso con Decreto del Presidente della Repubblica. E’ il vice prefetto Maria Stefania Caracciolo, commissaria straordinaria del Comune di Siderno. Una “burocrate” secondo i più che, giustamente, preferiscono le amministrazioni democraticamente elette. Solo che stamani, quella “burocrate” ha avuto il garbo istituzionale di presenziare, con tanto di fascia tricolore, alla cerimonia organizzata dall’ANPI, tenendo anche un lungo e appassionato discorso.
Insomma, nella Locride dei paradossi, e del sindaco che “Se ne frega” del 25 Aprile arriva una doppia lezione: quella di dignità della sua concittadina dell’ANPI Barbara Panetta e quella del garbo istituzionale della Commissaria Caracciolo.
Perché certe donne gli attributi li hanno per davvero.