di Domenica Bumbaca
LOCRI – Troppe le partite che vengono sospese per violenza. Troppi gli insulti e le minacce. Troppi gli incidenti in campo. Troppa ignoranza, pochi addetti ai lavori. Poche le tutele e i controlli. Roberto Rispoli, presidente dell’associazione italiana arbitri-sezione di Locri è seriamente preoccupato e chiede collaborazione dalle società serie e dalla Lega. “L’escalation degli episodi incresciosi – ha dichiarato ieri sera in conferenza stampa – è preoccupante e come associazione arbitri mi appello alle società oneste e serie, affinché da loro possa partire una collaborazione fattiva per allontanare definitivamente chi intende rovinare questo sport. Uno sport che sta divenendo sempre più violento e pericoloso”.
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I NUMERI
Solo nelle ultime due settimane gli arbitri della sezione di Locri hanno subito 5 aggressioni. Da novembre ad oggi, la cronaca sportiva in Calabria, in ogni categoria, dai giovanissimi a tutti i campi dilettantistici, è divenuta un tabellino di guerra. Si denunciano ogni sabato e domenica, fatti che nulla hanno a che fare con lo sport e quello che è successo domenica, tra calciatori è sintomo di un malessere generale.
LA PARTITA GIOIOSA – BENESTERNATILESE
«Rabbia, pugni, calci, bambini che piangevano sugli spalti, questo ho visto, mentre ero nella tribuna ad assistere alla partita tra Gioiosa e BenestarNatilese»- dice Rispoli-. “Ieri si è sfiorata la tragedia. A chi o cosa dobbiamo aspettare per prevenire? Se ne parla solo con il morto in campo? Una rissa tra calciatori che ha portato un giovane in ospedale con la mandibola fracassata. Penso ai nostri figli, ai nostri prossimi calciatori e arbitri. Dove sta il divertimento?”.
LA PREOCCUPAZIONE.
“Il problema – ha proseguito il presidente dell’Aia – è che una partita di calcio non è più 90 minuti, spettacolo, falli, agonismo, divertimento, prodezze, sudore e vittoria o sconfitta. Qui si gioca per dimostrare la propria “prepotenza” e non la bravura. Poi accadono episodi spiacevoli, ci “scappa il morto” e blocchiamo i campionati. Preghiamo, chiediamo più tutele e si ricomincia… ad assistere lo “show” di calciatori, dirigenti e presidenti in preda al nervosismo e alla violenza. Facciamoci un esame di coscienza tutti, bisogna assolutamente fare un passo indietro, tutti, anche perché, purtroppo, dalla serie A, non arrivano dati confortanti ed episodi positivi. C’è poi, anche da condannare, il comportamento di quei genitori che imbruttisce una semplice partita tra ragazzi, addossando tutte le colpe all’arbitro e facendo “il grande” di fronte agli occhi del proprio figlio. Come presidente degli arbitri, – continua- insegno ai miei l’educazione in campo ma loro stessi, oggi non si sentono più tutelati, perchè, costantemente, sono additati, insultati, minacciati, e se non bastasse, vengono picchiati. Questo non ci sta bene, non possiamo assistere inermi a queste violenze gratuite e frustrazioni di dirigenti o tesserati di società che si arrogano il diritto di accusare e malmenare uno dei miei ragazzi”.
L’ARBITRO HA TIMORE
“Se si continua così – questo il monito di Rispoli – non avremmo più arbitri in zona. E’ sempre più difficile coinvolgere ragazzi a fare il corso dell’arbitro, perchè su 20, la metà abbandona alla prima o seconda partita, perchè minacciati e poco sereni a svolgere il proprio ruolo: quello di far rispettare le regole in campo”. Rispoli chiede più collaborazione, coinvolgimento delle società e più conoscenza nel regolamento del gioco calcio. «Sono il primo, come presidente, a “rimproverare” e guidare i miei arbitri quando assumono, anche se raramente, atteggiamenti poco consoni, ma non posso certamente tollerare che un dirigente mi venga a rimproverare che uno dei miei arbitri si è comportato male per un fallo o rigore non dato. Quello non appartiene sicuramente alla sfera comportamentale. L’arbitro adotta una decisione, giusta o sbagliata che sia, e, pertanto deve essere rispettata». L’incolumità degli arbitri è sempre a repentaglio. “Una volta – afferma- il problema era soprattutto il tifoso, oggi ci dobbiamo spaventare di calciatori e dirigenti che insultano, inveiscono, entrano in campo e addirittura, si permettono di scrivere e dare le loro versioni, qualcuno definendoli “cretini”, “mafiosi” ecc… Sono, piuttosto, giovani che fanno sacrifici come tutti, non si arricchiscono, anzi, ci perdono, quando vanno ad arbitrare. Sono soli in campo e a loro disposizione solo un fischietto e dei cartellini che dovrebbero essere “legge”. Tutti parlano che dobbiamo formare “arbitri buoni” il mio problema è che non potrò formare “arbitri”, nessuno più ci crede, nessuno mette a repentaglio la propria vita. L’arbitro, come il ragazzo delle giovanili, deve crescere e vuole divertirsi”.
COLLABORAZIONE
Crede in continuazione alle società come alle delegazioni della Lega di incontrarci, lavorare insieme, ma a parte qualche società interessata, vede l’indifferenza. C’è un meccanismo di protezione verso le società che va ogni oltre logica. “Qui si chiede di far rispettare ai propri tesserati un regolamento che pochi conoscono ma si permettono di interpretare ognuno a modo loro. i nostri arbitri sono disposti al dialogo e chiarimento ma non in un clima avverso o con gli sputi e mani addosso. Questo non lo permettiamo”.
“C’è, poi, il problema dell’inesperienza. Certo – ha aggiunto – se un ragazzo che viene a fare l’arbitro, dopo la parte teorica, non può entrare in campo ad arbitrare, perché il dirigente x, gli rende la vita difficile, ditemi voi, quando imparerà. Nel settore giovanile è troppo piccolo, nella terza categoria è troppo pericoloso, nella seconda e prima troppo difficile. Dove lo faccio arbitrare? Non riesco a capire perché in altre regioni il quindicenne può arbitrare anche una eccellenza o una terza categoria e qui ci sono malumori”.
LA PENA
“C’è troppa libertà di agire, presunzione e cattiveria. Qui non stiamo parlando di un arbitro che esce fuori di testa, ma la cattiveria di un dirigente sfocia solo per una svista arbitrale di un uomo, un essere umano che in un secondo deve prendere una decisione… per ogni fallo succede una tragedia e in campo l’arbitro si sente sempre più solo. “L’arbitro non si tocca” come nessun altro, dovrebbe essere così. Sono necessari provvedimenti più rigidi, sia in termini di squalifiche che in ammende. Se si inizia ad essere più severi quelle società, gruppi di persone che nulla hanno a che fare con lo sport, si allontaneranno sempre di più, fino a sentirsi ridicoli”.
IL SOCIALE
Nel campo come nella vita ci sono delle regole da rispettare. La figura dell’arbitro, che sicuramente non è “un giustiziere”, è importante per la conduzione di una gara tra “civili” calciatori.
“Stiamo lavorando molto – ha concluso il presidente dell’Aia di Locri – sul comportamento, come anche sul sociale. Da qui l’iniziativa, la prima ed unica, al momento, in tutta Italia: l’ accordo con il Ministero della Giustizia di Reggio Calabria – Sezione Minorile, che prevede la partecipazione al corso arbitri presso la Sezione di Locri di sei ragazzi che sono stati messi alla prova dal Ministero stesso per estinguere i piccoli reati commessi”.
http://www.lentelocale.it/sport/6061-l-aia-di-locri-impegnata-anche-nel-sociale-con-un-progetto-unico-in-italia