R & P
La vicenda relativa ai progetti di accoglienza di Ursini-San Nicola è fonte, in questi giorni, di discussioni e polemiche violente e, per molti versi, opache, che lasciano i cittadini sbigottiti.
Sul tema specifico mi riservo una riflessione nei prossimi giorni.
In questa sede intendo invece approfittare del polverone mediatico sollevato per tentare una riflessione generale sulla bontà e sulla necessità dei progetti nella nostra zona e, in particolare, a Caulonia.
Procediamo per gradi.
Chi, come me è cristiano devoto non deve avere un solo attimo di dubbio circa la necessità di accogliere i nostri fratelli che fuggono dalle guerre e dalle miserie.
Per ciò deve valere lo spirito cristiano della carità che non prevede alcuna contropartita in denaro, sia esso proveniente da fondi europei, ministeriali o altro.
La suddetta necessità va, anzi deve, essere contemperata con quelle delle nostre società, quindi, dei nostri bisogni dettati dal vivere civile.
A Caulonia, da circa un decennio, proseguono e si sviluppano questi progetti che, se da un lato hanno raggiunto l’obiettivo primario dell’accoglienza, dall’altro hanno destabilizzato la sicurezza e la tranquillità che caratterizzavano il nostro paese.
Ritengo che queste cose debbano essere dette con coraggio e non ci si debba nascondere dietro un dito con ipocrisia e anche forse con codardia.
E per questo non vorrei essere tacciato di razzismo perché non lo sono affatto, anzi !
Perché non si può non tenere conto delle criticità di tali progetti, che minano la civile convivenza della comunità locale.
E allora, si possono sottacere gli episodi di violenza criminale che hanno avuto come scenario il nostro paese e come vittime nostri concittadini che per loro meriti si sono saputi autodifendere (vedi la vicenda Enzo Palumbo, vedi la vicenda Cosimo Manno, ma si pensi agli episodi che non vale la pena elencare).
Solo per fortuna e per mero caso non c’è scappato il morto.
Si può continuare a fare finta di non vedere quelle povere ragazze costrette – e non vocate per etnia (!), come affermò un nostro amministratore anni addietro – a svendere il loro corpo al fine di racimolare qualcosa per sopravvivere perché abbandonate a loro stesse dopo la fine del progetto ?
E ancora, cosa ne sappiamo se esistono tra gli ospiti, soggetti estremizzati pronti a colpire ?
I fatti di Sellia ci inducono ad agire in maniera estremamente cauta perché il pericolo potrebbe essere altissimo.
Molto spesso, infatti, la violenza verso chi ha aperto le porte dell’accoglienza sembra frutto dell’abbandono che i migranti subiscono, certamente a fine progetto, quando finisce la fontana di denaro, ma a volte anche in corso di progetto e per tale ragione, spesso li vediamo manifestare con metodi violenti.
Sento parlare di indotto economico che producono i progetti milionari, poi però mi scontro con le notizie relative agli stipendi degli operatori e mi chiedo: ma quel fiume di denaro, come viene distribuito tra coloro che sono coinvolti ?
Mi chiedo, quindi, dove finisce la stragrande maggioranza del finanziamento se gli operatori percepiscono salari poco dignitosi, per non dire mortificanti ?
Mi chiedo, ancora, quali sono gli indicatori economici e quelli sociali che ci dicono che le esperienze hanno portato benefici nel paese tali per la collettività, da sacrificare i rischi d’incolumità pubblica ?
E se gli indicatori nulla di positivo ci dicono, la risposta è una e una sola: qualcuno dietro la bandiera della solidarietà e del buonismo, sulla vicenda ha speculato e sta continuando a farlo.
Mi chiedo, perché le amministrazioni di sinistra che sino a ora si sono succedute, non hanno fatto conoscere ai cittadini i resoconti delle gestioni agendo in maniera trasparente ?
Eppure il consigliere Cosimo Vallelonga, nel corso della sindacatura Ammendolia, aveva fatto espressa richiesta d’istituzione di un commissione d’indagine ed è stato trattato come un volgare provocatore.
Cosa c’è dietro tutto questo mare di denaro ?
Dove finiscono i soldi ?
Perché si è deciso che i cittadini non devono sapere ?
Perché i progetti si fanno sottobanco ?
Ritengo, come detto prima, che sia giusto fare l’accoglienza.
È giusto, però, farla, non come sostiene il sindaco Belcastro, dando appoggio pieno e indiscriminato a ogni progetto e realizzando, così una situazione incontrollata, ma tenendo conto di quanto scaturito dall’accordo, raggiunto dopo mesi di confronto, tra l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani e il Ministro dell’Interno Marco Minniti.
L’accordo prevede, infatti, che, al fine di evitare stravolgimenti negli assetti della comunità ospitante, vi debba essere una distribuzione degli immigrati nella misura di 2,5 ogni 1.000 abitanti.
Tale accordo, su base volontaria, prevede per i Comuni che aderiranno, incentivi economici con la promessa che saranno “salvaguardati da ulteriori invii“.
La previsione di un riparto equo nei confronti dei Comuni che vorranno aderire su base volontaria allo S.p.r.a.r. (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), a mio modo di vedere, produrrà la garanzia di una sorta di clausola di salvaguardia.
Non è difficile affermare che i problemi che si sono verificati negli anni scorsi hanno avuto origine anche dalla distribuzione non equilibrata e non razionalizzata e programmata sul nostro territorio.
Il nostro comune, con circa settemila abitanti, ospita un numero sproporzionato di migranti ed è chiaro che nel nostro caso ciò può creare paura e atteggiamenti xenofobi.
Concludo riportandomi alle parole di Sua Santità Papa Francesco il quale, in ordine alla distribuzione degli immigrati sul territorio nazionale, ha espresso il suo positivo giudizio indirizzandolo al presidente del Consiglio nazionale dell’Anci e sindaco di Catania, Enzo Bianco, il quale si è detto “emozionato” per la missiva: “Esprimo la mia ammirazione e la mia gratitudine per il suo operato intelligente e coraggioso a favore dei nostri fratelli e sorelle rifugiati. La mia porta sarà sempre aperta per lei e per questa nuova rete”.
*Rocco Femia