di Pietro Schirripa*
La resa della politica di fronte alla complessità del problema di amministrare, con progetti e speranze, Comuni come Platì e San Luca ci amareggia e ci interroga. Tanti amici e collaboratori ci hanno chiamato, polemizzando, lamentandosi, addolorandosi, con delusione e rabbia… Certo si impone una riflessione: se si sia utilmente tentato di recuperare quei territori, facendoli riemergere dalle cupe ombre della cronaca.
Troppi scioglimenti di consigli comunali e troppi provvedimenti interdittivi antimafia, hanno messo fuori gioco e marginalizzato le varie esperienze, svuotandole del loro valore emblematico di rinascita dal basso e dal lavoro. Il nutritissimo gruppo dei protagonisti delle esperienze è stato delegittimato.Non sono bastati quasi 20 anni di lavoro delle cooperative dei lamponi e del maiale nero o l’impegno di tante famiglie contadine e dei giovani, per prosciugare la palude e fermare la egemonia mafiosa.
Il Sud resta non redento; la complessità dei problemi sembra produrre avvitamenti, implosioni, fratture; il dolore non avvicina, come dovrebbe; la solidarietà ha spesso il respiro corto; gli antichi validissimi rapporti di prossimità e di famiglia non possono essere regolamentati per schemi burocratici.
Sono trascorsi, così, gli anni e diventa sempre più urgente trovare rapporti positivi e connessioni tra le esperienze lavorative del mondo imprenditoriale calabrese e meridionale in genere, ed il mondo istituzionale e giudiziario. In particolare, bisogna reprimere in modo selettivo le illegalità, evitando di agire in modo sommario ed indiscriminato per non penalizzare quanto di sano e attivo esiste nel territorio.
Si tratta, insomma, di avviare serie politiche di recupero della dignità delle persone col duro lavoro. Incoraggiando e finanziando i progetti degli imprenditori e le speranze dei giovani. Addirittura i sogni.
Solo così cambia la considerazione del Sud a livello istituzionale e sociale, soprattutto nella sua valenza di cambiamento culturale. Iniziando con un segno: l’avvio della riforma delle norme interdittive antimafia per le imprese, da tutti considerate inadeguate e penalizzanti.
Nelle scorse ore, Rosy Bindi ha, finalmente, dichiarato: “…dove abbiamo rinunciato alla battaglia… dobbiamo imparare la lezione… In Calabria dovremmo comportarci come i missionari, radicarci nelle comunità sofferenti, condividerne i problemi, anche la paura, e trovare strade di riscatto”.
E’ questo che volevamo sentire. Partendo da questi errori, per trasformare le ferite sociali in feritoie di speranza progettuale, è necessario riprendere il filo della proposta:
- Chi lavora al mulino forse si infarina, ma riesce a dare il pane perché la gente non sia schiava del bisogno. Parliamo di pane onesto e senza nessuno sconto sulla legalità. Forse siamo accidentati, feriti e sporchi per essere usciti per le strade, ma felici di averlo fatto con cuore puro.
- Il nostro Sud sarà cambiato solo con interventi e politiche che incidano notevolmente sull’occupazione e sulla qualità degli studi.
- Le politiche di recupero alla legalità devono essere chirurgiche e selettive, perché non si dissuadano anche i più coraggiosi dall’intraprendere preziose e positive iniziative economiche. Esse richiedono accompagnamento e vigilanza istituzionale perché il percorso non sarà breve.
La tribolazione, l’angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada non ci separeranno dall’amore di Cristo, che è principio di amore per il prossimo e per la nostra terra.