RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO:
L’Italia sembra sempre di più un paese in preda ad una schizofrenia di massa, capace più di farsi del male, che promuovere il bene comune dei suoi cittadini, dove: le istituzioni quotidianamente si delegittimano fra loro, la politica è impanata in una palude stagnante e incapace di assumere decisioni, i cittadini perdono progressivamente fiducia nello Stato e il tutto è reso ancora più grave da una crisi economica che cresce ogni giorno di più.
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Senza voler entrare nelle problematiche generali che affliggono il paese, la cui risoluzione richiederebbe una vera e propria “Rivoluzione Copernicana”, intendiamo focalizzare la nostra attenzione sulla situazione relativa alla questione giustizia e carceri, cercando di evidenziare criticità e suggerire scelte migliorative, da un osservatorio privilegiato che ci consente, purtroppo, di osservare la questione dell’interno. Ormai è noto a tutti che la situazione del sistema di giustizia e di detenzione del nostro paese ha raggiunto un livello di inefficienza e degrado al limite del collasso.
Oltre diecimila procedimenti, tra penale e civile, congestionano la nostra giustizia e oltre 65.000 detenuti, su 45.000 posti disponibili implodere i nostri 207 istituti penitenziari, con presenza diffusa di detenzione in condizioni disumane e degradanti, che la Corte Europea dei diritti dell’uomo equipara a tortura vera e propria. Il 27 Maggio 2014 scadrà il termine utile entro cui l’Italia dovrà ottemperare agli obblighi imposti recentemente dalla Corte di Strasburgo, pena il pagamento di ingentissime risorse per il ristoro dei danni provenienti dalla violazione dei diritti umani.
In queste condizioni si richiedono urgenti e indifferibili provvedimenti da parte del nostro legislatore, bisogna portare il numero dei procedimenti ad un livello di compatibilità con le capacità del nostro sistema di giustizia e il numero dei detenuti ad un livello di compatibilità con le capacità del nostro sistema detentivo. Quotidianamente, nei vari tribunali Italiani, nella completa indifferenza ed ipocrisia delle istituzioni, migliaia di procedimenti si prescrivono senza assicurare giustizia ai cittadini.
Il Governo il Parlamento e i poteri politici non possono più continuare a tenere la testa nascosta nella sabbia come lo struzzo, ma devono adoperarsi al più presto, facendosi carico delle responsabilità assegnate loro dalla costituzione, per accertare le cause che, nel corso degli anni, hanno prodotto tale grande situazione e, conseguentemente, porre in essere i necessari rimedi.
Il permanere di questo stato di cose, oltre che minare la credibilità dell’Italia nel contesto internazionale, incide molto pesantemente nel già disastroso bilancio dello Stato per un importo annuo di alcuni miliardi di euro. Tutti ricordiamo che meno di un anno fa il Governo Letta è stato costretto ad aumentare l’aliquota IVA per reperire un miliardo di euro, necessario a far contenere il deficit del bilancio dello Stato nel limite del 3% del PIL. Mantenere nel carcere 20.000 detenuti in più costa allo Stato quasi 2 miliardi di euro. La popolazione penitenziaria registra circa 40.000 detenuti in custodia cautelare (senza una sentenza definitiva), di cui oltre 14.000 sono in attesa della sentenza di primo grado.
Questo comporta che, quotidianamente, nei vari tribunali Italiani, dove si celebrano i processi, si assiste ad un continuo pendolarismo di detenuti tradotti e scortati dal carcere al tribunale e viceversa, con impegno di ingenti risorse economiche e umane. Considerato che i processi durano anni, avviene anche l’assurdo che quando tra una udienza e l’altra, intercorre un periodo superiore al mese, i detenuti vengono trasferiti nelle carceri di provenienza, dai quali vengono successivamente ritrasferiti, nel mese successivo, per partecipare ai processi. L’utilizzo del buon senso, dovrebbe indurre chi di competenza, a lasciare i detenuti presso gli istituti detentivi ubicati in prossimità dei tribunali per tutta la durata del processo , al termine del quale, in base all’esito, possono tornare in libertà o essere tradotti nei luoghi di destinazione. Altra causa di danno economico è costituita dall’eccessivo ricorso all’istituto della custodia cautelare in carcere, spesso per la durata di numerosi anni. L’esperienza insegna che alla fine dei tre anni di giudizio, una significativa percentuale di imputati viene assolta, ciò determina il pagamento certo, da parte dello Stato dei danni di ingiusta detenzione per importi molto esosi.
Il problema potrebbe essere molto ridimensionato con una revisione della custodia cautelare, limitandola sola ai casi strettamente necessari e sostituendola con misure alternative, tipo braccialetti elettronici , pagamento di una cauzione, etc.
Concludiamo questa breve riflessione con alcuni suggerimenti per il nostro legislatore, la cui attuazione potrebbe contribuire notevolmente a migliorare l’attuale situazione:
1)Approvazione di un provvedimento di indulto e amnistia;
2)Riforma dell’istituto della custodia cautelare in carcere;
3)Abolizione dell’art. 4 bis del regolamento penitenziario;
4)Riforma delle legge Bossi-Fini sull’immigrazione clandestina, sulla Bossi-Giovanardi fortunatamente si è già espressa la Corte Costituzionale;
5)Ripristino delle legge Gozzini.
Siamo consapevoli che i provvedimenti suggeriti implicano l’assunzione di coraggio e responsabilità, ma siamo convinti che altri tipi di intervento non produrranno cambiamenti significativi.
LOCRI,MARZO 2014 Alessandro Figliomeni