RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO
Tristezza e delusione assalgono coloro che come me hanno vissuto, da inermi spettatori, il crollo del Santuario della Madonna della Grotta, avvenuto nel 2004,perché l’evento nefasto che ha colpito profondamente la comunità di Bombile e i tanti fedeli in giro per il mondo, è stato in realtà un disastro “annunciato”.
Molte sono le responsabilità, quantomeno morali, in merito all’accaduto e ai successivi mancati interventi, che dovevano portare almeno alla messa in sicurezza della rupe, per secoli meta religiosa di pellegrini che giungevano anche da luoghi molto lontani.
Come consiglieri comunali di minoranza abbiamo saputo solo dai social network di un dibattito che si svolgerà oggi ad Ardore, in cui si parlerà dell’argomento. Il non essere stati invitati nella qualità di rappresentanti di una parte di cittadini ardoresi è però solo un dettaglio, rispetto alla gravità dei fatti e pertanto ce ne faremo una ragione, anche perché non impazziamo dal desiderio di partecipare a quella che oggi rimane solo, purtroppo, “una mesta ricorrenza”.
Ma mi sembra doveroso riferire comunque alcune circostanze, sia per delucidare il precedente assunto, sia per non contribuire a riportare il tutto nel novero degli eventi naturali imprevisti ed imprevedibili. A volte, infatti, la natura manda, come nel caso di specie, degli “avvisi” importanti in largo anticipo che però vengono purtroppo ignorati.
Nell’autunno del 2000 da Sindaco di Ardore invitai l’allora assessore ai lavori pubblici della Regione, Aurelio Misiti, ad effettuare, assieme a me, un sopralluogo presso la rupe del Santuario, dato che gli eventi alluvionali, che avevano colpito il comune nel settembre di quell’anno, provocarono ripetute cadute di pietre e di piccole frane dalle pendici del santuario. Misiti non solo ebbe la solerzia di venire, ma anche quella di concedere un immediato contributo regionale di 200 milioni delle vecchie lire per gli interventi d’urgenza di ripristino della parete rocciosa, della scalinata e della zona antistante al santuario.
Non ebbi personalmente però la possibilità e la fortuna da sindaco di veder conclusi i lavori, perché all’inizio del mese di febbraio del 2001 si verifico l’auto scioglimento del Consiglio Comunale, per contrasti politici nella maggioranza.
Dalle carte, però, che ebbi modo di vedere alcuni anni dopo, ovvero dopo il crollo del costone, appurai che durante i lavori di ristrutturazione, in modo particolare durante la pulizia e messa in sicurezza della parete rocciosa era stata evidenziata sulla sommità di quest’ultima, ad una distanza di circa 5- 6 metri dal ciglio del burrone sovrastante il Santuario, una lesione larga circa 15 cm e lunga 10 – 15 metri. Tutto ciò avveniva più di 3 anni prima del crollo.
Tale problematica impose allora ai tecnici, diretti dall’esperto ingegnere Aristide Feudale, di mettere al corrente di tale pericolo il comune di Ardore, attraverso una relazione tecnica, con la quale è stata richiesta una ulteriore somma di denaro, per la messa in sicurezza e la regimentazione delle acque piovane, attraverso la realizzazione di un canalone di raccolta.
Detta richiesta non ha avuto alcun riscontro né presso il Comune, che nel frattempo veniva gestito per qualche mese da un commissario prefettizio e successivamente da una amministrazione guidata dal sindaco Grenci, né in altri enti preposti.
Nulla venne fatto per la rupe negli anni che seguirono a quei lavori post-alluvionali, cosicché nel 2004 avvenne l’annunciata, catastrofica frana della parete, che solo per miracolo o per fortuna non provocò vittime.
Nemmeno dopo il suggestivo recupero della stupenda statua della Madonna, avvenuto qualche tempo dopo, si riuscì a compiere il ripristino in sicurezza del costone. Alcuni fondi ad hoc sono rimasti addirittura inutilizzati e forse definitivamente persi.
In conclusione il sacro sito risalente al ‘500, funestato dagli eventi, ad oggi, aldilà dei convegni, dei dibattiti e dei periodici ed interessati annunci, ha dovuto registrare unicamente il vuoto e il disinteresse istituzionale.
Per taluni, pertanto, il silenzio nel merito sarebbe oggi molto più indicato delle facili parole,”nil est dictu facilius”.