di Domenica Bumbaca
Il mondo dello spettacolo è la sua vita. Tra concerti,tour, stare con la figlia è difficile. Adesso sta vivendo a pieno le giornate in casa con lei.
«Mi chiamo Fenia e sono l’orgogliosa mamma di una splendida tredicenne. Sono anche una lavoratrice itinerante dello spettacolo. Sostanzialmente organizzo i tour di artisti, i concerti, in giro per l’Italia e ho scoperto, non senza sorpresa, di amare molto il mio lavoro.
È successo negli ultimi giorni.
Il mio lavoro si svolge in giro, ogni giorno in una città diversa, un hotel diverso, chilometri macinati da nord a sud, orari improbabili e ritmi particolarmente serrati. Tutto con lo scopo di andare in scena, a qualunque costo.
Il che vuol dire stare lontano da casa per mesi interi senza vedere la mia bambina e, a volte, senza avere il tempo di chiamarla. Tuttavia, comporta anche la possibilità di stare mesi a casa e dedicarmi completamente a lei, fino al tour successivo. Abbiamo passato così gli ultimi nove anni, con saluti strazianti all’alba, pianti al telefono, nostalgia che scoppia all’improvviso e sensi di colpa imponenti come cattedrali.
Questo inverno ho lavorato poco e avrei dovuto riprendere a marzo ma la pandemia che ha colpito il globo ha fermato anche i concerti, anzi per primi i concerti. Quindi stiamo a casa. Confesso che, superata la prima settimana di paura e di ansia, ho iniziato a godermi il tempo costrette a casa senza orari, senza scuola, senza pallavolo, senza corse per la città e senza impegni di lavoro. Abbiamo iniziato a passare di nuovo i pomeriggi assieme, preparando cose buonissime e abbracciandoci per giorni interi guardando film e mangiando pop-corn. Il mio contributo al rallentamento del contagio era stare a casa? Perfetto, ho chiuso tutto, sono uscita una volta ogni due settimane e ho cercato di seguire scrupolosamente le indicazioni. Allo stesso tempo ho approfittato per fare scorta di un tempo così prezioso, che non avrò mai più a disposizione.
La tecnologia ha aiutato tanto: le telefonate con le amiche e la famiglia, l’aver a disposizione mille documentari e serie, visitare musei senza varcare la porta. È stato strano ma non ho avuto necessità di altro. Fino a quando le notizie della ripresa dei concerti sono diventate sempre più gravi. E ho riaperto i file delle foto dei tour e mi sono resa conto che mi manca non avere ogni sera il concerto da mandare in scena e mi manca avere uno scopo, mi manca sentirmi utile alla società. Non sopporto dover pesare sulle spalle di qualcuno o dello stato. Ci siamo accorti che i lavoratori dello spettacolo hanno un contratto senza tutele ma questo è un altro argomento. Ho scoperto, dicevo, di amare il mio lavoro e le persone che sono i miei compagni di viaggio. La mia condizione ideale è quando posso far venire mia figlia in tour con me, in estate, per qualche data. Lo facciamo da tanti anni e ho avuto la fortuna di avere artisti che me l’hanno concesso, anche perché la mia bambina è proprio bravissima. Lei non me lo dice ma ho scoperto che le piace raccontare di quando si è addormentata sui bauli a Diamante o quando va a pranzo con la crew o quando seleziona gli hotel con piscina perché così lei si può riposare!
Questo periodo di chiusura lo abbiamo vissuto con molta serenità, e con la consapevolezza che è stato un momento eccezionale, fuori da ogni immaginazione. Spero di non dover avere nuovamente necessità di blindarci in casa. Però mi sono imposta di prendermi del tempo da passare con lei sempre, e di cercarlo fino a trovarlo, perchè non deve esserci per forza una pandemia per guardare film abbracciate sul divano».