di Antonella Scabellone
LOCRI – Per anni ha subito le morbose attenzioni del padre che hanno costellato tutta la sua infanzia, fino all’adolescenza. A fare da cornice un ambiente familiare degradato e omertoso dove anche lo zio si è sentito legittimato a molestarla e nessuno è stato in grado di tenderle una mano, neanche quando, più di una volta, si è trovata sull’orlo del baratro.
Ma grazie alla sua voglia di vivere, e all’ aiuto di persone che ha avuto la fortuna di trovare sulla sua strada, è riuscita a denunciare il tutto, ed oggi il Tribunale di Locri le ha dato ragione infliggendo una pesantissima condanna ai suoi aguzzini. Il collegio penale, infatti, presieduto da Amelia Monteleone, con a latere i giudici Luciano D’Agostino e Giulia Zarrella, ritenendo attendibile l’impianto accusatorio costruito dal Pm Francesco Cirillo e dalla difesa di parte civile, nella persona dell’avvocato Caterina Origlia, ha emesso una sentenza esemplare, condannando rispettivamente a nove e tre anni G.A. e G.A. (il Pm aveva chiesto rispettivamente 10 e 3 anni), due fratelli marocchini di 55 e 65 anni ritenuti responsabili del reato di violenza sessuale ai danni di una ragazza, oggi ventiduenne, ma all’epoca dei fatti minorenne, alla quale sono legati da rapporti di parentela essendo, l’uno il padre naturale, l’altro lo zio. La giovane, aiutata dalla psicologa e dall’assistente sociale, che avevano notato alcune stranezze nei suoi comportamenti, soprattutto in relazione ai rapporti con il padre, nel 2008 ha deciso di denunciare i fatti dando il via ad un drammatico processo nel corso del quale è uscita fuori una torbida vicenda di violenza e omertà. Il tutto è iniziato quando la ragazza aveva poco più di quattro anni ed è continuato fino a quando ne ha compiuto quattordici. Il padre, che ha un’altra famiglia e altri figli, era solito andarla a trovare nell’abitazione dove la stessa viveva con la madre ed il nonno, due ambulanti spesso fuori per motivi di lavoro, e,approfittando dell’assenza di questi, dava sfogo indisturbato ai suoi insani appetiti.Violenze durate anni, che la ragazza ha ricostruito, nel corso dell’incidente probatorio, con molta precisione e lucidità, circostanziandole nei modi e nei tempi. Abusi dei quali, quando era una bambina, non aveva consapevolezza, pensando che rientrassero nei normali rapporti padre-figlia ma che, con il passare degli anni, e la crescita intellettiva ed emotiva, ha iniziato a razionalizzare, fino a prendere coscienza di quello che le stava accadendo. Non trovando però alcun sostegno nella madre, che tra l’altro ha un lungo passato di problemi con l’alcol, dopo aver cercato, senza riuscirci, di rimuovere le violenze, si è decisa a denunziarle, aiutata da esperti che hanno capito che qualcosa non andava.
L’avvocato Caterina Origlia, che è anche la responsabile dello sportello legale antiviolenza del Comune di Siderno, si è presa a cuore fin dall’inizio l’intera vicenda. La stessa si è data da fare perché la ragazza trovasse accoglienza presso una casa famiglia dove attualmente vive e ha iniziato un percorso di recupero.Paradossalmente la stessa Origlia era stata nominata inizialmente dal Tribunale di Locri come difensore d’ufficio dei due imputati, ma ha rinunciato subito a quell’ incarico per assumere invece la difesa della parte offesa. La sentenza è stata accolta con grande soddisfazione dall’ avvocato di parte civile “dopo quattro anni di un difficile processo nel corso del quale è emersa una dolorosa verità, ma anche una ragazza eccezionale che è riuscita trovare in sé la forza per venire fuori dal baratro, e che con l’aiuto di tutti noi potrà finalmente tornare a una vita normale”.