L’esito del referendum nella Locride configura una distribuzione del consenso conforme a quella del voto nazionale, ovvero la netta prevalenza del NO. E come tutti i voti referendari, darne una lettura politica, almeno a queste latitudini, è un esercizio inutile, sterile, se non proprio onanistico.
La gente ha votato, o per appartenenza (per una o per l’altra parte) oppure per livore verso l’ormai ex premier, ossia per convinzione autonoma maturata dopo un’attenta lettura del testo della riforma.
Lo sforzo nella campagna referendaria, da una parte e dall’altra, è stato massimale. Mai come in questa circostanza, abbiamo visto sfilare big di partito e di governo da queste parti, così come in altri territori dell’Italia di periferia. Siamo convinti, però, che la loro discesa nell’agone della campagna referendaria, non abbia spostato molti voti, né da una parte e né dall’altra. Semmai, è servita a tirare un po’ su il morale delle truppe dei militanti che – quelli sì – si sono spesi al massimo a fare propaganda giorno e notte, e non solo limitandosi a cambiare la propria immagine nel profilo facebook.
In queste settimane abbiamo visto di tutto: confronti pubblici con cui politici e giuristi hanno cercato di spiegare la riforma nel merito, manifestazioni di parte in piazza e negli alberghi a quattro stelle o nei templi delle cerimonie più “cool”.
Abbiamo visto paesi in cui il sindaco è per il No e il suo vice è per il Sì, altri in cui il sindaco si è schierato per il No e il presidente del consiglio comunale per il Sì, abbiamo sentito ex amministratori provinciali promettere “pizza per tutti” in caso di vittoria del Sì e ultrà festeggiare la vittoria del No.
Adesso, però, la giostra si è fermata, e tocca rimboccarsi le maniche e dare le risposte ai cittadini, a partire dal livello più basso di governo – ebbene sì, oggi usiamo anche noi la discutibile espressione tanto cara al ministro uscente Marianna Madia – e non usare il voto referendario come una resa dei conti contro gli avversari esterni e interni alla propria coalizione amministrativa, solo per difendere il proprio orticello e la propria fetta di potere.
Bisognerà continuare a governare, e farlo nella maniera più responsabile possibile, ben sapendo che da Roma, dal Governo centrale – qualunque esso sia – non arriveranno buone notizie per chi amministra, almeno per un anno.
E quindi, chi amministra un comune è bene che lo faccia seriamente e non pensi a narcotizzare il popolo usando armi di distrazione di massa, nemmeno sotto le feste di fine anno. Il can can post-referendario, le feste, i bagordi e i polveroni mediatici passano; i problemi, quelli di sempre, restano. E a pagare saranno soltanto i cittadini, che quando vogliono sanno bene come far sentire la loro voce in cabina elettorale, e non si fanno certo abbindolare dal chiasso di una festicciola di piazza, dal profumo di una pizza fumante o dall’ennesima marchetta diffusa via etere.
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